Foto di Michael Probst, AP Photo, via LaPresse 

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L'impatto nullo del price cap sul gas. Uno studio 

Andrea Paltrinieri

Il prezzo del Lng è sceso per fattori di mercato, ma gli annunci importanti non hanno significato niente per le quotazioni. La ricerca, il procedimento e i risultati

Il 19 dicembre 2022 i ministri dell’Energia dell’Unione europea hanno concordato un tetto per il prezzo del gas, il cosiddetto market correction mechanism. Il valore è di 180 euro/MWh, con un differenziale di 35 euro/MWh rispetto a un paniere di indici di riferimento globali del mercato del gas naturale liquefatto (Lng), e la data di partenza è stata il 15 febbraio 2023. Considerando che diversi esponenti politici (ma non solo) hanno sottolineato l’efficacia del price cap nella riduzione delle quotazioni del Title transfer facility (Ttf) e in particolare l’importanza dei ripetuti annunci nel calmare la “speculazione” e la volatilità del mercato, con alcuni colleghi abbiamo testato la validità di tali affermazioni e nel convegno Corporate Governance & Risk Management in Financial Institutions (Roma, 23-24 marzo), con John W. Goodell, Constantin Gurdgiev e Stefano Piserà abbiamo presentato il lavoro “Examining the impact of the natural gas price cap on Ttf spikes”. 

Nello studio abbiamo esaminato l’effetto annuncio relativo al price cap sui prezzi e sulla volatilità del primo contratto future del Ttf. Abbiamo preso come periodo di riferimento l’orizzonte temporale gennaio 2019-gennaio 2023 per esaminare i fattori che abbiano impattato maggiormente le quotazioni del Ttf. Siamo partiti dall’analisi dell’effetto dell'annuncio del 19 dicembre 2022, prima di includere altri annunci importanti avvenuti in precedenza (18 maggio 2022 e 22 novembre 2022). Dopo aver estratto le quotazioni del primo contratto future del Ttf per il periodo di riferimento, abbiamo considerato diversi elementi che avrebbero potuto aver una significativa influenza sull’andamento del Ttf. In particolare, abbiamo calcolato l’impatto della domanda residenziale commerciale e gli “heating degrees”.

Ovvero abbiamo stimato la domanda invernale di riscaldamento nel corso del periodo di osservazione in modo analitico, in quanto elemento fondamentale nelle determinazioni del prezzo del gas. Abbiamo anche stimato la domanda stagionale estiva di aria condizionata. Non avendo a disposizione la granularità della domanda industriale coerente con l’analisi statistica, abbiamo controllato per l’andamento dei principali hub di gas naturale globale (l’americano Henry Hub e l’inglese Nbp). Abbiamo inserito nella nostra analisi anche l’andamento delle altre due principali materie prime globali, ovvero il petrolio e l’oro. Infine, essendo la situazione geopolitica impattante, abbiamo considerato l’invasione della Russia in Ucraina.

I risultati ottenuti sono chiari, inequivocabili e tengono sotto diverse rielaborazioni statistiche. Non c’è alcuna significatività statistica dell’effetto annuncio del price cap sulle quotazioni del Ttf, il che vuol dire che ogni importante annuncio non ha avuto alcun impatto sulle quotazioni. Ciò che ha avuto realmente impatto, invece, sono state le seguenti variabili: in primis la domanda residenziale e commerciale, poi l’effetto stagionale, l’andamento del mercato statunitense Henry Hub e di quello inglese Nbp, nonché la varabile geopolitica. Questo lo abbiamo verificato sia con riferimento ai rendimenti giornalieri del Ttf, sia con riferimento alla volatilità. Infatti, uno degli obiettivi del price cap era quello di ridurre la volatilità delle quotazioni. Ma, anche qui, nella nostra analisi, la relazione risulta non statisticamente significativa. 

Le implicazioni per i decisori, le cosiddette policy implications, sono evidenti. Sarebbe opportuno concentrarsi sulle dinamiche di mercato, sulla situazione della domanda e offerta tipica di un qualsiasi mercato delle materie prime, sulla diversificazione delle fonti di approvvigionamento, sulle conseguenze dell’evoluzione   geopolitica. Per ora, l’effetto annuncio del price cap, risulta “solo” essere non significativo, ovvero il price cap risulta  inutile. In un prossimo futuro, potrebbe anche diventare dannoso. Per esempio, se in una situazione di scarsità di offerta, il price cap venisse attivato e consentisse all’offerta marginale di andare verso altri paesi, ad esempio asiatici (che sono parametrati al contratto Jkm, Japan-Korea Market). Speriamo di non esser costretti a testare anche questa evenienza.

Andrea Paltrinieri
Università Cattolica del Sacro Cuore

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