Borsa, famiglia e fondazione: Lego costruisce il capitalismo del XXI secolo

Stefano Cingolani

L'azienda che con i mattoncini in plastica ha costruito un colosso mondiale, è ancora familiare. Ora intende trasferire circa un terzo dei diritti di voto dalla holding privata Kirkbi alla fondazione non profit K2 Family foundation, per finanziare un modello di vita sostenibile

Nell’ormai lontanissimo 1932 Adolf Berle e Gardiner Means pubblicarono il loro capolavoro “The Modern Corporation and the Private Property” che aprì una nuova strada al diritto proprietario, all’impresa moderna e al capitalismo del Novecento. La separazione tra proprietà e gestione, la public company, la diffusione dell’azionariato attraverso la quotazione in borsa divennero capisaldi del modello americano destinato a soppiantare il capitalismo familiare. In realtà, famiglie, borsa, grandi imprese multinazionali continuarono a convivere negli States, spesso nella stessa casa. Dall’Europa arrivò nel frattempo il capitalismo di stato. Mentre emergeva uno strumento singolare: la fondazione, particolarmente diffusa nel mondo germanico, ma anche negli Stati Uniti, dove i Rockefeller hanno fatto da battistrada. Con la svolta del nuovo millennio il capitalismo appare sempre più polimorfo. L’ultimo esempio viene dalla Danimarca. 

  
Lego che con i mattoncini in plastica ha costruito un colosso mondiale, è un’impresa ancora familiare. Giunta alla quarta generazione e arrivata in cima alla sua incredibile parabola, ha deciso di mettere insieme famiglia, borsa e fondazione. Kirk Kristiansen, nipote del patriarca Oleg, intende trasferire circa un terzo dei diritti di voto detenuti dalla holding privata Kirkbi a una fondazione non profit chiamata K2 Family foundation dedicata a finanziare un modello di vita sostenibile. Altri capitalisti stanno seguendo questa strada (ad esempio Yvon Chouinard di Patagonia o Pier Giovanni Capellino di Almo Nature, cibo per animali domestici).

   

La novità è che la fondazione Kristiansen non si opporrà alla quotazione in borsa. La taglia della Lego (ricavi per quasi 9 miliardi di euro e 2,2 miliardi di profitti) rende la scelta particolarmente significativa. Intanto, in una fase in cui molti intendono lasciare la borsa (il de-listing sembra quasi una moda) c’è chi crede ancora nel mercato dei capitali. Ma soprattutto indica una possibile strada per un capitalismo del XXI secolo. L’Italia dove molte famiglie hanno tirato i remi in barca, avrebbe molto da imparare.

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