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L'analisi

La stretta della Bce continua

Mariarosaria Marchesano

Philip Lane e Isabel Schnabel annunciano un nuovo rialzo dei tassi, anche se la sua entità dipenderà dai dati macro. L'Eurotower preoccupata dall’inflazione di fondo 

La Bce guidata da Christine Lagarde sta nuovamente spostando la sua attenzione sulla lotta all’inflazione e quindi è molto probabile che nella prossima riunione del 4 maggio ci sarà un nuovo aumento dei tassi compreso tra lo 0,25 e lo 0,50 per cento. Le dichiarazioni di questi giorni del capo economista dell’Eurotower, Philip Lane, dei governatori delle banche centrali belga e francese, Pierre Wunsh e François Villeroy de Galhau, e soprattutto l’ampia intervista rilasciata a Politico da Isabel Schnabel, membro del comitato esecutivo della Bce, non lasciano spazio a dubbi: la stretta monetaria deve continuare, anche se la sua entità dipenderà dai dati macro, ha tenuto a precisare Schnabel. 

 

Questo approccio si basa sul convincimento che le preoccupazioni per la stabilità finanziaria si stanno attenuando mentre quelli per l’inflazione aumentano, soprattutto per la resistenza della componente di fondo. Proprio ieri, però, i titoli delle banche europee sono stati colpiti da una pioggia di vendite a causa dei timori che la crisi della banca americana First Repubblic possa precipitare innescando una nuova fuga dai depositi (ieri in apertura di Wall Street il titolo dell’istituto crollava del 27 per cento). E dopo le parole di Andrea Enria, capo della Vigilanza della Bce, che ha cercato di rassicurare gli investitori dicendo che il rialzo dei tassi in realtà sostiene gli utili delle banche, le perdite del settore sulle borse europee si sono solo in parte attenuate. Ma a meno che nei prossimi giorni non dovessero verificarsi nuove turbolenze sui mercati finanziari, la Bce terrà la barra a dritta sulla lotta all’inflazione, obiettivo che potrebbe rivelarsi più difficile del previsto da raggiungere, come qualcuno ha già evidenziato. 

 

Un’analisi del centro studi di Mediobanca, per esempio, dice: “Abbiamo notato che la reattività del tasso d’inflazione all’inasprimento della politica monetaria da parte delle banche centrali mostra una certa inefficacia di questo strumento anche due anni dopo l’inizio del ciclo d’inasprimento”. E’ così? Il timore che lo sia, evidentemente, esiste se il capo economista Lane si è affrettato a precisare al quotidiano francese Le Monde: “Non credo che ci troviamo in una situazione in stile anni Settanta, quando l’inflazione divenne vischiosa”. Proprio per evitare di finire in una posizione del genere è importante, secondo Lane, che la Bce alzi i tassi d’interesse garantendo così che il livello d’inflazione ritorni al 2 per cento “in modo tempestivo”. Anche Schnabel si è soffermata su questo aspetto dicendo che “stiamo assistendo a un cambiamento nei driver dell’inflazione”, che è iniziata con gli choc dal lato dell’offerta – strozzature della catena del valore globale e aumenti del prezzo dell’energia dovuto alla guerra in Ucraina – che ora stanno svanendo, ma allo stesso tempo la spinta ai prezzi dal lato della domanda sta acquisendo forza: l’economia dell’Eurozona si sta mostrando resiliente, la produzione industriale è in espansione e il settore dei servizi si sta riprendendo abbastanza rapidamente e così anche la crescita dei salari. Considerando tutto questo, è decisamente troppo presto, secondo l’economista tedesca, per dichiarare vittoria sull’inflazione. 

 

Poi c’è la questione del picco della componente di fondo che continua a sorprendere al rialzo. Quello che si domandano in molti è se abbia già raggiunto il suo massimo livello. Su questo Schnabel ammette che non c’è certezza: è possibile che il picco possa essere raggiunto nei prossimi mesi, “ma non è chiaro se accadrà molto presto”. La questione sta diventando sempre più centrale ora che c’è anche l’incognita della ripresa cinese e di come impatterà sulle prospettive di inflazione dell’Eurozona, area in cui, come fa notare un’analisi di Algebris Investments, i dati di aprile rivelano un fattore dei servizi forte ma un settore manifatturiero in contrazione. “Nel complesso, emerge un quadro di rallentamento economico e di un’inflazione più contenuta, ma non di una recessione – osserva Algebris –. Di conseguenza, riteniamo che la Fed e la Bce rispetteranno gli ultimi rialzi promessi ai mercati, ma non di più. Riteniamo probabili tassi terminali del 5 per cento e del 3,5 per cento, con una prolungata attesa (e senza ribassi) a seguire”. Una visione ottimistica che è condivisa da altri analisti finanziari come Matteo Ramenghi di Ubs WM Italia, il quale si attende addirittura un primo taglio dei tassi entro la fine di quest’anno, ma che le recenti uscite dei banchieri centrali europei non sembrano voler alimentare.