L'intervista
"Nessuna speculazione sulla benzina. Gli allarmi sono ingiustificati". Parla Spinaci (Unem)
Nei primi giorni di gennaio il prezzo industriale è rimasto invariato. Ma le cose potrebbero cambiare in vista dell'embargo sui prodotti russi in vigore dal prossimo 5 febbraio. Ecco cosa succede in Europa e in Italia
L'aumento del prezzo dei carburanti è dovuto alle accise, dice il presidente dell’associazione che rappresenta le imprese della raffinazione e della distribuzione di prodotti petroliferi. Ma Meloni e Giorgetti incontrano il comandante della Guardia di finanza per verderci chiaro. E Salvini riapre al taglio delle imposte
“Speculazione? E’ un’accusa infondata, forse frutto di una percezione errata. Gli allarmi sono a mio avviso ingiustificati”. A quanti nel governo agitano l’ipotesi della speculazione dietro ai rincari della benzina, compresa la premier Giorgia Meloni che oggi con Giancarlo Giorgetti incontrerà a Palazzo Chigi il comandante generale della Guardia di Finanza per fare il punto sulle indagini, risponde così Claudio Spinaci, presidente dell’Unem, l’associazione che rappresenta le imprese della raffinazione, della logistica e della distribuzione di prodotti petroliferi. Dal primo gennaio le accise sui carburanti sono aumentate di 30,5 centesimi di euro per litro considerando anche l’Iva, una decisione del governo per risparmiare circa 700 milioni di euro al mese. In base alle rilevazioni della rivista di settore Staffetta Quotidiana, la media nazionale dei prezzi della benzina resta sotto i 2 euro mentre il gasolio ha superato questa soglia solo in modalità servito. “Tra l’ultima settimana di dicembre e i primi giorni di gennaio il prezzo industriale dei carburanti, stante la sostanziale stabilità dei mercati internazionali, non è variato – spiega Spinaci – e la differenza che vediamo oggi è dovuta all’aumento delle accise”. Il vicepremier Matteo Salvini, che sembra voler rilanciare la sua vecchia battaglia, ha detto che oggi il Consiglio dei ministri valuterà eventuali interventi. Ma sarà fondamentale guardare i numeri e proprio oggi arriveranno quelli aggiornati del ministero dell’Ambiente con i prezzi medi della prima settimana di gennaio. “Chi parla di rincari indicando i prezzi di un singolo distributore sbaglia metodo: è la media che conta”, spiega Spinaci. E’ inutile puntare il dito contro un distributore che in autostrada sul servito applica un prezzo di 2,30 euro, anche perché in un mercato frammentato come questo è la concorrenza che tutela i consumatori: “I distributori sono oltre 21.700, la competizione è altissima. Non c’è bisogno di boicottare gli impianti – continua il presidente di Unem – basta scegliere e gli automobilisti scelgono sempre il prezzo e la modalità più conveniente”.
Le tensioni sui prezzi si fanno sentire soprattutto sul gasolio. Già da diversi mesi il diesel costa quanto la benzina se non di più, nonostante gli 11 centesimi in meno di accisa. I motivi sono molti. Da una parte la minore disponibilità in Europa, anche per via degli scioperi nelle raffinerie francesi dell’autunno scorso, dall’altra la richiesta del prodotto in diversi settori – dal riscaldamento all’autotrasporto alla produzione di energia elettrica – che soprattutto in inverno si riflette sui prezzi. E ancora di più oggi, che per via del contesto internazionale è scattata una sorta di corsa all’acquisto per fare scorta e assicurarsi le forniture. “Questa situazione in tempi normali non era percepita dal consumatore. Ora il differenziale tra due prodotti è passato da 3-4 centesimi euro/litro a 18, con picchi di 30 in ottobre, annullando il vantaggio fiscale di cui gode il gasolio”.
Anche l’embargo del prossimo 5 febbraio sui prodotti petroliferi russi è un fattore di tensione: “Il gasolio è il prodotto messo più sotto stress dato l’attuale contesto internazionale. L’impatto sui prezzi alla pompa è difficile da prevedere, dipenderà dalla risposta dei mercati che normalmente anticipano queste tendenze”. I motivi per cui prevedere rincari sui mercati internazionali non mancano, ma secondo Spinaci l’Italia è uno dei paesi che potrà reagire meglio. L’Unione europea dovrà sostituire circa il 30 per cento del gasolio che importa e dovrà fare i conti con una capacità di raffinazione limitata, ridotta negli ultimi anni anche per scelte politiche e industriali. L’Italia, spiega invece Spinaci, può contare su un’industria della raffinazione in grado di soddisfare la domanda interna, lasciando spazio anche alle esportazioni. “Solo il 5 per cento del gasolio importato dall’Italia è di provenienza russa ed è stato progressivamente azzerato nel corso del 2022. Dunque, a livello nazionale non dovrebbero esserci problemi di disponibilità di prodotto. Inoltre i prezzi industriali continueranno a essere più bassi della media europea e in particolare di quelli della Germania”. Un vantaggio, questo, che si perde con le accise, le più alte d’Europa. Se nel governo passasse la mozione Salvini le cose potrebbero cambiare. Sia per gli automobilisti che per i conti pubblici.