l'intervista
No, l'e-commerce non fa paura: l'alleanza tra Amazon e pmi spiegata con i numeri
Nel 2021 le oltre 20 mila piccole e medie imprese italiane presenti sulla piattaforma hanno registrato vendite all’estero per circa 800 milioni di euro. Eppure l'Italia ha un grande gap da recuperare in termini di digitalizzazione
Secondo un recente studio di Netcomm, sviluppato in collaborazione con The European House – Ambrosetti, la rete del valore dell’e-commerce in Italia vale 71 miliardi di euro ed è il primo driver di crescita dell’economia. Il canale digitale offre, infatti, alle aziende l’opportunità di accedere più facilmente ai mercati internazionali perché la tecnologia permette di far fronte alle difficoltà di approvvigionamento. Inoltre, è proprio grazie al digitale che le aziende sono in grado di effettuare previsioni più accurate della domanda e ottimizzare la gestione dei prodotti lungo la filiera. Eppure, l’Italia è ancora collocata al diciottesimo posto fra i 27 stati dell’Unione europea nell’indice di digitalizzazione dell’economia e della società. E questo perché il livello di competenze nel settore sono molto basse (il 58 per cento degli italiani tra i 16 e 74 anni non possiede alcuna competenza digitale di base).
In questo ritardo culturale resiste una certa idea dell’e-commerce come causa della chiusura di tanti negozi o della loro mancata riapertura dopo la pandemia. Idea non solo smentita dai numeri ma che non tiene conto di come si sono evoluti i modelli di consumo negli ultimi anni, come spiega al Foglio Mariangela Marseglia, country manager di Amazon.it e Amazon.es. “Questa visione di contrapposizione tra online e offline semplicemente non è coerente con il modo in cui 9 persone su 10 in Italia fanno i propri acquisti, ovvero in maniera ibrida, sia nei negozi fisici che su internet”, dice la manager citando i dati dell’Osservatorio Multicanalità del Politecnico di Milano, secondo cui nel 2022 i consumatori multicanale sono 46,3 milioni, pari all’89 per cento della popolazione. “Quello che è interessante osservare è che a chiedere ai negozi di adeguare i loro servizi al modello dell’e-commerce sono i consumatori stessi”. Di che servizi si tratta? Lo spiega una rilevazione di Netcomm: la possibilità di ordinare i prodotti a distanza e riceverli a casa velocemente (46 per cento); la possibilità di ritirare in negozio i prodotti scelti e acquistati a distanza (41 per cento): la possibilità di pagare solo tramite carte e smartphone (33 per cento). “L’e-commerce e il negozio fisico sono, dunque, tutt’altro che due canali alternativi – osserva Marseglia - piuttosto sono complementari, e una strategia multicanale è auspicabile per le aziende, compresi i negozi, per diversificare canali di sbocco e di approvvigionamento e poter meglio affrontare i momenti di incertezza che caratterizzano lo scenario economico”.
Pandemia, guerra russo-ucraina e choc energetico sono i tre fattori che hanno cambiato il mondo dal 2020 a oggi incidendo sulle catene globali del valore, sul modo di lavorare, sui modelli aziendali e su quelli di consumo. Uno degli effetti in Italia è stata l’accelerazione proprio nel digitale. Secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio e-commerce della Scuola di Management del Politecnico di Milano e di Netcomm, nel 2022 gli acquisti in rete hanno registrato un incremento del 20 per cento rispetto al 2021. E, comunque, l’e-commerce ha rappresentato solo l’11 per cento del segmento delle vendite al dettaglio (retail) in Italia nel 2022. “Questo sapete che cosa significa? Che le persone continuano a comprare nei negozi fisici e che continueranno a farlo”, osserva Marseglia”. Secondo un’altra ricerca della società di consulenza Oliver Wyman, infatti, negli ultimi 10 anni il commercio al dettaglio ha continuato a creare occupazione in Europa. I posti di lavoro nel settore sono aumentati di 1,3 milioni unità, di cui circa 300.000 nell’e-commerce e 1 milione nel commercio fisico. E sempre questo studio evidenzia che le attività commerciali che hanno adottato un approccio multicanale (fisico e online) dimostrano una maggiore resilienza e tasso di crescita rispetto a quelle che si limitano al commercio fisico.
“In questo contesto, Amazon può rappresentare una possibilità per tutti i piccoli negozi e le piccole e medie imprese di affacciarsi alle vendite online e raggiungere potenzialmente milioni di clienti in tutto il mondo. Infatti, globalmente, più della metà dei prodotti presenti sui nostri portali provengono da venditori indipendenti”. Nei momenti di crisi, dunque, l’e-commerce può essere un alleato delle aziende che adottano una strategia di diversificazione dei mercati e dei canali di vendita. Lo dimostra il fatto che nel 2021 le oltre 20 mila pmi italiane presenti su Amazon.it hanno registrato vendite all’estero per circa 800 milioni di euro, dei quali più di 60 milioni sono stati registrati fuori dall’Unione europea.