l'intervista
“Serve cautela, ma la Bce prosegua contro l'inflazione”. Parla l'economista Angeloni
Ignazio Angeloni, già membro del supervisory board della Banca europea: "Non è un caso che Lagarde abbia evitato di impegnarsi su futuri aumenti dei tassi. La situazione per ora è sotto controllo"
Il salvataggio di Credit Suisse rischia di trascinarsi dietro un ampio contenzioso per la scelta di penalizzare gli obbligazionisti rispetto agli azionisti. Scelta contestata dalla Bce e che ha fatto tremare il mercato, un effetto collaterale impensabile. “Bisogna ammettere che a 15 anni dal crac di Lehman Brothers, i buoni propositi sulla riforma del sistema finanziario globale sono stati disattesi”, dice al Foglio Ignazio Angeloni, economista già membro del supervisory board della Bce e professore all’Istituto universitario europeo di Firenze.
Per Angeloni, non è stato fatto abbastanza per evitare che si ripetessero crisi bancarie con rischi sistemici. “I casi delle banche regionali americane e di Credit Suisse sono molto diversi tra loro, ma ciò che li accomuna è la paura del contagio. Non si possono escludere altri focolai di crisi, ma l’Eurozona ha tutte le risorse per farvi fronte grazie al fatto che quel programma di riforme l’ha messo in pratica”. Il fatto è che non tutte le autorità monetarie e regolatori al mondo si sono impegnate allo stesso modo per prevenire crisi finanziarie come quella del 2008, con il risultato che la lotta all’inflazione che le banche centrali “stanno giustamente conducendo”, dice Angeloni, rischia di rallentare.
“La Bce è stata chiara: gli obiettivi della stabilità dei prezzi e della stabilità finanziaria devono camminare di pari passo e penso che questo sia l’approccio corretto”. Proprio la Bce in questi giorni di tensioni sui mercati ha cercato di tracciare una linea di demarcazione tra l’Eurozona, dove regole di vigilanza più restrittive hanno reso il sistema bancario più solido e patrimonializzato, e regioni dove le maglie sono state più larghe. C’è, però, chi ritiene che una crisi di fiducia nel settore bancario possa assumere forme non contemplate dagli stress test.
In altre parole, regole più severe non mettono al riparo le banche italiane ed europee da un contagio basato su fattori essenzialmente psicologici. “Penso che la Bce abbia ben presente il problema e si muoverà con una certa cautela, non è un caso che Lagarde nell’ultima riunione del board abbia evitato di impegnarsi su futuri aumenti dei tassi. E mi sembra che i mercati abbiano recepito in modo positivo il messaggio. Poi, certo, tutto può succedere e i mercati possono rovesciarsi, ma mi pare che la situazione sia, per ora, sotto controllo”.
Esiste un legame tra gli aumenti dei tassi e le tensioni finanziarie che si stanno sviluppando? “Credo che le banche centrali, quando dal 2008 al 2021 hanno messo in atto un’espansione monetaria senza precedenti, non abbiano valutato abbastanza i rischi che avrebbe comportato, successivamente, l’inevitabile rientro. A questo si aggiunge il fatto che in Europa c’è stato un ritardo nell’avvio della lotta all’inflazione, anche se solo di qualche mese, con la conseguenza che il rialzo successivo dei tassi è stato più brusco. Ma questa è acqua passata, ciò che importa è che la direzione intrapresa poi sia quella giusta”.
Angeloni non condivide la posizione di quanti, soprattutto in Italia, auspicano un allentamento della stretta per scongiurare la recessione. Anzi, è convinto che, con il tasso attuale di deposito al 3 per cento e l’inflazione ancora intorno al 7-8 per cento, la Bce abbia ancora passi in avanti da fare. “I tassi reali a breve termine sono ancora negativi – osserva – il che indica che siamo ancora in una fase espansiva. Quindi, mi auguro che l’incertezza dovuta alle crisi bancarie sia momentanea e che pur con la dovuta cautela nei futuri aggiustamenti l’inflazione venga riportata al più presto sotto controllo. Piuttosto, si parla troppo poco degli effetti della politica monetaria ultra espansiva”.
L’economista ricorda un’analisi del Ceps, think tank bruxellese, secondo cui i contribuenti europei rischiano di perdere fino a 700 miliardi nei prossimi anni: questo è il costo che la Bce deve sostenere per l’acquisto del debito sovrano dai paesi dell’Unione, a tassi inferiori agli interessi pagati ora sulla liquidità depositata dagli stati. È una questione molto tecnica, “ma la sostanza – conclude Angeloni – è che bisogna urgentemente asciugare questa liquidità per evitare di affossare il bilancio della Bce”.