in parlamento
La doppia ipocrisia di Schlein sui Sussidi ambientalmente dannosi
Con due emendamenti al decreto Assunzioni il Pd propone il taglio del 10 per cento dei Sad per finanziare stipendi e il reclutamento di nuovo personale. Ma la segretaria e gli altri firmatari dovrebbero prima fare chiarezza
Il Partito democratico propone, attraverso due emendamenti al decreto assunzioni, di trovare due miliardi per il rinnovo dei contratti pubblici e il reclutamento di nuovo personale attraverso il taglio del 10 per cento dei Sussidi ambientalmente dannosi (Sad). Non si tratta dell’iniziativa personale di qualche peone: gli emendamenti portano le firme della segretaria Elly Schlein, della capogruppo Chiara Braga, della vice Simona Bonafé e del coordinatore di Articolo Uno Arturo Scotto.
E’ sorprendente che nessuno di loro si sia interrogato sul contenuto reale della proposta. I sussidi ambientalmente dannosi sono censiti periodicamente dal ministero dell’Ambiente. L’ultima edizione del catalogo risale all’anno scorso ed è aggiornata al 2020, quando il peso dei Sad era stimato in circa 21 miliardi di euro. Per Sad si intende qualunque elemento del sistema fiscale che abbia come effetto quello di incentivare condotte potenzialmente dannose per l’ambiente: non solo sussidi in senso stretto, ma in grandissima parte di sgravi fiscali a favore di gruppi particolari o dei consumatori in generale. E’ importante sottolinearlo perché – come ha scritto ieri la Staffetta Quotidiana – qui “non si tratta di ridurre le uscite ma di aumentare le entrate”. Magari è giusto così, ma bisogna esserne consapevoli e dirlo chiaramente.
Dei 61 Sad censiti nel 2020, la gran parte del gettito è racchiusa in una mezza dozzina di voci: l’aliquota Iva del 4 per cento sull’acquisto di prima casa (2 miliardi) e di altre case di residenza (4,2 miliardi), l’Iva al 10 per cento sui consumi domestici di energia elettrica e gas e l’esenzione dall’accisa sulla luce (2,7 miliardi), il fatto che l’accisa sul gasolio è di circa 11 centesimi inferiore a quella sulle benzina (2,6 miliardi), gli sconti ad autotrasportatori e agricoltori (2 miliardi), il credito d’imposta per l’acquisto di beni strumentali nel Mezzogiorno (1,3 miliardi). Quali di questi “sussidi” il Pd propone di ridurre – cioè su quali di queste categorie o comportamenti intende alzare le imposte? Gli emendamenti non lo dicono, limitandosi a fare riferimento a una riduzione del 10 per cento. Ma se anche fosse un taglio lineare, significherebbe aumenti generalizzati. Forse giustificati, forse no: per esempio gli sgravi per autotrasportatori e agricoltori andrebbero ripensati, mentre non si capisce come il Pd possa pensare di promuovere auto elettriche e pompe di calore raddoppiando l’Iva e applicando l’accisa. Ma in linea generale queste proposte fiscali andrebbero comunicate in maniera più esplicita. Un conto è proporre di aumentare le risorse per il pubblico impiego tagliando generici “sussidi ambientalmente dannosi”, un altro alzare ulteriormente le accise sui carburanti o le tasse sull’acquisto di una nuova prima casa.
Perché il punto è questo. Al fondo di queste proposte del Pd, come di altri partiti, c’è una doppia ipocrisia. La prima è che ormai invocare il “taglio dei sussidi ambientalmente dannosi” è diventato un sinonimo di “taglio agli sprechi” e “lotta all’evasione fiscale”: formule generiche che in realtà nascondono l’assenza di coperture.
La seconda, e forse più grave, ipocrisia è che il Pd di Elly Schlein predica lo spostamento del carico fiscale dal lavoro alle “emissioni climalteranti”, ma poi nella pratica si batte per l’esatto contrario. Infatti, gran parte delle misure emergenziali contro il caro energia introdotte da Mario Draghi (col supporto del Pd) e poi parzialmente eliminate dal governo Meloni (con l’opposizione del Pd) dopo il miglioramento della crisi energetica sono esattamente “sussidi ambientalmente dannosi”. Solo qualche mese fa il responsabile economico del Pd, il senatore Antonio Misiani, attaccava duramente la premier Giorgia Meloni e il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti per la sacrosanta decisione di non rinnovare lo sconto sulle accise su benzina e gasolio, che costavano quasi 1 miliardo al mese. Come si può allora chiedere, contemporaneamente, di alzare le accise sul gasolio di 11 centesimi (come vorrebbe il catalogo sventolato da Schlein) e di mantenerle di 25 centesimi al di sotto del livello ordinario (come pretendeva il responsabile economico di Schlein)? Non si possono tagliare le tasse aumentandole. Se il Pd ritiene che vadano alzate per tutti o per qualcuno – ed è una posizione rispettabile e tutt’altro che isolata – dovrebbe avere il coraggio di dirlo, senza nascondersi dietro battaglie populiste come quella sul taglio delle accise.
sindacati a palazzo chigi