Ansa

L'analisi

Come mantenere alcuni sconti energetici senza scassare il bilancio

Carlo Stagnaro

Il governo sembra voler ripensare le agevolazioni sulle bollette, rendendole meno onerose e più mirate sul modello tedesco. Ma lo strumento adottato da Berlino dev'essere rimodulato sul contesto italiano

Il governo dovrà decidere, entro la prossima settimana, se e in che forma prorogare gli sconti sulle bollette. Queste misure, adottate in piena emergenza, hanno raggiunto un costo ormai insostenibile. L’esecutivo ha fatto intendere di voler ripensare le agevolazioni, rendendole meno onerose e più mirate. I ministri Giancarlo Giorgetti e Gilberto Pichetto Fratin hanno fatto filtrare varie ipotesi di intervento: da un lato, seguire il modello tedesco che prevede sconti su un volume di energia attorno al 70-80 per cento del consumo storico, per preservare un incentivo al risparmio energetico; dall’altro, l’introduzione di una tariffa a scaglioni (come già accade per l’acqua) per scoraggiare gli aumenti dei consumi; dall’altro ancora, un sistema di crediti d’imposta crescenti al crescere dei prezzi. Un focus dell’Istituto Bruno Leoni descrive il meccanismo tedesco (il cosiddetto “freno ai prezzi”) e ragiona sulla sua applicabilità in Italia.

 

Lo strumento adottato da Berlino ha due problemi principali: 1) facendo riferimento ai consumi storici, rischia di premiare le famiglie ad alto reddito e le aziende meno efficienti, che hanno in partenza consumi maggiori; 2) considera separatamente elettricità e gas, senza tener conto del fatto che in alcuni casi lo spostamento da un vettore all’altro (per esempio installando pompe di calore) può comportare una riduzione complessiva dei consumi, a fronte di un aumento della richiesta di energia elettrica. Quindi, sebbene vi siano elementi positivi, non dovrebbe essere trapiantato tal quale in Italia. D’altro canto, l’idea di una tariffa a scaglioni è a sua volta problematica. In Italia è stata in vigore, per l’energia elettrica, dagli anni 70 fino al 2019, quando è stata  superata per favorire l’elettrificazione dei consumi. Tornare indietro sarebbe paradossale. Che fare, allora?

 

È importante distinguere la situazione delle famiglie da quella delle imprese e, tra queste, le piccole e medie dalle grandi. Per quanto riguarda i privati, la spesa è stata in gran parte “a pioggia”. Adesso è il momento di riservare gli aiuti ai redditi bassi. È dunque opportuno confermare l’estensione provvisoria del bonus (mantenendola a 15 mila euro Isee), ripensandone però il funzionamento. I bonus elettricità e gas dipendono unicamente dall’Isee e dalla composizione del nucleo famigliare; in più, sono indipendenti l’uno dall’altro. Da tempo si discute di una riforma. È il momento buono: i bonus andrebbero unificati, calibrati sulla base della spesa energetica effettiva (quindi non solo dell’Isee ma anche, per esempio, della zona climatica) ed erogati come trasferimento monetario anziché attraverso la macchinosa (e costosa) procedura dello sconto tariffario. Occorre inoltre stimolare la concorrenza tra gli operatori e promuovere una migliore comprensione del funzionamento del mercato per aiutare i consumatori a trovare offerte più convenienti. Diventa allora importante confermare il superamento della maggior tutela ed eliminare norme, come il divieto di variazioni unilaterali delle condizioni economiche, che possono avere buone intenzioni, ma hanno prodotto anche un peggioramento generalizzato delle offerte disponibili.

 

Per le imprese la situazione è più complicata. Il governo Draghi (razionalmente) ha utilizzato lo strumento dei crediti d’imposta. Solo che non si fa distinzione tra aziende che effettivamente sono in difficoltà per i prezzi dell’energia e altre che, invece, possono reggere la botta. E questo è tanto più vero ora che lo scenario di mercato sembra essersi, almeno in parte, calmato. Oggi è ragionevole dedicare maggiori risorse alle imprese che non possono ribaltare a valle gli extracosti energetici: cioè quelle energivore (e gasivore) ed esposte alla concorrenza internazionale. L’esempio tedesco può essere utile, ma con un’importante variante: guardando al consumo congiunto di elettricità e gas, anziché a ciascuno dei due separatamente. Per le imprese che possono rivalersi sui clienti e che non devono competere all’estero, l’intensità degli aiuti dovrebbe essere drasticamente ridotta.

 

Naturalmente, qualunque tentativo di ridurre i sostegni – e dunque la spesa pubblica – può rappresentare un elemento di fragilità per il governo. Tuttavia, rinunciando a razionalizzare gli aiuti il governo si troverebbe privo di qualunque margine di bilancio per perseguire la politica economica (inclusa la riforma fiscale). Giorgia Meloni dovrebbe mettere a frutto la lezione appresa col caos accise di inizio anno. Dovrebbe preparare il terreno spiegando le sue intenzioni e le sue ragioni, e legando l’inevitabile incremento dei prezzi energetici – specie per le famiglie a reddito medio-alto e le pmi – ai propositi di revisione del sistema tributario. La riduzione e la semplificazione delle tasse sono incompatibili col mantenimento di agevolazioni introdotte in condizioni emergenziali e, in teoria, in via provvisoria. Cominciare da qui sarebbe un gesto di serietà oltre che di equità.

Di più su questi argomenti: