Il punto

Lagarde rianima le borse scettiche per il bailout di Credit Suisse

Mariarosaria Marchesano

La presidente della Bce questa volta è riuscita a rassicurare i mercati, nervosi dopo l'operazione di salvataggio della banca elvetica. La mossa del regolatore finanziario svizzero e la fermezza di Francoforte funzionano

Una reazione schizofrenica delle borse europee ha accolto questa mattina il piano di salvataggio di Credit Suisse messo a punto nel week end dalle autorità elvetiche con l’aiuto della banca concorrente Ubs. Prima un tonfo in apertura (il Ftse Mib è arrivato a perdere il 2,7 per cento) e poi un rapido recupero (l’indice ha chiuso con un rialzo dell’1,5 per cento). A fare la differenza è stata la Bce, che ha detto di essere pronta a reagire con iniezioni di liquidità per ripristinare la stabilità finanziaria, ma che, in sintesi, non ce ne sarà bisogno perché le banche dell’Eurozona sono “resilienti con solidi livelli di capitale e liquidità”. Questa volta la presidente Christine Lagarde è riuscita a tranquillizzare i mercati. Il suo intervento sul “caso” Credit Suisse ha evitato che si ripetesse la scena di lunedì scorso quando gli investitori – intimoriti dal crac delle banche californiane – vendevano a piene mani mentre gli operatori della borsa newyorkese, rassicurati anche dall’intervento tempestivo e generoso della Casa Bianca, mantenevano aplomb e ottimismo.

 

Ogni problema è un’opportunità e a Wall Street fanno tesoro della massima. Ma questa volta non si è trattato solo di una maggiore emotività degli investitori europei rispetto ai più colleghi americani. Alla base della reazione stizzita dei listini europei nella fase di avvio di oggi c’era lo stupore per un aspetto del piano di salvataggio di Credit Suisse, che ha penalizzato i possessori di 16 miliardi di obbligazioni rispetto agli azionisti (in primis gli arabi con la banca saudita e il fondo sovrano del Qatar) quando normalmente avviene il contrario. Anche il ministro delll’Economia Giancarlo Giorgetti si è detto sorpreso della “priorità data agli azionisti”. Un elemento che si sarebbe potuto trasformare in una miccia incendiaria della fiducia nei confronti del sistema bancario e che la vigilanza della Bce è riuscita a disinnescare ristabilendo quella che è la gerarchia delle priorità nelle perdite che subiscono gli investitori in caso di bail in. “Non è la Svizzera a fissare gli standard europei per le risoluzioni bancarie”, ha detto Lagarde, dopo che anche l’Eba – l’autorità bancaria europea – aveva in una nota riaffermato che sono prima gli azionisti e poi i creditori (quindi gli obbligazionisti subordinati) di una banca a sostenere le perdite.

 

In pratica, la Finma – il regolatore finanziario elvetico – ha fatto una scelta ben precisa, forse per un calcolo di convenienza geopolitica oppure per semplicemente per la rapidità con cui è stata costretta ad agire. Ma su questa strada la Bce non la segue, salvaguardando così un caposaldo della fiducia degli investitori nel sistema bancario che in questo momento è sotto pressione per gli aumenti dei tassi d’interesse. Se non fosse stata posta questa nuova linea di demarcazione tra i due sistemi regolatori (quello elvetico e quello europeo) – ricordando non solo che nell’Eurozona esistono norme più severe per preservare la solvibilità e la liquidità di una banca, ma riaffermando il principio che chi partecipa al capitale di un istituto di credito è sicuramente più esposto a rischi rispetto a chi ne acquista i titoli di debito – si sarebbero potute verificare vendite a raffica di obbligazioni bancarie in tutta Europa.

 

Davide Serra, fondatore e ceo di Algebris Investments, ha definito la mossa della Finma “un errore politico molto spiacevole”. Nel frattempo, aggiunge, “la dichiarazione della Bce, che ha sempre rispettato la struttura del capitale delle banche dell'Unione europea, fornisce un chiarimento importante”. E sul piano della valutazione del salvataggio di Credit Suisse, Serra afferma: “Ubs ha fatto l’affare della vita”. Il fatto è che mai nella storia si è verificato che una banca abbia aumentato il suo Nav, che sta per Net asset value, cioè il valore netto del suo attivo, del 70 per cento in una notte, osserva. Ma con questa operazione il temuto rischio contagio è stato scongiurato? Il nervosismo sui mercati resta: “Non ci sono dubbi che il settore bancario italiano ed europeo sia più solido e capitalizzato rispetto al passato – è il commento degli analisti di Equita –. Tuttavia il rischio principale che vediamo con l’aumento dei timori di instabilità finanziaria è che venga colpito uno dei principali canali di trasmissione dell’economia, ossia i prestiti bancari, con un deterioramento della volontà di concedere credito (sia in Europa che negli Stati Uniti)”.

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