L'analisi
Un anno di Costituzione “ambientalista”, il bilancio è deludente
Le modifiche che furono introdotte nella Carta per la “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi" non sono scritte bene, soprattutto quando trattano della tutela del paesaggio. A tal punto che gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili sono diventati nemici dell'ambiente
Un anno fa una riforma costituzionale introduceva nella Carta fondamentale un nuovo comma in aggiunta all’articolo 9, che fa parte dei princìpi fondamentali della Repubblica. Vale la pena citarlo: la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”. Al comma precedente dello stesso articolo, ricordiamolo, la Repubblica “tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”. Anche l’articolo 41, nella parte della cosiddetta Costituzione economica, è stato modificato e sottolinea come l’iniziativa privata non possa svolgersi in contrasto con l’ambiente.
Come non applaudire? E infatti la riforma fu approvata con pochi contrari. Non è scritto benissimo quel comma. Ambiente, biodiversità, ecosistemi sono concetti che si sovrappongono e in molti casi sono difficilmente identificabili con precisione. L’aggiunta poi sugli animali c’entra poco, puzza tanto di propaganda spicciola e non aggiunge molto a quanto già previsto dalle leggi ordinarie.
Il problema comincia quando da queste formulazioni generiche si cerca di passare alla loro applicazione nel concreto della giurisprudenza e dei reati configurabili. E’ utile ricordare che una modifica era già stata apportata durante il governo Renzi non alla Costituzione, ma al diritto penale con l’introduzione di una serie di reati contro l’ambiente, anche questi definiti con una certa larga discrezionalità. Ma la modifica costituzionale allarga il campo e apre lo spazio alla giurisprudenza creativa soprattutto delle Procure e dei Tribunali amministrativi.
L’Italia non è stata la prima a introdurre modifiche di questo genere. In Germania per esempio la Corte costituzionale ha bocciato la legge tedesca sul clima, per altro una delle più severe, non ritenendola sufficientemente efficace nella protezione delle generazioni future. Naturalmente non si è posta il problema dei costi e della fattibilità. Le difficoltà iniziano quando si cerca di definire in modo configurabile cosa sia la modificazione di un ecosistema. E quando modificazioni siffatte, che fanno parte della storia continua del genere umano, producano danni superiori ai benefici.
Per non restare nel vago facciamo riferimento a un caso concreto. La Costituzione protegge, sempre all’articolo 9, il paesaggio. Articolo questo sempre esaltato dai protettori della natura e dei beni culturali nazionali. Ma questo è proprio l’articolo in forza del quale il ministro dei Beni culturali e le Sovrintendenze motivano la loro fiera opposizione all’insediamento di nuovi impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, eolico e solare in primo luogo. Sicché essi sono per una parte del movimento ambientalista divenuti i nemici dell’ambiente. Una sorta di pena del contrappasso. Se questo avviene con una categoria di beni abbastanza definiti immaginiamo cosa può fare una interpretazione larga del dettato costituzionale in materia di ambiente. Cose già successe come l’intervento a gamba tesa della Procura locale nel caso dell’Ilva. La questione non è più il merito, come risanare, quali sono i costi e i benefici, ma il rischio giudiziario connesso. Fino al punto che il governo è costretto a varare uno scudo penale contro… le leggi dello stato.
A tutto questo si sovrappone poi il comune sentire dell’ambientalista collettivo che ha sempre a portata di mano soluzioni semplici e popolari. Ci casca anche Giuliano Amato: in un’intervista nell’anniversario della modifica costituzionale dà per scontate troppe cose. Siamo sicuri per esempio che l’auto elettrica sia una priorità per il miglioramento dell’ambiente? Che le risorse necessarie siano ben allocate? Che non ci siano soluzioni alternative magari meno costose? Certo, tutte domande a cui non può rispondere la Costituzione. Ma leggi predicatorie e applicate senza buon senso possono portare più danni che vantaggi.