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gli ultimi dati

A Oslo si vede bene quanto s'è trasformato (per sempre) il mercato del gas

Maurizio Stefanini

La società statale norvegese Petoro che gestisce giacimenti di gas e petrolio ha reso noti guadagni da record. E la quota di mercato acquisita dal paese è destinata a durare pure con l'abbassamento dei prezzi

Due notizie quasi in contemporanea sembrano tra di loro in contraddizione, ma aiutano in realtà a comprendere quello che sta accadendo nel mercato del gas. Una viene dal Ttf (Title transfer facility) che ha sede nei Paesi Bassi ed è il mercato virtuale di riferimento per lo scambio del gas naturale in Europa. Lunedì dopo avere navigato a lungo sulla soglia dei 52 euro, ha chiuso con un calo del 6 per cento, fino a 49,6 euro al megawattora. L’altra viene da Petoro, la società statale norvegese che gestisce 36 giacimenti di gas e petrolio: martedì ha reso noti guadagni record per il 2022: 528 miliardi di corone, pari a 46,37 miliardi di euro. E’ cinque volte di più di un esercizio “normale”, secondo il termine usato dalla stessa Petoro; e un 54 per cento in più del 2021, che era già stato un anno record. E ciò con un aumento della produzione che è stato soltanto del 7 per cento.   

 

La gran parte dei guadagni, dunque, deriva dall’aumento dei prezzi che ci fu tra gennaio e agosto,  come effetto della guerra. Ma poi i prezzi sono scesi, fino ad arrivare ai minimi dal dicembre 2021. In più gli stoccaggi sono pieni al 66 per cento: molto al di sopra della media decennale del 54 per cento per questo periodo dell’anno. Un po’ è stato “merito” di temperature più alte del solito, ma per compensare un flusso di gas che prima erano stati gli stessi russi a rallentare e poi è stato colpito dalle sanzioni è anche aumentata a livelli record l’importazione di gas naturale liquefatto (gnl). Ed è stata prodotta sempre più energia da fonti alternative. In più, nel giugno scorso, un incendio aveva bloccato l’export del terminal  Freeport Lng, il secondo impianto per capacità di liquefazione gas negli Stati Uniti. Ma a metà gennaio è rientrato in funzione, contribuendo ad aumentare ulteriormente l’offerta. 

 

Sotto i 50 euro, con punte sotto i 43, il prezzo ha registrato un crollo rispetto ai 350 di agosto: è però ancora più del doppio rispetto alla situazione pre crisi, quando costava circa 20 euro. Un rapporto dell’Agenzia internazionale dell’Energia spiega che durante il 2022 l’Ue ha dovuto rimpiazzare circa 2/3 dei 155 miliardi di metri cubi di gas importati dalla Russia nel 2021.  Dei 66 miliardi di gas liquefatto in più che sono stati importati, 44 sono venuti dagli Stati Uniti, 5 a testa da Qatar e Egitto, e il resto appunto da Norvegia, Angola e Trinidad e Tobago. Il drastico aumento delle importazioni di gas naturale liquefatto ha richiesto agli operatori europei il pagamento di un prezzo premium rispetto ai mercati asiatici, sottraendo gas originariamente destinato a Pakistan, Bangladesh e India. Ma si tratta di paesi che a loro volta hanno potuto rifornirsi col petrolio offerto dalla Russia a prezzo di liquidazione, appunto per compensare la perdita del mercato europeo. In ogni caso, nel corso del 2022, sul mercato globale almeno 20 miliardi di metri cubi di gas liquefatto sono stati resi disponibili dal calo della domanda cinese, in conseguenza della politica di confinamento per contenere la diffusione del Covid-19. Nel 2022 la domanda di gas si era ridotta anche in America Latina, grazie alla fine di un periodo di siccità che aveva penalizzato la produzione idroelettrica. In Brasile, per esempio, l’import di gnl tra 2021 e 2022 si è ridotto del 21 per cento. 

 

L’Ue ha inoltre risposto alle mancate forniture russe con la più grande riduzione di domanda di gas nella storia di questa fonte di energia. In Italia i consumi di gas si sono ridotti dai 76 miliardi di metri cubi del 2021 ai 68 del 2022, e a livello europeo la riduzione della domanda nel periodo agosto 2022-gennaio 2023 è stata di quasi il 20 per cento. Durante i primi nove mesi della guerra russa in Ucraina, per petrolio e gas l’Ue ha inviato più denaro a Mosca rispetto a prima del conflitto, ma con la successiva deputinizzazione degli approvvigionamenti già a gennaio del 2023 i relativi utili per il Cremlino si erano quasi dimezzati, mentre il deficit pubblico esplodeva, arrivando ai punti più bassi dai tempi del crollo dell’Urss: 22,4 miliardi di euro. 

Anche se i prezzi calano, la Norvegia ha comunque ormai acquisito quote di mercato prima russe in modo destinato a durare: almeno un terzo del gas oggi consumato nell’Ue. Alla Petoro prevedono che la produzione si manterrà al livello del 2022 per almeno i prossimi quattro o cinque anni. 

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