La lettera
Governare le politiche attive sul lavoro, senza pregiudizi. Si può. Orlando risponde a Giannino
Il deputato del Pd e ex ministro del Lavoro scrive al Foglio per chiarire la situazione Anpal: "Quando mi sono insediato ho trovato Anpal in uno stato di collasso organizzativo"
Al direttore - Noto che il suo giornale negli ultimi giorni si è occupato di me e delle riforme fatte o avviate nella mia esperienza al ministero del Lavoro lo scorso governo. Devo confessare una cosa, però, su cui sono stato colto in fragrante: si è vero, ammetto di essermi sempre battuto per estendere le tutele a tutti i lavoratori, a tutti indipendentemente da tipologie contrattuali e soglie dimensionali del datore con la riforma degli ammortizzatori sociali e ai lavoratori digitali con la ratifica di una direttiva europea sulla trasparenza dell'algoritmo (ora cancellata dalla destra “sociale” del governo Meloni) e con il lavoro in UE sulle piattaforme digitali il cui lavoro mi auguro non si voglia buttare a mare. Mi sono poi speso con altri ministri dell’Unione affinché si prevedesse una tutela per i lavoratori digitali equiparando la loro condizione e quindi le loro tutele a quelle dei lavoratori dipendenti quando vi sono sintomi evidenti del fatto che il loro lavoro è tutt’altro che autonomo. Quindi ammetto di non cogliere il particolare grado di libertà (se non per le imprese digitali) per il lavoratore che a vostro avviso si desume dall’assenza di tutele per il lavoratore. Non corrisponde, invece per nulla al vero ciò da voi scritto in ordine ad Anpal. Senza entrare nel merito del fatto che creare un’Agenzia Nazionale per le politiche attive del lavoro e ora chiuderla non sembra sia una idea proprio brillante, ci tengo a chiarire alcuni aspetti citati da Oscar Giannino nel suo articolo sul vostro giornale con superficialità e una certa approssimazione pregiudiziale. Anpal venne istituita nel 2015 facendo un collage di diversi uffici pubblici e con un enorme limite: non venne prevista la selezione e l’assunzione di professionalità specifiche, ne’ una dotazione organizzativa adeguata, anzi la norma istitutiva prevedeva espressamente che la nuova Agenzia dovesse nascere a costo zero; in pratica i Presidenti che si sono succeduti a guidarla, e con loro i dipendenti transitati in Anpal, si sono trovati in questi anni a dover fare le nozze coi fichi secchi.
Quando mi sono insediato al ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ho trovato Anpal in uno stato di collasso organizzativo, e questo ben al di là delle vicende che arrivavano a interessare i media e il dibattito politico, la breve durata del mio mandato ministeriale, con la scadenza di legislatura alle porte, non consentiva di avviare profonde trasformazioni, quindi ho optato per fare tutto il possibile per fare funzionare Anpal al meglio. Per questo ho provveduto a commissariare l’Agenzia, a riformarne lo statuto (ironicamente: il governo di cui facevo parte non ha completato l’iter di approvazione del nuovo statuto, il governo in carica mentre chiude Anpal ha inviato al Parlamento il nuovo statuto che noi avevamo predisposto) e soprattutto sono stato il primo e unico ministro in poco meno di un decennio di vita di Anpal a far autorizzare normativamente la possibilità di assunzioni, prevedendo l’innesto di 43 persone. Ho trovato un’Anpal fuori controllo, in cui non si era in grado di mandare in pensione i dipendenti che ne avessero maturato il diritto, vi era una pressoché totale carenza di funzionari cioè di quelle figure indispensabili per portare avanti il lavoro di qualsiasi ente pubblico, vi era uno sfratto pendente sulla sede e nessuna localizzazione alternativa era stata nemmeno ipotizzata. Figuriamoci assolvere alla propria missione istituzionale; e non certo per colpa delle persone che vi lavorano e che anzi negli anni hanno supplito a carenze di impostazione, di organizzazione e di risorse; pur con un continuo esodo verso altre amministrazioni, dovuto alle condizioni di frustrazione in cui si lavorava in Anpal. Se non avessimo impostato questo lavoro di rafforzamento, e senza l’impegno del commissario Tangorra e del personale di Anpal, non saremmo stati in grado di ottenere quel finanziamento di 4miliardi previsto dal Pnrr di cui parla Giannino e che ha raggiunto tutti i milestone e i target e che sicuramente avrebbe bisogno di maggior controllo su qualità e obiettivi, così come di integrazione col privato. Ma a proposito di questo Giannino fa l’errore, che sempre i liberarli fanno quando si parla di Anpal e politiche attive, di ignorare i dati di realtà: le politiche attive del lavoro non si possono purtroppo governare unitariamente nel nostro Paese, ma sono costituzionalmente parcellizzate tra Regioni e Provincie Autonome, con impostazioni anche diverse e tutti i tentativi di riportarle ad unità sono falliti nel 2016, facendo di fatto nascere Anpal monca dal punto di vista del mandato istituzionale. Anpal ha svolto un ruolo di coordinamento, non potendo fare di più, gli stessi limiti troverà anche un volta rientrata dentro il ministero.
Andrea Orlando ex ministro del Lavoro