Succession Agnelli

Margherita Agnelli era convinta che la Fiat sarebbe fallita come la Parmalat, dice Rattazzi

michele masneri

Il figlio di Susanna Agnelli: "Mi disse che ero pazzo a investire nell'aumento di capitale del gruppo"

“Margherita ha torto marcio”, dice al Foglio Lupo Rattazzi, figlio di Susanna Agnelli e nipote dell’Avvocato. Mentre si avvicina il ventennale della morte, si è nel pieno della defatigante vicenda legale che contrappone la figlia di Gianni Agnelli ai suoi, di figli, capeggiati da John Elkann, che ha preso in mano da tempo le redini dell’impero.

  

“Ogni tanto nella vicenda interviene qualcuno che sentenzia senza conoscere la realtà dei fatti”, dice Rattazzi, imprenditore in proprio nel settore aereo e che spesso fa sentire le sue opinioni. “Qualcuno che generalmente pensa di trovarsi di fronte a una nuova versione di ‘Davide contro Golia’. Ultimo in ordine di tempo il mio caro amico Jas Gawronski, che, come molti altri, ammettendo di non conoscere i fatti, ha dato una sua interpretazione totalmente errata della vicenda, sostenendo che Margherita ‘legalmente ha ragione’.  Questo è tutto meno che un confronto tra Davide e Golia, Margherita non è una novella ‘Davide’ e ha torto marcio”.

 

Rattazzi si riferisce all’intervista che su questo giornale è uscita sabato scorso in cui Gawronski, buon conoscitore e da sempre vicino alla famiglia, sosteneva che se dal punto di vista dello stile la battaglia legale di Margherita contro i suoi parenti non è il massimo, legalmente avrebbe però un fondamento. Anche la vulgata generale vuole talvolta che la povera Margherita, femmina e incompresa, artistoide, sia stata in qualche modo fregata dalla famiglia e dai suoi amministratori, liquidata con un accordo sfavorevole, mentre il grosso è andato ai suoi figli, John, Lapo e Ginevra. Accordo alla cui base c’è la residenza svizzera di sua madre, Marella Agnelli, vexata quaestio, e tutto sta ora a stabilire se Marella vivesse dunque veramente in Svizzera (l’accordo prevedeva grosso modo che le venisse anticipata e liquidata l’eredità della madre in anticipo, prima della morte, cosa permessa nella confederazione elvetica ma non in Italia).

 

“La realtà incontrovertibile”, dice Rattazzi, “è invece che Margherita ha deciso di rinnegare l’accordo in base ad accuse che non è mai riuscita a dimostrare e con motivazioni grottesche e ridicole, che celano la vera molla che ha fatto scattare la sua rabbia e le sue ripicche”. Che sarebbe?  “Nell’estate del 2003 Margherita era convinta che il gruppo Fiat sarebbe fallito, con conseguenze immaginabili sul suo patrimonio, e quindi decise di buon grado e nella pienezza delle proprie facoltà mentali di vendere la sua quota negli affari di famiglia (da lei detenuta tramite la holding “Dicembre”, a sua volta azionista della “Giovanni Agnelli”, detta anche “l’accomandita”). Insomma Margherita voleva prendere i cosiddetti pochi, maledetti e subito. Anche perché molto scettica, per usare un understatement, sul futuro delle fortune Fiat.

 

“Ricordo che a casa mia a Porto Santo Stefano mi disse: ‘la Fiat finirà ̀ come la Parmalat’, e che ero pazzo a investire molti soldi nell’aumento di capitale dell’accomandita, aumento necessario a fare scattare il risanamento del gruppo”. Soldi che alla fine si sono rivelati invece un ottimo investimento. “Certo”, dice Rattazzi. “E qualche anno dopo aver sottoscritto l’accordo con la madre ed avere, nell’ambito di questo accordo, venduto la sua quota nel gruppo, Margherita si accorse così di avere totalmente sbagliato la sua scommessa, e di essere fuggita da una delle più straordinarie storie europee di rinascita aziendale degli ultimi 60 anni, quella della Fiat di Marchionne. Oggi la quota da lei venduta varrebbe circa 8 volte quanto da lei incassato nel 2004.  Ecco il vero motivo della stizza e della voglia di rivalsa sui figli e soprattutto su John, protagonista assieme a Marchionne di una incredibile vicenda di successo contro cui lei aveva scommesso”. Margherita pare comunque che abbia incassato circa 2,5 miliardi di dollari tra liquidi, mobili e immobili. Mica male; ma intanto la “Succession” italiana va avanti.