l'addio a diesel e benzina
Costi ed emissioni: l'isteria ecologista di Bruxelles sull'auto elettrica genera più incognite che benefici
L’auto elettrica non comporta con certezza meno emissioni di CO2 se consideriamo il suo intero ciclo di vita. E nel suo utilizzo non emette meno di quella termica. Gli effetti disastrosi del bando europeo sull’industria e sull’occupazione
Due le domande da porsi. Prima: l’auto elettrica comporta con certezza meno emissioni di CO2 se consideriamo il suo intero ciclo di vita, dall’estrazione dei materiali critici necessari alla sua produzione e a quella delle batterie, fino alla dismissione/rottamazione/riciclo? No, se si utilizza correttamente il metodo del Life Cycle Assessment, e vi sono mille studi che lo attestano, e non si guarda banalmente solo alle emissioni allo scarico del veicolo. Seconda: nel suo utilizzo l’auto elettrica emette meno di quella termica? No, dipende da come è generata l’elettricità necessaria alla ricarica. In Germania un’auto elettrica in più aumenta e non diminuisce le emissioni, perché l’elettricità è generata in larga parte col carbone della peggior qualità. Lo scorso anno i consumi di carbone hanno superato per la prima volta gli 8 miliardi di tonnellate, col contributo anche dell’ipocrita Europa che li ha aumentati del 6 per cento per liberarci del gas russo. Mentre ora in modo incoerente decide di dipendere dal monopolio cinese che controlla quasi totalmente i materiali critici, la manifattura, le tecnologie delle rinnovabili e dell’auto elettrica. Ne pagheremo in futuro le conseguenze come quelle che stiamo pagando per la passata scriteriata decisione, specie della Germania, di legarci al gas russo.
L’isteria ecologista della Commissione e del Parlamento è stata incardinata nei piani verdi Fit for 55 e REPowerEU disegnati senza aver la ben che minima contezza della loro reale fattibilità e degli effetti disastrosi che ne sarebbero derivati sull’industria e sull’occupazione che, secondo il commissario europeo all’industria, Thierry Breton, potrebbe ridursi di 600 mila unità. Mentre Biden sostiene l’industria nazionale con l’Inflation Reduction Act, Ursula von der Leyen distrugge un asse portante di quella europea, salvo gridare contro il protezionismo americano.
Oggi, in Europa, circolano circa 300 milioni di auto di cui il 98,6 per cento è dotato di un motore a combustione interna e solo l’1,4 per cento è elettrico e concentrato per lo più in paesi ad alto reddito. Necessiteranno molti anni per modificare queste proporzioni. I conti alla fine dovranno essere fatti sulla base delle decisioni dei consumatori.
Nel 2022, a livello mondiale, le vendite di auto elettriche sono notevolmente aumentate, anche se per il 70 per cento nella sola Cina. In Italia, per contro, nonostante gli incentivi hanno registrato un crollo del 26,6 per cento a poco meno di 50 mila unità, all’interno di una torta che si sta sempre più riducendo con vendite complessive nel 2022 inferiori di un terzo a quelle pre pandemia. La disponibilità ad acquistarla è bassa e tanto più lo è a seguito della esplosione del costo del suo “carburante”: l’elettricità. Così che ad alimentare il mercato delle auto sono quelle usate, specie quelle ultradecennali (poco più della metà) con la riduzione di un terzo delle uscite dal parco circolante. Risultato finale: l’effetto opposto di quello che si pone l’Europa: un sensibile aumento delle emissioni di gas serra. Della serie, non c’è limite al peggio.