il parere dell'esperto
Così le attese di una Bce più colomba impattano sui mutui
L'aumento del costo del denaro ha allontanato per primi i più giovani dal mercato immobiliare. A incidere sono le politiche sui tassi d'interesse, l'inflazione e le aspettative di recessione
Le turbolenze bancarie hanno cambiato le aspettative di mercato sui tassi d’interesse: da come si sono mossi i futures sulla Borsa di Londra nelle ultime settimane si vede che gli investitori si attendono un “tasso finale” al 3,6 per cento per settembre. Solo un mese fa, prima del crac della Silicon Valley Bank e della crisi di Credit Suisse, il punto di caduta della stretta monetaria della Bce era visto al 4 per cento o poco sopra. Ma adesso prevale la visione di un’Eurotower più prudente sulle future mosse a vantaggio della stabilità finanziaria.
Questa percezione, come spiega al Foglio Guido Bertolino di MutuiSupermarket, sta influenzando l’andamento dell’euribor a tre mesi - il parametro a cui sono ancorati i mutui a tasso variabile – che è atteso in diminuzione al 3 per cento per l’autunno del 2024 fino a stabilizzarsi intorno al 2,7 per cento. “Dalla curva dell’euribor si deduce che i mercati non si aspettano più importanti aumenti del costo del denaro da parte della Bce e che già nella primavera del prossimo anno potremmo assistere a un primo taglio – dice Bertolino –. È possibile che questo sentiment si rifletterà sulle domande di mutui con una piccola ripresa dopo il forte calo che c’è stato da inizio anno”.
In Italia, le richieste di mutuo hanno subito, come emerge dalle ultime rilevazioni del sistema informatico Crif, un calo su base annua del 22,8 per cento a gennaio e del 25,3 per cento a febbraio 2023, proprio a causa dell’inasprimento della politica monetaria della Bce che ha colpito chi ha bisogno di farsi finanziare per comprare casa e ha pesato sul bilancio di chi ha già sulle spalle un mutuo con rincari delle rate fino al 40 per cento, come emerge dalle simulazioni di MutuiSupermarket che si basano su un prestito tipo di 160 mila euro della durata di 25 anni.
Solo dopo Pasqua si saprà com’è andata nel mese di marzo, ma è ipotizzabile che le richieste siano ancora diminuite – anche se più nelle filiali che sul canale online dove maggiore è il contrappeso delle surroghe – mentre a partire da aprile si potrebbe vedere l’effetto delle attese di un allentamento della stretta. “Intanto, è cambiata la composizione delle domanda di prestiti per la casa rappresentata ormai al 96 per cento dal fisso – prosegue Bertolino – Di fronte al rischio di veder correre il costo mensile del finanziamento, le persone tendono a scegliere la stabilità della rata, con il paradosso che i prestiti a tasso fisso sono arrivati a costare anche meno di quelli a tasso variabile”.
Ma al di là delle previsioni, su quali fasce sociali sta impattando di più la politica monetaria della Bce rispetto all’epoca dei tassi a zero? “L’aumento del costo del denaro ha sicuramente allontanato la parte più debole del mercato dei mutui ovvero quella dei giovani: nel mese di marzo gli under-36 hanno rappresentato solo il 42 per cento dei richiedenti sul canale online contro il 46 per cento di febbraio”. Tassi, inflazione e aspettative di recessione fanno si che il mercato immobiliare nel 2023 debba fare i conti con uno scenario avverso dopo l’exploit post pandemico: nel suo ultimo rapporto, Nomisma prevede una flessione delle compravendite di case del 14,6 per cento e una diminuzione dei mutui a doppia cifra del 18 per cento.
In questo scenario il ricorso al credito da parte delle famiglie italiane “diventa imprescindibile”, anche se questo crescente fabbisogno si scontra con un orientamento delle politiche di erogazione da parte delle banche “più prudente e selettivo”, con l’obiettivo di tenere sotto controllo il rischio di morosità. Secondo Nomisma, “a rendere più impervio l’accesso al credito non è solo l’accresciuta onerosità del finanziamento – con tassi passati in media dall’1,93 per cento di maggio 2022 al 3,79 per cento di febbraio 2023 – quanto la mutata percezione sulla solvibilità futura di molti dei potenziali mutuatari”.
Questo atteggiamento più severo delle banche inevitabilmente si ripercuote sulla domanda abitativa, la cui dipendenza dal mutuo rappresenta un fattore conclamato già da qualche anno. Ne deriva quindi, dopo il biennio 2021-22, un sensibile calo delle intenzioni di acquisto immobiliari e delle richieste di finanziamento. Un calo che, secondo Nomisma, non dipende solo dagli indicatori di fiducia delle famiglie, seppure in calo rispetto ai massimi toccati a settembre 2021, ma anche dal repentino irrigidimento dei criteri di selezioni della clientela.
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