azzardi bancari e morali
Cosa lega il fallimento di Silicon Valley Bank al crollo di Credit Suisse
Le due vicende che hanno trascinato in basso i mercati e riacceso la sfiducia sul sistema bancario hanno un unico vero trait d’union: in America e Svizzera, il problema è il fallimento dei regolatori pubblici di finanza e credito
Sintesi estrema di una nota deliberatamente non tecnica per esigenze di spazio, ma esplicitamente polemica. Che cosa accomuna davvero l’esplosione della Silicon Valley Bank e di due altri istituti bancari negli Stati Uniti, con il crollo di Credit Suisse? Media e politica, ma anche banche e associazioni d’impresa, tuonano contro l’aumento dei tassi deciso da Fed e Bce. Nel caso svizzero, i commenti si scatenano contro il “lato oscuro” degli gnomi elvetici, crocevia opaco di malaffare e riciclaggio. Ma se si osserva la realtà delle cose, le due vicende che hanno trascinato in basso i mercati e riacceso la sfiducia sul sistema bancario hanno un unico vero trait d’union: il fallimento dei due regolatori pubblici di finanza e credito, negli Stati Uniti e in Svizzera.
Una qualunque seria storia dei sistemi banco-finanziari dell’occidente nel Novecento insegna che, quando le banche centrali perdono il controllo delle aspettative sui tassi per propri gravi errori di valutazione sull’inflazione, si entra nel dovere più difficile di un banchiere centrale. Cioè adottare una correzione dei tassi che, arrivando tardivamente, sia energica per quantità e veloce nel tempo da una parte, dall’altra però accompagnata da una grande attenzione sugli effetti sistemici di restrizione a breve provocati nell’attività economica. Compito difficile, quando sei reduce dall’aver completamente frainteso cause, intensità e durata del fenomeno inflattivo. Com’è avvenuto per Fed e Bce nel 2021 e ancora in larga parte del 2022. Ma alzare i tassi era ed è necessario, dopo troppi anni di droga monetaria che ha gonfiato e distorto prezzi e rendimenti degli asset finanziari.
Veniamo invece al punto. Quando il regolatore rialza i tassi e chiude il rubinetto degli acquisti sul mercato di titoli, si deve porre un problema prioritario. Che misure ad hoc di vigilanza adottare, per prevenire che la nuova condizione di mercato crei problemi di sostenibilità patrimoniale e finanziaria agli intermediari, visto che l’aumento rilevante di rendimento di molti asset patrimoniali nella loro pancia significa dall’altra parte una perdita notevole del loro valore nominale a libro? In entrambi i casi di cui qui si parla il regolatore americano e quello svizzero non hanno ottemperato a questo elementare dovere.
Gli stress test bancari americani per tutto il 2022 non contemperavano lo scenario di aumento dei tassi. Ed erano innanzitutto per le banche superiori ai 250 miliardi di attivi: cifra troppo elevata. Era invece ovvio, che sarebbero emersi problemi seri per le banche locali incardinate in aree territoriali a elevata concentrazione monosettoriale di attività, per quelle specializzate in settori di mercato ad alta intensità di clienti a bassa capitalizzazione e prevedibili forti tensioni di liquidità.
La Svb ricadeva in queste fattispecie: californiana, sotto la soglia dei 250 miliardi di attivi, iperspecializzata in startup tecnologiche, e con attivi concentrati nei Treasuries pubblici. Peccato che né Fed né Fdic si fossero posti il problema: la prima responsabilità del fallimento e degli effetti sistemici sul mercato è loro, senza con ciò alleviare quella di chi gestiva la banca ma non aveva la responsabilità sistemica che spetta ai regolatori.
Nel caso svizzero il fallimento regolatorio è ancora più macroscopico. Da 3 anni Credit Suisse ha subìto la girandola scandalo dopo scandalo di 3 amministratori delegati e 2 presidenti e aumenti di capitale con imbarco degli emiri. Ma gli analisti di settore continuavano a scrivere che non era sanata né l’opacità di gestione né la solidità patrimoniale dell’istituto. Tutto era meno che imprevedibile, che venisse giù di botto un’altra volta la sua solidità. Ma i regolatori svizzeri sono rimasti a guardare.
Chi scrive tifa per il mercato: ma nei mercati finanziari e del credito se il regolatore sbaglia le conseguenze le pagano tutti, non solo clienti e investitori delle banche che crollano. E tanto resto mercatista, da aggiungere che anche nei rimedi immediati assunti oggi il regolatore sta sbagliando. Come sta avvenendo negli Stati Uniti, assumere come garanzia di linee di liquidità straordinarie a chi traballa i suoi asset a pieno valore nominale, e non al prezzo di mercato, è come dire che ogni valutazione di rischio è sospesa. Lo stesso vale per garantire integralmente depositi sopra la soglia dei 250 mila dollari fino a ieri assicurata federalmente. Il sottinteso è che non ha molto senso diversificare tra i soggetti finanziari più o meno esposti al rischio, perché poi scatta un salvagente. Tutti applaudono, ma è puro azzardo morale.