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Russia e petrolio: si dimezzano le entrate e scende la produzione
Le sanzioni stanno dando i ridultati previsti: i ricavi russi sono crollati del 43 per cento rispetto al marzo dell'anno scorso. Putin sta tagliando i barili giornalieri, ma più che una rappresaglia sembra l'ammissione di una sconfitta
Le sanzioni sul petrolio russo stanno dando i risultati previsti dal G7 e dall’Unione europea: nonostante un aumento delle esportazioni di greggio, le entrate di Mosca continuano a diminuire. Secondo il rapporto mensile dell’Agenzia internazionale dell’energia (Iea), a marzo le esportazioni di petrolio russo sono state le più alte dai tempi del Covid, ma rispetto all’anno precedente le entrate sono diminuite di quasi la metà (-43 per cento). La Russia ha esportato una media di 8,1 milioni di barili al giorno (il massimo dall’aprile del 2020) poiché “i forti sconti sui prezzi attirano acquirenti disposti a correre il rischio di maneggiare barili di petrolio russo”, sottolinea l’Iea. Pertanto, anche se a marzo i ricavi sono leggermente rimbalzati (meno di un punto percentuale) rispetto ai minimi del mese precedente, sono crollati del 43 per cento rispetto a marzo del 2022.
L’embargo dell’Ue e il price cap del G7 sul petrolio russo trasportato via mare stabiliscono che gli acquirenti di paesi terzi possono accedere ai servizi finanziari occidentali, dominanti nel settore, solo se il prezzo del barile rimane al di sotto di un limite fissato, per ora, a 60 dollari. Le sanzioni hanno costretto la Russia a trovare mercati alternativi, in particolare India e Cina, ma hanno anche dato a vecchi e nuovi acquirenti del greggio russo il potere di negoziare fortissimi sconti.
In risposta alle sanzioni la Russia aveva minacciato di ridurre la produzione di greggio di 500 mila barili al giorno, un taglio che doveva essere una rappresaglia per seminare disordine nei mercati petroliferi globali ma che in realtà era solo la presa d’atto dell’impossibilità di colmare il vuoto di domanda lasciato dal mercato dell’Ue. Una minaccia che non è stata mantenuta, l’Iea infatti ha stimato che a marzo il taglio è stato di soli 290 mila barili al giorno visto che la Russia riesce ancora a esportare i barili verso nuovi mercati, nonostante le sanzioni.
A tenere alta la domanda di barili russi però è il prezzo basso dell’Urals, che dall’entrata in vigore delle sanzioni (inizio dicembre) ha mantenuto una quotazione inferiore al price cap del G7, e un prezzo reale ancora più basso. All’atto pratico, il greggio russo aveva un prezzo vantaggioso e si poteva commerciare senza correre il rischio reale di violare le sanzioni.
Le cose potrebbero complicarsi nei prossimi mesi con l’annuncio a sorpresa di alcuni paesi del cartello dei produttori dell’Opec e dei loro alleati (Opec+), che a inizio aprile hanno deciso di tagliare la produzione di circa un milione di barili al giorno per far alzare i prezzi. La riduzione inizierà a maggio e andrà avanti per tutto l’anno, ma i prezzi hanno già iniziato a crescere.
Mosca ha accolto con favore gli aumenti dei prezzi, che secondo il viceministro delle finanze Vladimir Kolychev porteranno ulteriori entrate allo stato, ma se il petrolio russo si attestasse a quotazioni reali superiori a quelle del price cap diventerebbe molto meno attraente per gli acquirenti e soprattutto per gli operatori, in quanto soggetto al rischio di controlli molto più invasivi delle autorità dei paesi occidentali per assicurarsi il rispetto delle sanzioni. La Russia perderà il “vantaggio” competitivo che ha avuto in questi mesi.
Mosca ha detto che il taglio di 500 mila barili al giorno che aveva annunciato è prorogato per tutto il 2023, ma dall’anno scorso il Cremlino ha smesso di pubblicare statistiche ufficiali sul settore petrolifero. Sapere quanto e come sarà tagliata la produzione è estremamente difficile per gli analisti.
Tuttavia, secondo le previsioni del rapporto mensile dell’Opec pubblicato il 13 aprile, nel 2023 la Russia sarà l’unico tra i grandi produttori non-Opec a ridurre la produzione di petrolio: -750 mila barili al giorno, con conseguenze severe per il bilancio russo. Allo stesso tempo, l’Opec ritiene che il calo del greggio russo verrà più che compensato dalla crescita della produzione in altri paesi che non fanno parte del cartello, in primis gli Stati Uniti (+1,04 milioni di barili al giorno). Contro la volontà del Cremlino, il taglio della produzione di petrolio potrebbe diventare l’unica promessa che la Russia sarà in grado di mantenere.