Il giallo del bianco
Electrolux ai cinesi? Ora anche le lavatrici fanno geopolitica
I rumors danno il colosso svedese degli elettrodomestici in procinto di passare ai cinesi di Midea: se così sarà assisteremo a un inedito derby tra Pechino e Turchia per il predominio sul mercato del Vecchio continente
I sindacalisti italiani sono da giorni in attesa di un comunicato ufficiale della Electrolux che smentisca categoricamente i rumors di mercato che danno il colosso svedese degli elettrodomestici in procinto di passare ai cinesi di Midea. Perché dopo aver criticato la scelta di Whirpool, che solo un mese fa ha annunciato a sua volta di cedere le attività europee ai turchi di Arcelik, subire un secondo colpo sarebbe traumatico. Non bisogna dimenticare, infatti, come al tempo di quell’annuncio in più di qualche dichiarazione i rappresentanti di Fim-Fiom-Uilm avessero contrapposto la sciatta e rinunciataria strategia degli americani con le scelte, a loro dire coraggiose, di Electrolux che solo in Italia ha investito 100 milioni sull’impianto di Solaro dopo aver rinnovato gli stabilimenti di Susegana e Porcia. Ma a rendere ancor più avvincente il “giallo del bianco” c’è l’intreccio tra i due dossier: Midea si era già fatta avanti per comprare Whirlpool ma alla fine la proprietà americana aveva preferito, per prevalenti ragioni di friendshoring, i turchi al colosso cinese da 50 miliardi di fatturato. Dunque anche un’industria come quella degli elettrodomestici, che non può essere minimamente paragonata a quella dei semi-conduttori, obbedisce a regole di geopolitica corrente nel nuovo contesto internazionale?
È molto probabile e comunque ne sapremo di più nel caso che zio Sam esercitasse una moral suasion sul governo svedese proprio per sbarrare la strada della leadership europea del bianco a Midea. La coincidenza è solo temporale ma in queste settimane si discute dell’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato e Jens Stoltenberg ha fatto sapere di voler accelerare il processo. La Midea nel 2016 era già stata al centro di un caso di acquisizione duramente contrastata: nonostante il parere contrario di Angela Merkel aveva lanciato un’Opa da 5 miliardi sull’azienda tedesca di robotica Kuka, uno shopping che aveva fatto scalpore fino a diventare un caso di polemica e di studio per tutti i fautori della protezione degli asset strategici europei dall’offensiva predatoria dei capitali cinesi. Il precedente di Kuka era tornato all’onore delle cronache anche in Italia ai tempi del governo Draghi quando si era parlato della possibile vendita dell’Iveco ai cinesi del gruppo Faw, operazione caldamente sconsigliata da palazzo Chigi in accordo con Washington – si disse – anche perché dentro il gruppo torinese c’erano produzioni militari.
L’industria del bianco non ha le stesse valenze strategiche e di sicurezza internazionale dei chip o del 5G – per di più per il basso valore aggiunto medio è considerata a rischio di diventare una sorta di commodity – ma se Midea dovesse conquistare il colosso di Stoccolma di proprietà della famiglia Wallenberg in Europa (con cui ci sono rapporti di collaborazione da tempo) assisteremmo a un inedito derby tra cinesi e turchi per il predominio sul mercato del Vecchio continente. E in gran parte questa contesa vivrebbe grazie alla trasmissione di cultura industriale e tecnologia del made in Italy visto che Electrolux ha ereditato la grande tradizione Zanussi e il gruppo di Istanbul annettendosi Whirlpool sarà a sua volta erede dei Borghi di Varese e dei Merloni di Fabriano. A sventolare la bandiera europea resterebbero solo i tedeschi della Bosch quanto a volumi e i connazionali di Miele e Liebherr quanto invece a qualità delle produzioni. Dunque l’Italia, non solo per le eredità scippate, è molto interessata ai cambiamenti in corso: tra Whirlpool ed Electrolux ci sono in Italia ben sei stabilimenti e i dirigenti sindacali temono ristrutturazioni per ottenere sinergie, nel primo caso, e un rovesciamento delle strategie di investimento nel secondo. L’altro paese che dovrebbe coltivare timori per il grande riassetto dell’industria europea del bianco è la Polonia, che con una politica di attrazione basata su un basso del costo del lavoro ha costruito nel tempo il popolato distretto industriale della Slesia. Ma in questo momento Varsavia è molto indirizzata sul militare, ha deciso di spendere addirittura il 4 per cento del Pil nell’industria delle armi e spera di usufruire per evidenti motivi geopolitici di una relazione speciale con gli Stati Uniti.
Sperando che da Stoccolma arrivino notizie più certe l’attesa negli ambienti sindacali italiani è stata riscaldata da una polemica intervista rilasciata alla Tribuna di Treviso da Maurizio Castro, ex dirigente di punta della Electrolux che ha dato quasi per scontata la scelta svedese di uscire dagli elettrodomestici. Anche a causa di una strategia strettamente legata al cliente Ikea e indirizzata a innovare il processo più che il prodotto (“cose da anni ’80”). Sostiene Castro che il governo Meloni farebbe comunque bene a non sottovalutare il dossier del bianco e non solo per le ricadute sociali di scelte maturate altrove, ovvero nella provincia Guangdong o a Istanbul, ma anche perché viste le connessioni con il made in Italy del legno-arredo l’Italia non dovrebbe rinunciare ad avere un suo campione nazionale di settore. Puntando sulla Smeg dei Bertazzoni, convincendo De’ Longhi a entrare nei grandi elettrodomestici o lanciando una holding pubblica capace di acquisire partecipazioni nelle medie imprese tricolori.