l'intervista
“Dopo la crisi di Credit Suisse, la Bce ha di che preoccuparsi”. Il parere dell'esperto
Dietro alla tranquillità di Lagarde che tira dritto sul rialzo dei tassi ci sono dei timori celati. "L'inversione delle politiche monetarie può mettere sotto stress le posizioni finanziarie più fragili", dice l'economista Brunello Rosa
“La Bce ha voluto dare l’impressione di non essere preoccupata per l’esposizione dell’Europa ai crac bancari americani e alla crisi di Credit Suisse. Ha segnato una linea di demarcazione tra l’Eurozona e altri ambiti dove le regole del gioco per le banche sono meno rigide. In realtà, annunciando già settimane fa l’intenzione di aumentare i tassi di 50 punti base, si era in qualche modo legata le mani. Se fosse venuta meno all’impegno nel momento in cui sui mercati c’è turbolenza sarebbe stato visto come un segnale di allarme. Credo che, dietro all’apparente tranquillità, a Francoforte ci sia preoccupazione, eccome”. L’economista Brunello Rosa, che insegna alla London School of Economics ed è partner di Nouriel Roubini nella società di ricerche e consulenza indipendente “Rosa&Roubini Associates”, ha appena finito di seguire la conferenza stampa di Christine Lagarde e sta per entrare in aula per una lezione.
Risponde al Foglio esprimendo la sua impressione a caldo sulle decisioni della Bce, ma poi va oltre: “L’inversione della politica monetaria – dice – può mettere sotto stress le posizioni finanziarie più fragili fino a determinare il loro fallimento. È la grande lezione che ci ha lasciato Hyman Minsky, il teorico dell’ipotesi di instabilità finanziaria”. Il rialzo dei tassi d’interesse comporta dei rischi in questo senso? “Sì, se non c’è la rete di protezione, ed è quel che è successo con le banche americane e per certi versi anche con Credit Suisse, che non a caso viene salvata proprio dalla Banca centrale svizzera con un intervento di oltre 50 miliardi di dollari. Pensare, però, che questa differenza regolatoria e di strumenti basti a eliminare il rischio di contagio potrebbe rivelarsi ottimistico. La verità è che la Bce aspetta di vedere come evolve la situazione”.
Nell’ultimo annual report di Rosa&Roubini è spiegato che il mondo si trova ad affrontare una trappola del debito di oltre 300 mila miliardi di dollari tra il settore pubblico e quello privato e questa condizione potrebbe ostacolare la lotta all’inflazione delle banche centrali. Non è così? “In effetti, esiste il fondato timore che se le banche centrali aumentano a sufficienza i tassi per combattere l’inflazione, ci sarà un hard landing, un atterraggio duro della stretta monetaria che porterà a vere insolvenze del debito. La storia delle banche californiane è emblematica in questo senso, anche se lì sono stati commessi errori imperdonabili come quello della concentrazione degli investimenti in titoli di stato e l’assenza dei più comuni meccanismi di protezione dai rialzi dei tassi”.
Allora, quando nel mondo ci sono troppi debiti, le banche centrali dovrebbero mantenere basso il livello dei tassi rinunciando a combattere l’inflazione? “Esistono delle attività come quelle bancarie che per loro natura si basano sul disallineamento tra attività e passività e che proprio per questo possono subire in modo violento l’impatto dell’aumento dei tassi. Per questa ragione le banche centrali si trovano ora a fronteggiare il dilemma tra perseguire un obiettivo di stabilità dei prezzi e un obiettivo di stabilità finanziaria, che fanno entrambi parte dei loro mandati. Negli Stati Uniti questa condizione si è evidenziata in maniera forte con la crisi di Svb e perciò è possibile che la Federal Reserve riveda il suo percorso di politica monetaria in senso più accomodante”.
E in Europa? “La Bce ha appena dimostrato di non voler rinunciare al suo obiettivo di stabilità dei prezzi fintanto che non ci sarà un rischio tangibile per il suo settore bancario, che per ora considera essere al riparo dagli scossoni che provengono dagli Stati Uniti e dalla Svizzera. Ma potrebbe rivelarsi una tranquillità illusoria. Altre banche commerciali sono sicuramente vulnerabili al rialzo dei tassi se non hanno messo in campo sufficienti misure di hedging, cioè di copertura da questo genere di rischi di mercato. In quel caso, prevedo un rallentamento della stretta di politica monetaria, anche nel caso l’inflazione fosse ancora relativamente elevata”, conclude Rosa.