L'intervento
“Ripensare gli incentivi nell'edilizia”. La proposta di Confartigianato
Secondo l'associazione di categoria, la proposta di revisione Ue approvata lo scorso 9 febbraio può rappresentare un’occasione per attivare in modo significativo la rivalutazione e riqualificazione immobiliare
Il 9 febbraio è arrivato il via libera della Commissione industria, ricerca ed energia del Parlamento europeo alla proposta di revisione della direttiva Ue sulle “case green”, provvedimento avanzato dalla Commissione europea per migliorare le performance energetiche degli edifici residenziali inserito nel pacchetto di riforme “Fit for 55”. Il testo approvato stabilisce il raggiungimento della classe E entro il 2030, della D entro il 2033 e le emissioni zero entro il 2050. Saranno esclusi gli edifici di pregio artistico, storico, di culto, le seconde case e quelle con una superficie inferiore ai 50 metri quadrati. Il prossimo passo sarà il voto dell’Assemblea plenaria a marzo e da quel momento partirà il negoziato tra Parlamento, Commissione e Consiglio per arrivare all’approvazione definitiva.
Secondo Confartigianato, la direttiva Ue può rappresentare un’occasione per attivare in modo significativo la rivalutazione e riqualificazione immobiliare e per spingere il settore delle costruzioni. Ma a precise condizioni. “L’Europa – osserva Marco Granelli, presidente di Confartigianato – deve consentire di affrontare percorsi sostenibili ai singoli stati ai quali spetta il compito di adottare i provvedimenti nazionali più efficaci per raggiungere l’obiettivo delle emissioni zero. In pratica, sono indispensabili investimenti pubblici per realizzare quanto previsto dalla direttiva e, di conseguenza, le risorse dedicate devono poter essere considerate al di fuori dei vincoli di bilancio e, auspicabilmente, dovrebbero far parte di un vero e proprio green recovery plan europeo”. In Italia, i dati desunti dalle richieste di rilascio di attestati di prestazione energetica mostrano che ben tre quarti delle abitazioni residenziali sono nelle tre classi peggiori E, F e G, vale a dire quelle con i maggiori consumi e la minore efficienza. Il nostro paese può vantare un patrimonio eccellente di pmi operanti nel comparto casa e un sistema di incentivi green che ha dato prova di grande efficacia anche dal punto di vista degli effetti sull’economia. Nel 2021, la spesa per il rinnovo di edifici residenziali si è attestata a 75,1 miliardi, di cui il 62,8 per cento per la riqualificazione collegata a incentivi.
Secondo Confartigianato, proprio grazie alla spinta dei bonus edilizia, tra il 2019 e il 2022 ben 2,1 punti di crescita del pil arrivano dai maggiori investimenti in costruzioni in Italia rispetto al resto dell’Eurozona. L’edilizia ha controbilanciato gli effetti recessivi della pandemia anche sul mercato del lavoro: tra il quarto trimestre 2019 e il terzo trimestre 2022 il settore delle costruzioni ha fatto registrare un aumento di 257 mila occupati, a fronte della crescita di 19 mila addetti nella manifattura e la diminuzione di 160mila occupati nei servizi e di 47 mila occupati nell'agricoltura. Ma si può fare di più e meglio. È ancora Confartigianato a far rilevare che, purtroppo, la strada dei bonus edilizia, da maggio 2020 a novembre 2022, è stata costellata di continui stop and go normativi: ben 224 modifiche, una ogni 16 giorni. E così cittadini e imprenditori si sono trovati imprigionati in una vera e propria ragnatela burocratica. “Abbiamo subito uno stillicidio di modifiche normative – sottolinea Granelli – che ha complicato non poco l’attività delle imprese e i progetti delle famiglie interessate ad effettuare interventi di riqualificazione energetica sulle abitazioni. Un’esperienza culminata con il blocco dei crediti nei cassetti fiscali degli imprenditori e l’incertezza sulla sorte degli incentivi. Questo non è il modo migliore per favorire la transizione green”.
Il presidente di Confartigianato sostiene la necessità di “ripensare profondamente il sistema degli incentivi nel settore dell’edilizia. Non devono gravare esclusivamente sulle bollette di famiglie e imprese e, men che meno, generare bolle speculative. Basta con gli interventi spot sottoposti a continui ripensamenti. L’efficientamento energetico del patrimonio immobiliare può essere una grande opportunità per il paese, ma non deve trasformarsi in vessazione per cittadini e imprese. La strada realmente efficace consiste nel progettare una vera e propria strategia strutturale di lungo termine che scandisca l’impiego di risorse pubbliche aggiuntive. In questo modo potremo ottenere un ritorno positivo in termini di crescita del pil e orientare le scelte dei cittadini sulla qualità e l’efficienza energetica delle abitazioni”.