Alessandra Perrazzelli (Imagoeconomica)

Arginare le paure irrazionali

"Il sistema bancario italiano è solido". Parola di Alessandra Perrazzelli

Luciano Capone

Una crisi come quella di Svb da noi non è possibile. Le regole europee e il lavoro sistematico di vigilanza. Parla la vicedirettrice generale di Bankitalia

All’evento organizzato sabato scorso a Milano dal Foglio e dal Banco BPM ha partecipato anche Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice generale della Banca d’Italia e membro del Supervisory Board della Bce.

 

Ci sono venti di tensione, di possibili crisi bancarie, nate negli Stati Uniti e in Svizzera, e una riflessione comune che si fa è che l’Eurozona è messa meglio perché ci sono differenze nella vigilanza. Quali sono queste differenze? Realmente hanno contribuito a rendere il nostro sistema un po’ più solido?

 

Irene Tinagli prima ha detto delle cose molto giuste, vorrei aggiungere che proprio in questi giorni, nelle riunioni che abbiamo avuto in Bce – il supervisory Board, riunito intorno al tavolo tutto l’Eurosistema – ci siamo detti due cose: da un lato dobbiamo essere molto soddisfatti per il lavoro che è stato compiuto, dall’altro  questa è comunque una “wake up call” che ci dice tante cose e che ci riconferma quanto l’irrazionalità molto spesso sia difficile da prevenire; quanto sia importante continuare nel solco che abbiamo tracciato, che le regole europee hanno tracciato – quindi un lavoro di vigilanza ex ante è quello che ci contraddistingue in questo momento dal sistema americano – e di come sia importante leggere tutto questo guardando alle necessarie manovre di politica monetaria. Un lavoro che viene fatto in maniera sistemica e coordinata. Vorrei aggiungere alcune parole sul nostro sistema bancario, per dire chiaramente che il sistema bancario italiano è solido. Ha una liquidità che è superiore ai parametri posti dalle norme. Ha svolto nell’arco degli anni passati un lavoro straordinario di pulizia dei bilanci che ci rende oggi veramente leader in questo settore. Quindi ogni argomento che inciti sentimenti irrazionali per quanto riguarda il nostro sistema va, con grande buon senso, arginato. E’ chiaro che il panico è sempre una cosa che fa paura. E’ chiaro che la speculazione che abbiamo visto in questi ultimi due giorni su Deutsche Bank è stata chiaramente allarmante. Però dobbiamo capire che innanzitutto noi non abbiamo banche con una base clienti come la Silicon Valley Bank. Questa era una banca concentrata sostanzialmente sull’industria fintech, con presenza anche di private capital legato a quella industria. Noi non abbiamo banche posizionate in questo modo, semplicemente perché non abbiamo un’industria fintech che ricorre in maniera così ampia al sistema creditizio. Poi, come diceva Irene Tinagli prima, noi abbiamo applicato in maniera uniforme le regole di Basilea. Quindi quel mismatch tra attivi e passivi che si è verificato per Silicon Valley Bank semplicemente da noi non è possibile. E’ importante dirlo e credo che in questi giorni per bocca del governatore della Banca d’Italia sia stato affermato più volte.

 

Mi è parso di capire però che il governatore Visco, come tanti, ha segnalato questo punto di forza dell’Eurozona, ma ne ha sollevato anche uno di debolezza: se l’Eurozona è più attrezzata nella parte di vigilanza e supervisione, diceva il governatore Visco in una recente audizione, probabilmente in caso di crisi come quelle avvenute negli Stati Uniti, il nostro sistema sarebbe meno reattivo per interventi emergenziali, un po’ più farraginoso nella risposta. Come mai dopo 12 anni, dalla crisi del 2008-2009, siamo ancora così bloccati? E questi timori stanno spingendo le istituzioni ad accelerare un percorso?

 

Qui c’è un tema di completamento dell’unione bancaria. C’è ancora tanto da fare sull’unione dei capitali a livello europeo, negli Stati Uniti questo è un elemento che ha sicuramente dato alle autorità la capacità di intervenire molto rapidamente sul mercato, è stata una questione di poche ore. Questo ha tranquillizzato naturalmente gli investitori. Tuttavia voglio far vedere come lì sia mancata tutta l’attività di vigilanza ex ante: voi sapete che le “sotto soglia” – che per noi sono banche enormi, SVB ha 250 miliardi di attivo – sono soggette a una vigilanza molto rilassata. Faccio l’esempio del fatto che l’analisi dei rischi che noi compiamo ogni anno attraverso le metodologie Srep, per queste banche sono sostanzialmente quasi un’autocertificazione. Hanno regole molto lasche. Chiaramente, a fronte di ciò, il sistema delle autorità è molto complesso negli Stati Uniti: sono tante, perché ci sono per esempio tutte le banche regionali. Negli Stati Uniti sono tutte delle “sotto soglia” e presentano tutta una serie di problematiche. La capacità di intervento ex post sicuramente fa la differenza con l’Eurosistema. Noi abbiamo un percorso da compiere, un percorso che passa attraverso il completamento di una serie di regole che finora non è avvenuto. Forse, da un punto di vista non ideologico, ma di osservazione dei fatti, di quello che è successo e di come possiamo affrontare un’altra eventuale crisi di mercato, questo può essere un interessante banco di prova per cominciare a lavorare su un’ipotesi europea.

 

Rispetto a questi timori, c’è quasi una speranza nelle dichiarazioni anche di importanti esponenti politici, sul fatto che, bene o male, forse noi non abbiamo tutti gli strumenti trattati e ratificati come il Mes, backstop e altri, però alla fine se dovesse accadere una disgrazia, la Bce qualcosa si inventerà. Spegnerà l’incendio in qualche modo. Visto quello che è accaduto in Svizzera, dove sono state cambiate delle regole in corsa, penalizzati gli obbligazionisti rispetto agli azionisti, ciò può creare anche qualche incertezza, al punto che le istituzioni hanno cercato di fare chiarezza. Questa sensazione che la Bce si inventerà qualcosa ha un fondamento reale o meno?

 

Le dichiarazioni che sono state fatte, da ultimo da Christine Lagarde, sono state delle rassicurazioni. E io sono sicura che ci siano la volontà e la possibilità di intervenire, come del resto è successo anche in passato, qualora dovesse mai crearsi una condizione tale per cui dovessimo avere una crisi che invade anche l’Eurosistema. Però io vorrei veramente puntare ad avere un atteggiamento razionale nei confronti di questi temi, un atteggiamento ponderato, di buon senso, di conoscenza di quelle che sono le regole. In questi anni in cui mi sono occupata di vigilanza, con le banche c’è stato sempre uno scambio muscolare, nel senso che non sempre le banche sono state contente degli interventi. Però quello che ci possiamo dire in maniera molto serena, e per una volta tanto parlando bene del nostro paese e dell’Eurosistema, è che abbiamo un sistema solido, una cosa di cui andare fieri.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali