Il presidente Inps Pasquale Tridico (LaPresse) 

criteri previdenti

Prima di inventarsi cose nuove, l'Inps dovrebbe pensare a far funzionare il suo core business

Nicola Rossi

Arriva una “agenzia nazionale del welfare”: ci penserà l’Inps a ricordarci chi siamo e quali sono i nostri diritti. Ma forse, prima di attivare nuove modalità di offrire i servizi, sarebbe opportuno essere in grado di offrirli con tempestività ed efficienza

Apprendiamo con viva soddisfazione della brillante iniziativa posta in essere dal nostro Istituto nazionale della previdenza sociale. Una “agenzia nazionale del welfare” assai prima e assai più che “l’istituto delle pensioni”, come è stato osservato. Nei prossimi giorni, planeranno nelle cassette di posta elettronica certificata di venti milioni di italiani altrettante comunicazioni intese a informare i cittadini circa le prestazioni alle quali possono accedere. Una rivoluzione copernicana: ad esempio, le neo madri e i neo padri verranno informati dell’esistenza del bonus bebè, prima, del bonus asilo nido, poi, e delle caratteristiche dell’assegno unico, infine. Insomma, non dovremo più googlare disperati la parola “bonus” per sapere se il nostro biglietto è stato estratto nella omonima lotteria, né dovremo affannosamente compulsare il portiere che, godendo della stima dell’autorevole inquilino del piano di sopra, è certamente informato circa le ultime novità legislative o cercare di estrarre dal barbiere – che notoriamente sa molto più di quanto si immagini – informazioni riservate. Nulla di tutto questo: ci penserà l’Inps a ricordarci chi siamo e quali sono i nostri diritti. Come è stato autorevolmente sottolineato dal presidente dell’Istituto, “la linea non è più aspettare ma avere un atteggiamento proattivo”.

  
Peccato che per il momento ad aspettare non sia tanto l’Inps quanto i suoi assicurati. E’ lo stesso presidente dell’Inps a riconoscere che il 75 per cento delle pensioni viene “definito entro 15 giorni dalla decorrenza”. Cosa esattamente voglia dire non lo si evince, purtroppo, dal sito dell’Inps ma una breve navigazione in rete lascia immaginare che non debba essere poi così raro – anzi potrebbe essere piuttosto frequente – il caso di pensionati che attendono 30, 60 o 90 giorni prima di percepire il trattamento loro dovuto. Per la precisione, la netta sensazione è che i calcoli pensionistici vengano effettuati dopo e non prima del momento del pensionamento (che, nel caso delle pensioni di vecchiaia, dovrebbe essere noto a tutti), il che non è facilissimo da comprendere dal momento che le informazioni in possesso dell’Inps dovrebbero consentire la conoscenza del presumibile trattamento pensionistico minuto per minuto. Il che, a sua volta, suggerirebbe che “un atteggiamento proattivo” dovrebbe permettere all’Inps di erogare i trattamenti già al momento del pensionamento (salvo, naturalmente, conguaglio qualora gli stessi si rivelassero diversi, per eccesso o per difetto, dai trattamenti definiti alla luce di tutte le informazioni rilevanti). Ma forse è sempre il presidente dell’Inps a darci l’indicazione giusta: “I dati non vanno solo raccolti ma anche aggiornati: questa è la grande sfida dell’Inps”. Come dire che, almeno per il momento, questo non accade.

   
Nel lontano 2002, l’Inps si proponeva di completare la propria trasformazione in una web enabled company. Nello stesso 2002, a stare ai bilanci dell’Istituto, i dipendenti dell’Inps erano poco più di 19 mila a fronte di qualcosa come diciannove milioni di lavoratori assicurati. A vent’anni di distanza, i dipendenti sono diventati poco più di 24 mila: come vent’anni fa, più o meno, mille assicurati per dipendente. Non esattamente quel che ci si sarebbe attesi negli anni della rivoluzione digitale (nonostante l’Inps abbia effettuato investimenti non trascurabili nel campo). È avventuroso sostenere che forse, prima di attivare nuove modalità di offrire i servizi, sarebbe opportuno essere in grado di offrirli con la tempestività e l’efficienza che le odierne tecnologie dovrebbero permettere?

   
Non ce ne voglia, dunque, il presidente dell’Inps ma la sensazione è che la brillante iniziativa dell’Inps esponga, in realtà, un problema tipico della nostra Pubblica amministrazione e cioè la tendenza dei suoi vertici a utilizzare l’orario d’ufficio per domandarsi “cos’altro posso fare oltre ciò che dovrei fare?” o anche “quali altri campi posso occupare?” e a occuparsi solo dopo l’orario d’ufficio, e se gli altri impegni lo consentono, di come rendere al meglio – con efficacia ed efficienza – i servizi che costituiscono il core business della Pubblica amministrazione stessa. Il che offre un semplice criterio a un governo che, nei prossimi mesi, sarà impegnato a rinnovare i vertici di enti e amministrazioni fondamentali per il funzionamento del paese: scegliere persone seriamente interessate a, e capaci di, far funzionare la macchina che potrebbero guidare e dar loro come obbiettivo, e fermo restando il vincolo di bilancio, in primo luogo la soddisfazione degli utenti. Ovvio?  Tutt’altro.

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