Tardi e male
Il ritardo sull'automotive. Francia e Germania si sono preparate, l'Italia ha dormito
È stimato in 1.100 miliardi il costo degli investimenti necessari per l'efficientamento energetico e la riduzione delle emissioni. La verità è che finora si è fatto troppo poco e ce ne siamo accorti in ritardo. E gli errori sono solo politici
Amara verità: l’Italia si è svegliata tardi, sulle conseguenze che il “Fit for 55”avrà per auto e veicoli commerciali. Solo ora abbiamo una stima realistica degli investimenti necessari in Italia per il complesso di efficientamento energetico e riduzione di emissioni in tutti i settori interessati, e la cifra è di 1.100 miliardi (vedi analisi del professore Beccarello e della sua equipe di ricercatori). E solo a 18 mesi di distanza dalla prima release della Commissione Ue l’Italia ha tentato di sollevare il problema della neutralità tecnologica, invece della scelta dirigista e radicale a favore dell’elettrificazione dei veicoli. Tardi e male. Altrettanto si può dire se si esaminano gli strumenti istituzionali e finanziari messi in campo in Francia e Germania rispetto all’Italia. Qualche numero come premessa. In Germania gli occupati tra produttori di veicoli e fornitori sono 800 mila, rispetto ai 170 mila circa di Francia e Italia. Con enormi differenze di fatturati: 410 miliardi in Germania nel 2021, 110 in Francia, 68 in Italia (3,3 milioni di veicoli prodotti in Germania, 1,3 milioni in Francia e solo 800 mila in Italia).
Per le sfide del settore automotive in Italia abbiamo aperto un tavolo ad hoc nella scorsa legislatura. Che ha annunciato una dotazione di 8,7 miliardi di incentivi a vario titolo entro il 2030, di cui 2,7 destinati a Stellantis. I primi bandi si sono aperti a fine 2022. Se nessuno si offende, la verità è che si tratta di poca roba, rispetto a quanto avviato da anni oltralpe. In Francia, lo stato ha creato un primo fondo di investimento dedicato all’automotive già nel 2009. Nel 2020 Renault, Psa e Bpifrance hanno lanciato un fondo salito a 1 miliardo di conferimenti da investire in 5 anni, intervenendo a sostegno di imprese dell’automazione e della componentistica di filiera. C’è poi un terzo fondo d’investimenti agevolato dallo stato, cui partecipano Renault, Stellantis, Bosch France e Valeo, e che effettua interventi nel capitale di piccole imprese della componentistica ritenute strategiche. E ce n’è un quarto, sempre solo per l’automotive, che risale al 2018 e che è stato potenziato da BpiFrance, azionista di Valeo. Parigi molti anni prima dell’accelerata Ue contro i motori endotermici ha adottato una visione sistemica di rafforzamento patrimoniale della filiera per accompagnarla agli investimenti necessari. Coordinando il tutto con la strategia d’investimento nazionale denominata France 2030.
La Germania ha anch’essa da oltre un decennio una strategia nazionale per investimenti volti allo scenario Made: Mobilità, Autonomous driving, Digitalizzazione ed Elettrificazione. Quella tedesca è una via più focalizzata sulle tecnologie di punta e le trasformazioni richieste alle imprese di filiera: vedi la piattaforma CatenaX, un ecosistema di dati aperti e collaborativi aperto a tutti i soggetti dell’automotive in cambio di assoluta garanzia degli standard di sicurezza e rispetto della proprietà intellettuale. Inoltre il modello tedesco è centrato sui cluster di specializzazione automotive nei diversi länder, in cui le piccole imprese sono molto agevolate per la costituzione di reti cooperative su dati e crediti per l’investimento. Tra programmi federali attraverso piattaforme tecnologiche e interventi dei länder, dal 2020 al 2030 l’ammontare di risorse pubbliche per l’automotive è di circa 26 miliardi di euro cui si sommano circa 22 miliardi di incentivi a investimenti.
Ovviamente queste sono solo le maggiori differenze di approccio per sostenere l’offerta, cioè l’industria automotive. Bisogna sommare poi l’enorme differenza in termini di incentivi alla domanda dei consumatori per tipo di veicolo e redditi degli acquirenti, la grande sproporzione tra investimenti francesi e tedeschi rispetto ai nostri nel potenziamento della rete infrastrutturale di ricarica dei veicoli elettrici (a fine 2022 in Italia avevamo meno di 500 punti di ricarica sulla rete autostradale), nonché il grande sforzo messo in campo da Germania e Francia per il potenziamento della produzione di batterie avanzate. Infine: i piani tedeschi e francesi comprendono strumenti ad hoc per la riqualificazione e il sostegno agli occupati. Da noi se ne parla a ogni tavolo al Mimit, ma sono ancora di là da venire. L’Italia ha un punto di forza che la politica sinora ha molto ignorato: i tre sindacati di settore e Federmeccanica hanno insieme elaborato un puntuale osservatorio dell’automotive avanzando da tempo proposte convergenti, e infatti molti dei dati citati qui vengono dall’ultimo rapporto comune presentato pochi giorni fa. Il ritardo italiano della battaglia in Europa sui motori endotermici e la sottovalutazione degli allarmi di imprese e sindacati sono purtroppo due facce della stessa medaglia: l’errore della politica.