Gas e sicurezza energetica: i ritardi di Piombino, la velocità di Berlino
Mentre in Germania inaugurano il terzo rigassificatore, da noi le infrastrutture come quella in Toscana sono ostaggio di una minoranza ideologica. Che rischia così di abbattersi sui costi delle famiglie
Piombino. Lo scorso venerdì, alla presenza del Ministro verde dell’Economia Robert Habeck, la Germania ha inaugurato la sua terza infrastruttura galleggiante di rigassificazione. Il terminale offshore di Brunsbüttel permetterà di immettere subito nei gasdotti tedeschi circa 3,5 miliardi di metri cubi di gas per arrivare, a seguito del rafforzamento della rete di trasporto, a circa 7,5 miliardi di metri cubi entro il 2023. L’avvio del terzo dei sei rigassificatori galleggianti tedeschi, di cui tre lasceranno il posto a impianti onshore entro il 2026, raccontano più dei progressi di una strategia di indipendenza dal gas russo.
L’impietoso parallelo con l’Italia, e in particolare con la realizzazione del terminale galleggiante di Piombino, parla, infatti, di un’Europa dove sempre più forte è la contrapposizione tra chi dice sì alle infrastrutture energetiche e, quindi, a una maggiore sicurezza energetica, e chi, invece, vi si oppone a prescindere. Tra chi, in sintesi, è espressione di una politica energetica pragmatica ed è capace di attuarla in tempi brevi, ma non per questo contraria ai principi della sostenibilità, e chi di un ambientalismo ideologico e di una burocrazia inefficiente.
Il confronto tra Germania e Italia è tanto più sorprendente se si pensa che i due paesi soffrono una dipendenza dal gas russo quasi analoga. Nel 2021, Germania e Italia hanno consumato, rispettivamente, 90 e 76 miliardi di metri cubi di gas di cui il 32 per cento e 38 per cento proveniente da Mosca. Nei piani del governo Draghi, il rigassificatore di Piombino sarebbe dovuto entrare in funzione già nell’estate del 2022. Qualche giorno fa, alla presentazione del piano industriale della società, l’ad di Snam Stefano Venier ha dichiarato che la nave rigassificatrice Golar Tundra dovrebbe essere operativa a maggio 2023. Quasi un anno dopo rispetto la data annunciata dal precedente governo. A causare questa grave incertezza è la ferrea opposizione del comune di Piombino. Dapprima le lunghe trattative con la regione Toscana e il governo, che si sono tradotte in un nulla di fatto data la mancata apertura del sindaco di Piombino a qualsiasi compromesso. Poi è stata la volta del colore della nave. All’avvio della Conferenza dei servizi, la Soprintendenza ha infatti chiesto che abbia una tinta più omogenea al paesaggio. E, ancora, il ricorso del comune con richiesta di sospensiva delle attività avviate per la messa a terra dell’opera. Richiesta che a dicembre è stata rigettata dal Tar del Lazio.
Tuttavia, neppure maggio potrebbe essere la data definitiva per l’entrata in funzione del rigassificatore toscano. Il sindaco della città, infatti, a seguito del rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale da parte della Conferenza dei servizi di qualche giorno fa, ne sta valutando l’impugnazione. Oltre a questo, l’8 marzo è prevista la pronuncia di merito del Tar del Lazio rispetto a cui il comune di Piombino, in caso di esito negativo, potrebbe appellarsi al Consiglio di Stato. Continuare a opporsi all’opera rischia di mettere a repentaglio la sicurezza energetica del paese condannando famiglie e imprese, incluse quelle di Piombino, al rischio di razionamenti e a un’impennata senza precedenti dei prezzi.
Alla luce del chiaro segnale del viaggio in Algeria del presidente del Consiglio Giorgia Meloni e in attesa, quindi, che la questione sia chiarita anche all’interno di Fratelli d’Italia, di cui il sindaco di Piombino è espressione, non rimane che constatare che la vicenda toscana non è solo un fallimento culturale. Ma anche della democrazia. Di fatto, stiamo assistendo a una minoranza che su basi ideologiche e illogiche sta decidendo delle sorti della sicurezza energetica e delle bollette di tutto il paese.