Dopo il decreto del Cdm
Superbonus e governo: così si ammazza la crescita. Il report di Cna
"Il decreto frena un mercato rilevante, trascura i grandi obiettivi della transizione energetica e dimentica le imprese", scrivono il direttore e il segretario generale
Il decreto del Consiglio dei ministri rappresenta un durissimo colpo al sistema degli incentivi per la riqualificazione energetica e messa in sicurezza del patrimonio immobiliare privato e aggrava il problema dei crediti incagliati. Il governo ha scelto di ignorare qualsiasi confronto con il sistema delle imprese che da tempo chiedono un tavolo di confronto per superare la fase di profonda incertezza intorno ai meccanismi dei bonus generata dalle continue modifiche normative. Con riferimento alla cessione dei crediti la normativa è cambiata 11 volte senza mai offrire risposte efficaci. Un intervento che arriva in modo traumatico sul sistema della cessione dei crediti fiscali, senza distinzione tra le tipologie di incentivi ma con l’unica evidenza di paralizzare qualsiasi operazione. Il governo ha provocato una frattura preoccupante sulle strategie e la gestione delle politiche economiche producendo un impatto negativo sulle aspettative di crescita e sui livelli occupazionali, considerato che il mercato della riqualificazione e messa in sicurezza del patrimonio immobiliare ha rappresentato il principale contributo alla consistente ripresa nel biennio 2021-2022. Il recupero del Pil ai livelli pre-covid è stato assicurato dalla filiera delle costruzioni che ha inciso per oltre un terzo dell’espansione dell’economia.
L’insieme dei bonus edilizi nei primi 10 mesi del 2022 ha attivato investimenti per un ammontare di oltre 74 miliardi, con un incremento del 224% sullo stesso periodo del 2019. La scelta del governo comporta la rinuncia a investimenti aggiuntivi privati per una cifra di oltre 50 miliardi annui. I riflessi dell’orientamento del governo saranno una drastica riduzione dell’attività per centinaia di migliaia di operatori della filiera che conta circa 750mila imprese, in larga parte micro e piccole. Il provvedimento aprirà una stagione di contenziosi sui termini e le tempistiche dell’applicazione delle nuove norme oltre ad acuire il livello di sfiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni e della politica. Si rompe il percorso virtuoso avviato dal paese con una prospettiva di medio e lungo termine per la riqualificazione energetica degli immobili che nei prossimi anni dovrebbe attivare interventi su circa 8 milioni di edifici per stare al passo con gli impegni europei. Si blocca la messa in sicurezza degli immobili rispetto a terremoti e alluvioni che colpiscono spesso l’Italia provocando la perdita di vite umane e danni materiali per decine di miliardi. Secondo vari studi, solamente il 25 per cento delle case italiane è realizzato seguendo le tecniche di costruzioni antisismica e in base alle stime Istat solo il 43 per cento delle abitazioni residenziali è stata costruita dopo il 1970, ossia dopo la definizione a livello nazionale di norme tecniche per l’edilizia antisismica.
Il decreto dunque frena un mercato rilevante, trascura i grandi obiettivi della transizione energetica, dimentica le imprese ma aiuta il sistema bancario in termini di garanzie giuridiche. Non solo, il provvedimento vieta anche le iniziative da parte di regioni, province e Comuni che si sono attivati per offrire un contributo all’emergenza dei crediti incagliati. Iniziative lodevoli che andrebbero spronate e che indicano la gravità della situazione sul territorio dove almeno 40mila imprese sono a rischio fallimento per aver rispettato una legge, anticipando ai clienti un bonus riconosciuto dallo Stato. Cna chiede strumenti e soluzioni rapidi, che il governo avrebbe già dovuto mettere in campo prima di gettare nel caos imprese e famiglie. Invece dall’esecutivo non sono pervenute indicazioni né strategie su come centrare gli ambiziosi obiettivi per la riduzione dei consumi energetici e di dipendenza dalle fonti fossili, che l’Italia ha sottoscritto e che da ultimo sono stati ulteriormente esplicitati con la direttiva europea sulla casa, in via di approvazione. Inoltre non è realistico che le risorse e gli investimenti del Pnrr possano sostituire il venir meno degli investimenti del settore privato. Si tratta di mercati diversi, così come diverse sono le imprese protagoniste. Il decreto ha effetti anche sul piano socio-economico: con la cancellazione dell’opzione della cessione del credito sarà precluso l’accesso al sistema dei bonus alle fasce più deboli. Una discriminazione che deve essere superata ripristinando il meccanismo o individuando misure che siano in grado di produrre gli stessi effetti. In vista dell’incontro con le organizzazioni datoriali annunciato dal governo, la Cna chiede l’istituzione di un tavolo permanente per trovare soluzioni efficaci e condivise sul riordino del sistema degli incentivi così da assicurare un volano della crescita e strumenti per realizzare la transizione energetica.
Dario Costantini è presidente del Cna, Otello Gregorini è segretario generale del Cna