Svolta buona sulle casse di previdenza
Da anni, si trascina una disparità di trattamento tra il risparmio raccolto dalle casse e quello raccolto dai fondi pensione per i lavoratori dipendenti. Ora, come ha garantito il viceministro Leo, la delega fiscale potrebbe essere usata per sistemare questa ingiustizia
Le casse di previdenza private sono vigilate in modo rigido e tenute a rispettare regole di investimento quasi dirigistiche, salvo essere spesso chiamate in soccorso (volontario, sì, ma richiesto con toni a volte non gentili) dai governi o da iniziative parlamentari per intervenire a tamponare questa o quella falla, spesso salvataggi di aziende pubbliche decotte o, da ultimo, un tentativo di rifilare loro i crediti del Superbonus. Il livello di vigilanza e gli obblighi sugli investimenti e sulla raccolta, il regime autorizzativo, oltre alla diretta emanazione da categorie professionali, fanno delle casse il terreno per continue incursioni politiche e per una certa tendenza alla durezza del legislatore fiscale.
E, appunto da anni, si trascina una evidente e distorsiva disparità di trattamento tributario tra l’impiego del risparmio previdenziale raccolto dalle casse e quello raccolto dai fondi pensione usati dai lavoratori dipendenti nel cosiddetto secondo pilastro, attraverso i trattamenti integrativi. Per essere più chiari tuttora ai rendimenti realizzati nella gestione ordinaria delle casse previdenziali private si applica l’aliquota del 26 per cento, mentre un qualunque investitore, quello sì veramente privato, sui suoi rendimenti paga il 20 per cento come succede anche ai fondi pensione. La delega fiscale potrebbe essere usata per mettere in pari questa evidente ingiustizia.
Il viceministro Maurizio Leo lo ha garantito con un certo slancio, ma va detto che parlava proprio all’assemblea dell’associazione delle casse previdenziali. C’è da augurarsi che il suo impegno non sia servito solo a far contenta una platea alla quale da anni vengono opposti solo rifiuti, ma c’è più di una ragione per credere che questa sia la volta buona. Con la fine della disparità di trattamento si realizzerebbe la disposizione dell’articolo 5 della delega, inserita con chiarezza nella legge. In un sistema che per definizione è pienamente contributivo uno degli effetti immediati sarebbe la possibilità di migliorare i trattamenti pensionistici per i professionisti.