il colloquio
Il fisco secondo Leo: certezza e semplificazione gli obiettivi della riforma
Il concordato preventivo non è un condono e la flat tax incrementale spinge la crescita e contrasta l’evasione. Il viceministro dell’Economia all’evento del Foglio
Tra gli interventi più attesi di “Governare la globalizzazione, il capitale, il futuro”, l’evento organizzato dal Foglio e dal Banco BPM sabato scorso a Milano, c’era sicuramente quello del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, l’architetto della delega fiscale che nelle ambizioni del governo dovrebbe riformare il sistema fiscale in una maniera organica per la prima volta da cinquant’anni.
Uno degli obiettivi delle riforme fiscali è sempre stato quello di promuovere la crescita e attirare gli investimenti internazionali. Su questo fronte cosa prevede la vostra riforma?
Innanzitutto vogliamo centrare l’attenzione sulla certezza del diritto: uno dei degli aspetti che limitano l’ingresso in Italia di imprese estere è legato al fatto che la nostra legislazione è così frastagliata e complessa che spesso le imprese non hanno certezza sulla loro attività, per cui si rende necessario dare un quadro di riferimento molto più chiaro e omogeneo. L’altro aspetto fondamentale è quello della semplificazione. Penso alle tematiche che interessano gli imprenditori, per esempio il tema della fiscalità internazionale. Sul concetto di residenza, per quanto riguarda le persone fisiche, abbiamo diversi livelli che sono alla base della identificazione di questo elemento. Abbiamo l’iscrizione nell’anagrafe della popolazione residente, la residenza al domicilio secondo le regole del codice civile. In passato è accaduto che molti soggetti, molti italiani trasferiti all’estero, abbiano dimenticato di iscriversi all’anagrafe dei residenti all’estero e sono stati quindi considerati ancora residenti in Italia. Ecco, l’aspetto formale deve essere in qualche modo superato. Lo stesso problema riguarda le società, perché oggi l’elemento identificativo della residenza per la società è la sede legale, la sede dell’amministrazione, e poi l’oggetto principale. Il concetto di oggetto principale è scivoloso, non è molto puntuale nella sua individuazione. Anche qui bisogna andare ad aspetti più sostanziali che non formali.
Citava la certezza del diritto: una delle particolari innovazioni della delega è quella del concordato preventivo, che secondo molti critici è una specie di condono preventivo, nel senso che si arriva con il contribuente a fare un accordo sull’incremento presunto del reddito. Ma c’è qualche forma di controllo sul pregresso, o diventa una sorta di condono? Perché i contribuenti che hanno evaso in passato e quindi già prima pagavano meno tasse, avrebbero un beneficio doppio, sia dal non aver pagato prima sia dal continuare a pagare meno poi senza avere più controlli.
Vorrei sgombrare il campo da un equivoco di fondo: qui nessuno vuole aiutare gli evasori, anzi, questo emerge in modo chiaro dalla delega, dove si dice che non si deve assolutamente abbassare la guardia nella lotta all’evasione. Già l’Agenzia delle entrate ha fatto molto, perché come voi sapete nel 2022 è stato fatto un recupero di evasione di 20 miliardi, quindi l’attività è molto efficace. Teniamo però presente che il tax gap ormai da tantissimi anni oscilla sempre tra i 75 e i 100 miliardi, quindi bisogna cambiare approccio nell’attività di contrasto all’evasione, di accertamenti e via dicendo. Teniamo altresì presente un altro dato: per quanto attiene alle liquidazioni, alle dichiarazioni, mi riferisco alle metodologie del 36 bis e del 54 bis per le imposte dirette e per l’Iva, i controlli vengono fatti a tappeto su tutti i contribuenti. Quando andiamo nelle attività di accertamento non si va oltre il 2 per cento. Questo non per inerzia, l’amministrazione sta lavorando bene, ma proprio per la capacità legata al controllo di queste operazioni. Quindi bisogna cambiare sicuramente registro. Che cosa vogliamo fare? Vogliamo tener separati i soggetti di minori dimensioni, parlo dei soggetti ex studi di settore, dai soggetti di dimensioni maggiori. Per i soggetti di minori dimensioni, oggi abbiamo tanti e tali di quegli elementi – penso all’interoperabilità delle banche dati, e alla fatturazione elettronica, ora partirà anche la precompilata Iva – per cui possiamo in qualche modo arrivare millimetricamente a individuare il soggetto evasore o il soggetto che è allineato a quelle che sono le previsioni dell’amministrazione finanziaria. Abbiamo a tale riguardo gli Isa, gli indici sintetici di affidabilità fiscale con i quali viene dato un punteggio al contribuente. Se si dà un punteggio di 8, un contribuente sicuramente affidabile, allora in quel caso si può fare un concordato preventivo biennale. Si dice: questo è il reddito che tu mi devi dichiarare, e vale per un biennio; ovviamente dovrai continuare a osservare tutti gli adempimenti, dovrai compilare le dichiarazioni, fare le annotazioni sui registri contabili. Se invece il punteggio Isa è al di sotto di 8, che è la nostra guida per il contrasto all’evasione, allora, attraverso l’interoperabilità delle banche dati e tutte le metodologie tecnologiche di cui disponiamo, inserendo altri due elementi fondamentali che sono l’intelligenza artificiale e l’analisi predittiva, siamo in grado di dire che il contribuente deve dichiarare un certo ammontare. Invece, per quelli di grandi dimensioni, dobbiamo spingere sulla cooperative compliance, che è un sistema attraverso il quale noi riusciamo a prevedere il rischio fiscale dell’azienda, con la collaborazione di professionisti si potrà mettere un visto di conformità sulla determinazione del reddito e si aprirà un nuovo scenario: meno sanzioni perché abbiamo siamo in presenza di un soggetto collaborativo, e applicazione di un regime ridotto di accertamenti. Questo servirà per far capire ai soggetti che vengono dall’estero che c’è un cambio nell’attività di contrasto all’evasione, ovviamente in presenza di soggetti che vogliono avere massima collaborazione con l’amministrazione finanziaria.
Ha ricordato i dati sul recupero dell’evasione fiscale che sono in miglioramento, c’è una costante riduzione del tax gap. La narrazione dominante è che in Italia si pagano molte tasse perché c’è tanta evasione, e quindi solo riducendo l’evasione si possono ridurre le tasse. Però in realtà, a fronte di una riduzione dell’evasione fiscale, in questi anni abbiamo avuto un incremento della pressione fiscale di circa due punti: Quindi la teoria della politica racconta una storia, la pratica un’altra: tutto il recupero dell’evasione fiscale finisce in maggior spesa. Politicamente ci sarà un’inversione di tendenza?
La pressione fiscale è aumentata anche perché gli interventi di finanza pubblica hanno richiesto sempre maggiori risorse. Si dice: la delega fiscale non contiene le coperture. Si parla per esempio di graduale riduzione delle aliquote Irpef, di riduzione dell’aliquota Ires, ovviamente nel momento in cui, a fronte della minore tassazione sul reddito, si effettuano investimenti che possono riguardare tanto gli investimenti qualificati – penso all’industria 4.0, ricerca e sviluppo – quanto l’occupazione, quindi penso a coloro i quali escono dal reddito di cittadinanza oppure coloro i quali hanno superato una certa soglia di età, cinquant’anni, oppure le donne e via dicendo. Ecco, si chiede tutta questa riduzione perché non è cifrata. Beh, la norma finale della delega stabilisce che con i decreti legislativi verranno trovate le risorse per finanziare questi interventi. Questa norma non è una novità per il nostro sistema, perché già c’era nel disegno di legge Draghi e in passato c’era anche con i provvedimenti adottati nel 1996-97, allora presidente del Consiglio Prodi, ministro delle Finanze Visco: ecco, si diceva che gradualmente con i decreti legislativi si troveranno le risorse. Ora si dovrà fare la stessa operazione: ad aprile ci sarà il varo del Def, a settembre avremo la Nadef, ed è prassi che quei documenti individueranno le risorse di cui il governo potrà disporre per fare la prossima legge di Bilancio. Lì, in coerenza con i decreti legislativi, si troveranno delle risorse per fare in modo che la riforma venga avviata. Relativamente al concordato biennale, proprio per far capire che non siamo in presenza di nessun meccanismo di sconto per i contribuenti, chiamiamolo Adesione 4.0. Ossia, un’adesione nuova rispetto a quelle che noi conosciamo. Un’innovazione nell’ambito dell’attività di controllo. Un’adesione dove c’è un rapporto collaborativo. Come pure nella cooperative compliance, non c’è bisogno di trovare risorse. Per questo ritengo che questi due strumenti nuovi per l’attività di accertamento possono essere già avviati nel possono essere già avviati dal 2024. Come pure la tematica dei documenti, dei materiali: col direttore dell’Ade Ruffini già stiamo lavorando per fare un’opera compilativa e di riordino dei testi unici, in particolare imposte sui redditi, ma si potrà fare altrettanto modificando il 633 dell’Iva. Ossia rimettere insieme tutte le norme sparse qua e là nel nostro ordinamento, per dare certezza. Il nostro obiettivo sono la certezza e la semplificazione.
Uno dei princìpi della riforma è il perseguimento dell’equità orizzontale, quindi a parità di reddito le persone pagano le stesse tasse. Ci sono dei piccoli interventi, però mi pare che non si tocchino molti regimi speciali, regimi forfettari, cedolari secche e la flat tax per gli autonomi, e poi si introduce questa flat tax incrementale… Sono tutti provvedimenti che vanno in direzione opposta all’equità orizzontale. Come conciliate il principio con questi provvedimenti?
Per quanto riguarda la flat tax, innanzitutto qualche giorno fa la Commissione europea ha dato l’okay. Quindi ha detto che il tetto famoso degli 85 mila euro è coerente con le regole comunitarie, perché in ambito comunitario questo tetto di Iva – e ovviamente ciò si riflette anche sul versante delle imposte sui redditi – è coerente con le impostazioni delle direttive e delle regole dell’Unione europea. Questo è un elemento importante per far capire che la strada intrapresa dall’Italia non è una strada sbagliata. E’ una strada che tiene conto appunto di una logica di semplificazione. Teniamo presente che chi applica la flat tax spesso può avere dei costi molto più rilevanti rispetto al coefficiente di aggiornamento che è più basso. Quindi la flat tax va vista in una logica di semplificazione del sistema, di contrasto all’evasione fiscale. Lo stesso dicasi per la flat tax incrementale, che noi vogliamo estendere, proprio nella logica dell’equità orizzontale, a tutti i contribuenti: ai lavoratori dipendenti, ai lavoratori autonomi, alle imprese. Quindi l’idea è che se tu guadagni di più rispetto a un periodo precedente, quell’eccedenza anziché essere tassata con aliquota progressiva, viene tassata con aliquota proporzionale. Questo per spingere alla crescita e al tempo stesso contrastare l’evasione fiscale. Che poi il sistema Irpef sia tutto un sistema a meccanismi variegati per cui abbiamo la progressività su certi redditi, ma su altre tipologie di redditi – penso i redditi mobiliari e immobiliari – delle aliquote flat, sono assolutamente d’accordo con chi sostiene questa tesi. Penso che bisognerà poi andare gradualmente, alla fine della legislatura, a un meccanismo di flat tax, ovviamente rispettando la progressività, attraverso una nuova tax area e detrazioni.