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la testimonianza

Il Pnrr all'esame di un architetto: tempi impossibili, carenza di forza lavoro, cattiva fede

Paolo Conrad Bercah

Le tempistiche del piano sono state stilate da persone che evidentemente ignorano il concetto di cantiere edile e il lavoro necessario per realizzare i progetti. Due esempi e qualche considerazione

Al lettore si chiede di leggere quanto segue come il contributo di un architetto chiamato a testimoniare (avendo le scarpe sporche di fango) sulle disfunzioni del Piano nazionale di ripresa e resilienza per il mondo dell’architettura, un tema di cui non parla nessuno anche se politici e giornalisti parlano quotidianamente del Pnrr.

Parto dalla mia esperienza. Nel 2020 gli obiettivi del Pnrr mi hanno impressionato. Un “piano Marshall” che prometteva di modernizzare il paese con opere attese da decenni. Tornato a Milano (da Berlino) ho cercato di contribuire. Avendo fatto diversi progetti, segnalo tre nodi dell’intero Piano: tempi impossibili, carenza di forza lavoro competente (tecnici e amministratori), una imponente dose di cattiva fede.

La tempistica del Pnrr è stata stilata da persone che evidentemente ignorano il concetto di cantiere edile. La tempistica ha generato la paura di perdere i finanziamenti, che, a sua volta, ha creato un nervosismo permanente tra gli uffici urbanistici locali e i ministeri. Entrambi lamentano una cronica carenza di forza lavoro e lavorano quindi solo con i pochi professionisti che conoscono da anni, evitando qualsivoglia proposta esterna per evitare “responsabilità”. In breve, è come se ci fossimo impegnati a consegnare in un tempo irrealistico centinaia di opere complicatissime non sapendo di avere a disposizione, a essere ottimisti, un quinto dell’engineering e un centesimo della forza lavoro (tecnici e amministratori) necessari a rispettare gli impegni.

Un esempio. 2022: concorso per nuovi centri di Ricerca universitaria nel sud. Ho progettato un Centro studi del mare in un porto della Calabria con l’appoggio verbale del comune in cui l’unico addetto dell’ufficio urbanistico si trovava a dover pubblicare più bandi (scritti gratuitamente da professionisti esterni all’amministrazione) in un mese che nel corso della sua intera carriera. Passata la selezione, è arrivata la richiesta di redigere in tre settimane un Piano di fattibilità tecnica ed economica (con capitolato!) per un progetto di oltre 20 milioni di euro, dopo aver speso dieci giorni a cercare di decifrare il legalese del bando. Consegnato un “progetto”, abbiamo atteso sei mesi per conoscere la graduatoria dei “selezionati”. la maggior parte dei quali risultarono “casualmente” localizzati nel bacino elettorale di un ministro. Alcuni di questi avevano importi lavori per centinaia di milioni di euro con inizio dei lavori previsto per il gennaio 2023. Per chi non ha idea dell’impegno di lavoro richiesto, vale il seguente esempio: sarebbe come chiedere a un romanziere di scrivere (e stampare) “Guerra e pace” in 15 giorni.

Secondo caso: ad Alessandria si trova l’unica cittadella fortificata del Settecento: un unicum paesaggistico di centinaia di ettari che versa oggi in stato di grave abbandono. Nel 2021, ho presentato al sindaco (leghista) un progetto elaborato con diversi esperti internazionali (tra cui Bob Wilson) per offrire una casa a quasi tutte le missioni del Pnrr. La presentazione sollevò un entusiasmo immediato nel sindaco che incautamente esclamò: finalmente abbiamo un concetto per la cittadella! (dopo un ventennio di nonsense e dozzine di “idee” surreali). Purtroppo abbiamo dovuto registrare un immediato spegnimento dell’entusiasmo: l’onnipotente capogruppo leghista alla Camera che comanda il territorio alessandrino (in cui viene eletto) non ha manifestato interesse verso un progetto pensato per far risorgere la super depressa economia del territorio.

Ma ecco il caso clamoroso del 2022:  quello delle scuole “farcite” di amianto e in condizioni sismiche “preoccupanti”. Venerdì 4 luglio appare “Scuola futura”, un bando per ricostruire 212 scuole in Italia. Consegna: 4 agosto. Risposte alle domande: 25 luglio. Pochi giorni dopo, qualcuno si accorge che si concedevano meno di due settimane di tempo per fare progetti per alloggiare migliaia di studenti e che la cosa non suonava fair. Contemporaneamente, il sito del concorso veniva sepolto da messaggi di centinaia di professionisti che domandavano una stessa cruciale domanda: a quanti siti si può partecipare? L’informazione era impossibile da ottenere dal bando: 30 pagine di legalese con super dettagliate istruzioni su come caricare i documenti o su come “purgare” i pdf da qualsiasi possibile informazione capace di infrangere l’anonimato. Un documento da far leggere nelle scuole (e in Parlamento) come “caso di scuola” di malafede istituzionale nonché di vilipendo di della professione del progettista. Ma il 2 agosto ecco la soluzione: consegna prorogata al 20 agosto. Ottobre: si rendono noti i nomi dei cinque progetti finalisti per ogni sito per chiedere loro di produrre in quattro settimane un progetto “preliminare”. Vacanze di Natale: si pubblica la graduatoria. Il documento rivela che per un terzo dei casi esistono solo due o tre progetti. Dopo tre mesi non sono stati pubblicati i progetti, eliminando di fatto ogni interesse a fare qualsivoglia concorso come momento importante di confronto. Ai vincitori si chiede un progetto definitivo ricevendo il compenso previsto per un progetto preliminare, sulla cui base si faranno le gare di appalto in cui le imprese vincitrici potranno selezionare i materiali più convenienti per praticare quei famigerati ribassi che permetteranno di completare l’opera secondo il budget fissato dal ministero, budget che, grazie alla tempesta economica perfetta creata dal caro materiali e dai vari superbonus degli ultimi anni, ammonta a circa la metà del costo di costruzione corrente sul mercato. La bizzarra idea risulta una anticipazione del “codice Salvini” che eliminando un grado di progetto secondo il “principio del risultato” – garantire l’affidamento del contratto e l’esecuzione nel minor tempo possibile – promette di pavimentare la strada che conduce a tanti nuovi Malpensa terminal che, nomen omen, dovrebbe essere visto come un campanello d’allarme.

 

Vilipendere in latino significa “giudicare di poco valore”. Il Pnrr dimostra plasticamente quanto sia vilipesa da parte del legislatore la categoria dei progettisti.  Mentre da un lato si dice che un’occasione come il Pnrr per produrre qualità non si presenterà mai più, dall’altro chi (non) “governa” il piano promulga senza sosta norme che estromettono qualsiasi possibilità di sanare situazioni cancerogene prodotte nell’ultimo mezzo secolo. E’ il rischio che si corre oggi: aumentare a dismisura i costi, gli adempimenti tecnologici, burocratici e funzionali.
Da decenni si parla di una legge sull’architettura che possa salvaguardare i progettisti agendo dove è più necessario: impedire di progettare a chi non ha la formazione per farlo (geometri/ingegneri); permettere ai giovani di sedersi al tavolo dei concorsi e, soprattutto, istituire rimborsi spese veri (e non mance offensive) per chi deve far fronte a spese ingenti per produrre progetti di concorso che non si realizzano o che l’amministrazione può togliere in qualsiasi momento dalle mani dell’autore. Purtroppo, in Parlamento non ci sono architetti ma tanti avvocati che stranamente scrivono leggi illeggibili e norme esclusive che possano permettere alle società di ingegneria di continuare a fare il bello e il cattivo tempo a loro piacimento.
 

Huizinga ha insegnato come il Rinascimento sia stato il più importante “cambiamento di marea” che la storia registri: una lunga serie di onde che si infrangono sulla spiaggia. “Ciascuna si frange a una distanza diversa e in un momento diverso, in una sequela affannosa dove tutti si accalcano in avanti”. L’immagine risulta particolarmente atta a descrivere il Pnrr oggi: una marea epocale è in arrivo e nessuno alza la bandiera rossa nonostante la battigia sia affollata come mai. Nessuno capisce che le linee di demarcazione tra vecchio e nuovo passano per punti sempre diversi e che la trasformazione di una civiltà non interessa mai il complesso della civiltà, ma solo alcuni suoi momenti.

Paolo Conrad Bercah, architetto Politecnico di Milano

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