Stretta Ue sul Green Deal, un paradosso per le Pmi italiane virtuose
La riforma della legislazione dell’Ue sugli imballaggi desta molta preoccupazione. Serve un confronto a livello nazionale che possa mettere in evidenza le aspettative delle imprese
Negli ultimi anni, dopo l’approvazione a fine 2019 del Green Deal Europeo, da Bruxelles si sono succeduti numerosi provvedimenti legislativi volti ad accelerare la transizione ecologica.
Da sempre le Pmi guardano con attenzione le strategie europee su questa tematica, poiché è noto come l’Europa abbia giocato e giochi tuttora un ruolo trainante, anche nel dibattito internazionale, verso gli obiettivi di sostenibilità. Questo approccio nel tempo ha favorito una accelerazione dei percorsi di transizione italiana, con ricadute positive non solo ambientali ma anche sulla competitività e lo sviluppo economico di alcuni settori; è indubbio che, ad esempio, i risultati raggiunti nel nostro paese sul fronte della decarbonizzazione, derivino dagli obiettivi fissati a livello comunitario.
Negli ultimi mesi però, alcuni provvedimenti attuativi del Green Deal stanno destando molta preoccupazione, poiché si assiste ad un irrigidimento molto forte nelle soluzioni proposte. Il tema maggiormente all’attenzione oggi è quello della riforma della legislazione dell’Ue sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio, oggetto di una proposta di Regolamento da parte della Commissione europea. Il primo elemento di preoccupazione riguarda proprio lo strumento normativo proposto, poiché la scelta di un Regolamento, e non di una Direttiva, lascia poco spazio ai singoli stati nella scelta dei modelli e degli strumenti da adottare per raggiungere gli obiettivi. Una scelta che, paradossalmente, rischia di penalizzare paesi come l’Italia che, sul fronte della gestione degli imballaggi, vanta già risultati importanti essendo primo fra i grandi stati europei per riciclo pro-capite dei materiali di imballaggio, e che ha sviluppato realtà tecnologicamente più avanzate di raccolta, selezione e riciclo dei materiali di imballaggio. Non a caso, rispetto agli attuali obiettivi fissati al 2025, l’Italia ha già raggiunto e superato i target di riciclo degli imballaggi post-consumo (con quasi il 74 per cento rispetto al 65 previsto dall’Europa).
Al di là della forma giuridica scelta, anche sui contenuti le preoccupazioni sono alte. Infatti, senza una approfondita valutazione di impatto, la proposta di Regolamento prevede l’imposizione di alcune restrizioni e divieti di alcune forme di imballaggio, la fissazione di criteri di progettazione (sulla scia di una impostazione già proposta dalla Commissione europea con il Regolamento Ecodesign) e l’imposizione di sistemi vincolanti di vuoto a rendere su cauzione. L’obiettivo è quello di spingere quanto più possibile il riutilizzo, obiettivo in termini generali pur condivisibile, ma che non può essere visto come l’unica scelta (a discapito ad esempio di forme positive di riciclo) da perseguire senza valutarne la fattibilità in funzione delle caratteristiche produttive, distributive e di consumo. Si pensi, ad esempio, agli impatti, economici e organizzativi, dell’imposizione di sistemi vincolanti di vuoto a rendere su cauzione; o dell’imposizione di caratteristiche tecniche per imballaggi del settore alimentare, senza una attenta analisi circa le necessità che il settore ha in termini di conservazione del prodotto.
E’ evidente dunque che si tratta di un provvedimento molto impattante, sia verso le imprese che producono imballaggi che verso molti settori che li utilizzano. A nostro avviso obiettivi importanti come la prevenzione nella produzione di rifiuti di imballaggio e la promozione di soluzioni di imballaggi riutilizzabili possono essere perseguite non con rigidi divieti, standard e modelli vincolanti, quanto con soluzioni volte a orientare positivamente la produzione e i comportamenti nelle fasi di distribuzione e utilizzo, come già peraltro avviene ad esempio attraverso una diversificazione nella fissazione del contributo ambientale applicato sugli imballaggi immessi sul mercato.
Non a caso sono molti i comportamenti virtuosi adottati dalle imprese, che nel tempo hanno orientato sia la produzione che l’utilizzo verso soluzioni di imballaggio più sostenibili, nella scelta e nel peso del materiale utilizzato, nell’utilizzo di materiali riciclati/riciclabili e così via. Sono tante le esperienze innovative in tal senso, anche tra le piccole imprese. Ricordiamo che, attraverso l’Istituzione del Conai, l’Italia ha da tempo adottato un modello che non solo ha garantito una efficace gestione dei rifiuti di imballaggio e favorito il conseguimento degli obiettivi di riciclo, ma che opera a supporto delle imprese secondo un obiettivo generale di prevenzione, mettendo in relazione il mondo dei produttori e degli utilizzatori di imballaggi. Si tratta di un esempio positivo che ha favorito il diffondersi di comportamenti virtuosi, anche grazie ad un coinvolgimento diretto e un confronto costante con le associazioni di categoria.
Date queste premesse, il negoziato tra le istituzioni europee (Parlamento e Consiglio) che dovranno discutere la proposta della Commissione non sarà né semplice né banale. Il Governo italiano ha già posto l’attenzione su tale riforma e come Cna riteniamo che si possa avviare da subito un confronto a livello nazionale che possa mettere in evidenza le aspettative delle imprese, consentendo all’Italia di orientare le decisioni europee verso una azione maggiormente in linea con il percorso già adottato.
Pietro Romano, caporedattore responsabile Ufficio comunicazione Cna