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Gli atti concreti che mancano al governo per aiutare le piccole imprese
La legge di Bilancio ha depotenziato molti strumenti di sostegno, così da penalizzare i piccoli imprenditori. È stato colpito soprattutto il made in Italy. Per realizzare gli investimenti previsti dal Pnrr saranno necessarie correzioni
L’economia italiana archivia il 2022 con una crescita del pil del 3,9 per cento, superiore alle stesse previsioni del governo, una velocità doppia rispetto alla Germania. Il Fondo monetario internazionale ha rivisto al rialzo le stime per l’anno in corso inserendo il nostro paese nel ristretto gruppetto di economie che eviteranno la recessione. Anche l’anno in corso potrebbe riservare notizie positive sulla crescita alla luce del rientro più rapido delle attese dello shock energetico e della conseguente prospettiva di disinflazione.
Sulla progressione del pil italiano hanno giocato un ruolo determinante la competitività della manifattura e le brillanti performance del turismo e delle costruzioni, settori che si caratterizzano per la presenza della piccola impresa e che confermano la vitalità del nostro tessuto produttivo. Artigiani e piccole imprese possono offrire un contributo ancor più rilevante se messi nelle condizioni di poter esprimere tutto il potenziale di cui dispongono.
In quest’ottica la Cna ha interpretato come una positiva discontinuità le attenzioni del nuovo governo verso l’imprenditoria diffusa, considerata il principale pilastro del sistema economico nazionale, e il concreto coinvolgimento delle organizzazioni datoriali nella definizione di politiche per rimettere stabilmente il paese sul percorso dello sviluppo. Tuttavia i buoni propositi devono trasformarsi in atti concreti, in misure e strumenti coerenti con gli obiettivi di rafforzare il potenziale di crescita della nostra economia. Da tale prospettiva gli impegni assunti dal governo e dalla maggioranza stentano a vedere la luce.
Entrando nel dettaglio e in rigoroso ordine cronologico è vero che la legge di Bilancio ha assorbito oltre i due terzi delle risorse per fronteggiare l’emergenza energetica, ma il depotenziamento di alcuni strumenti genera profonde preoccupazioni. Il rifinanziamento parziale della Nuova Sabatini (150 milioni a fronte di un tiraggio annuale di 750), il mancato rifinanziamento degli interventi nell’ambito del pacchetto Industria 4.0 per evitare il decalage, in particolare sulla formazione, e di uno degli strumenti più apprezzati dalle imprese come il Superammortamento rischiano di rallentare e indebolire i processi di innovazione e frenare gli investimenti con ricadute negative sulla competitività del sistema Italia.
Anche sul capitolo energia l’exit strategy rispetto alle misure per contrastare il caro-bollette è stata avviata penalizzando le piccole imprese. La cancellazione dello sconto sulle accise pesa sull’autotrasporto che deve fronteggiare anche l’incremento dei pedaggi. È assolutamente iniqua la scelta del governo di prorogare l’azzeramento degli oneri di sistema sulle bollette nel primo trimestre escludendo le utenze con potenza installata superiore a 16,5 Kwh. Si colpiscono soprattutto le imprese manifatturiere che rappresentano il made in Italy e che già erano discriminate dalla distribuzione in bolletta degli oneri generali di sistema.
Con riferimento ai bonus per l’edilizia il decreto Aiuti quater non risolve il grave problema dei crediti fiscali che le imprese non riescono a vendere. Il nuovo Superbonus per le unifamiliari sarà un fallimento annunciato, non tanto per la rimodulazione del beneficio dal 100 al 90 per cento, quanto per l’introduzione di limiti di reddito dei beneficiari. È in Parlamento il decreto delegato per il nuovo Codice degli appalti di cui condividiamo la filosofia e i grandi obiettivi. Ma per assicurare l’effettiva apertura del mercato con trasparenza e la realizzazione degli investimenti previsti dal Pnrr sono indispensabili alcune correzioni.
Obbligo della suddivisione in lotti, limitazione al sub-appalto a cascata, eliminare l’assimilazione dei consorzi di imprese artigiane ai consorzi stabili rappresentano il trittico sul quale valuteremo la nuova architettura per regolare il mercato degli appalti pubblici. Siamo in fiduciosa attesa di risposte su altri due temi sui quali la Cna ha presentato proposte al governo e alle forze politiche. La prima è la creazione di un fondo (da inserire nell’ambito del Pnrr in fase di revisione) per incentivare gli investimenti in piccoli impianti di autoproduzione energetica da fonti rinnovabili utilizzando i capannoni delle imprese. Una misura dalla doppia valenza strategica: riduce la dipendenza dalle fonti fossili e abbassa il costo della bolletta.
La seconda riguarda il credito. Dopo le misure straordinarie durante la crisi pandemica, l’accesso al credito per le piccole imprese è tornato a essere difficile. Servono quindi definire strumenti per agevolare la rinegoziazione dei debiti delle imprese più colpite dagli effetti del Covid e della guerra ed è quanto mai urgente promuovere nuove azioni di integrazione tra le garanzie pubbliche e private, dando nuovo vigore all’esperienza unica dei Confidi. È su questi molteplici dossier che misureremo la coerenza dell’azione di governo rispetto ai buoni propositi della campagna elettorale. Le piccole imprese non sono un panda da salvaguardare ma energia vitale al servizio del paese e come tale meritano rispetto e attenzione della politica e delle istituzioni.
Dario Costantini
presidente nazionale Cna