-40 per cento
I dati dell'Iea spiegano perché le sanzioni contro la Russia stanno funzionando
Si sono stabilizzati i mercati dell'energia e ridotte le entrate di Mosca: dai 30 miliardi in esportazioni fatturati prima della guerra, ora i ricavi di Putin si sono fermati a 18,5 miliardi
Secondo i dati dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea), a gennaio i ricavi della Russia dalle esportazioni di petrolio e gas si sono ridotti di circa il 40 per cento. Nello stesso periodo dell’anno scorso, quando la guerra non era ancora iniziata e i prezzi globali erano sotto controllo, i ricavi di Mosca per le esportazioni di gas e petrolio ammontavano a 30 miliardi di dollari mentre a gennaio di quest’anno si sono fermati a 18,5 miliardi. Ciò è dovuto al disimpegno europeo dal gas russo e dalle sanzioni occidentali sul greggio degli Urali, che da quanto afferma il direttore della Iea Fatih Birol hanno raggiunto i due obiettivi principali: stabilizzare i mercati globali dell’energia e ridurre le entrate di Mosca dalle esportazioni di idrocarburi. Nel caso del petrolio russo, infatti, il crollo dei ricavi avviene nonostante i volumi delle esportazioni siano rimaste abbastanza costanti. A dicembre l’Unione europea ha bloccato le importazioni via mare di petrolio russo, mentre a febbraio ha esteso l’embargo ai prodotti raffinati. I paesi terzi possono continuare trattare barili russi usando i servizi finanziari dei paesi occidentali a patto di rispettare dei price cap, che per ora risultano più alti dei prezzi a cui viene effettivamente venduto il greggio russo rispetto ai valori del Brent.
La Russia ha reagito reindirizzando le esportazioni soprattutto verso India, Cina e Turchia, ma i proventi sono stati frenati gravemente dai grossi sconti che gli esportatori russi hanno dovuto accettare a causa delle conseguenze dirette e indirette delle sanzioni. Dai dati del ministero delle Finanze russo risulta che il costo medio del greggio degli Urali tra gennaio e febbraio 2023 è stato di 49 dollari al barile rispetto gli 89 dello stesso periodo del 2022. Il price cap è 60 dollari. In un recente studio dal titolo “Assessing the impact of international sanctions on russian oil exports”, alcuni tra gli economisti più esperti di Russia come Oleg Itskhoki e Elina Ribakova arrivano alla conclusione che le sanzioni hanno innescato una frammentazione del mercato del greggio russo, e suggeriscono che l’obiettivo dei governi occidentali dovrebbe essere un’applicazione più rigorosa delle sanzioni è l’abbassamento del price cap.
Tuttavia, esportare barili non significa necessariamente che la Russia abbia un acquirente pronto. Secondo Bloomberg il greggio russo viene in buona parte stoccato in paesi come il Ghana e la Turchia, mentre la quantità di diesel russo accumulato nei depositi galleggianti è balzato al livello più alto dal 2020. L’Europa è anche riuscita anche a liberarsi dal gas russo, dopo un braccio di ferro durato meno di un anno, in cui Gazprom ha ridotto e interrotto quasi completamente le forniture dai gasdotti. Ciò aveva spinto i prezzi del gas a livelli record e lasciato i paesi europei in difficoltà nel trovare forniture alternative. Ora i prezzi del gas sono scesi dell’85 per cento rispetto ai massimi dell’estate scorsa e nessun paese europeo è rimasto a corto di forniture, Ma anche se il peggio è passato l’Iea sottolinea che i paesi devono continuare a fare sforzi per risparmiare energia e salvaguardare gli stock.
La capacità dell’Europa di importare abbastanza gas potrebbe essere messa in discussione dalla combinazione (potenzialmente non causale) di un grande aumento di domanda dalla Cina e un’improvvisa interruzione delle forniture residue della Russia, in particolare quelle che arrivano dai terminal di gas naturale liquefatto dell’Artico. Ma la Russia quest’anno ha molto più bisogno dei proventi energetici, la fonte principale del suo bilancio – nel 2022 pari a circa 154,68 miliardi di dollari – che a causa del crollo delle entrate ha costretto il Cremlino a iniziare a vendere le riserve internazionali per coprire il deterioramento del deficit. Da questo punto di vista l’Iea non dà molte speranze a Mosca. “La nostra aspettativa è che questo calo delle entrate di petrolio e gas sarà più marcato nei prossimi mesi, e ancora maggiore nel medio termine a causa della mancanza di accesso alla tecnologia e agli investimenti”, conclude Birol.