L'intervista
La crescita dell'Italia passa anche per il lusso. Come sostenerlo? Idee
“In Italia c’è una ripresa fortissima degli eventi, siamo praticamente travolti”, ci dice il presidente di Confindustria toscana, Stefano Gabbrielli. La forza del settore dei servizi e la resilienza del terziario, fondamentale per l’economia italiana
“In Italia c’è una ripresa fortissima del lusso e degli eventi, siamo praticamente travolti”. Stefano Gabbrielli, presidente di Confindustria toscana per le piccole e medie imprese e vice presidente nazionale Assowedding and luxury events, è soddisfatto ma anche rammaricato. “Lo dicevo durante la pandemia – quando noi imprenditori del settore eravamo praticamente fermi con perdite del 90 per cento del fatturato – che la ripresa ci avrebbe colti di sorpresa e così è stato. I grandi brand continuano a pianificare investimenti nel nostro paese e il paradosso è che l’offerta non riesce soddisfare tutta la domanda. Io stesso ho aumentato del 30 per cento la forza lavoro della mia azienda”. Ma questo non è un bene? “Certo, che lo è. C’è il rischio, però, che non riusciamo a stare dietro a questa ripresa che sta facendo tanto bene al pil del nostro paese”. In effetti, se si guardano i dati macro si capisce che la resilienza economica dell’Italia, nonostante l’aumento dei tassi d’interesse, è dovuta soprattutto al settore dei servizi e del terziario, mentre la manifattura sta cominciando a rallentare. È un continuo di sfilate, vernissage, grandi eventi, in Toscana poi, dove il polo del lusso si sta sempre più consolidando, è un via vai di imprenditori esteri, sintetizza Gabbrielli, alla ricerca di location per manifestazioni ma anche della manualità e del saper fare dei produttori locali.
E negli alberghi come va? “Rispetto al periodo pandemia, quindi al 2019, la crescita delle presenze nelle strutture a cinque stelle e di pregio è aumentata del 30 per cento – prosegue l’imprenditore – Sono ricominciati i viaggi dei cinesi in Italia che fanno shopping nei negozi di lusso, ma stanno venendo soprattutto americani facoltosi: più si sale di categoria, più i posti vanno esauriti negli alberghi. E questo un po’ in tutte le località turistiche esclusive d’Italia”. Anche i russi? “Quelli non se ne sono mai andati, nel senso che coloro che vivevano fuori dal paese quand’è scoppiata la guerra in Ucraina hanno continuato la loro vita agiata, quando potevano farlo”. Insomma, è una grande ripresa che, però, sembra privilegiare un turismo d’élite, che non avverte né l’impatto dell’inflazione né il rallentamento economico. Ma questo tipo di domanda di servizi e di beni ha una ricaduta sul territorio e occupazione inferiore alle sue potenzialità a causa della scarsità di offerta. Non è così? “Il periodo pandemico ha fatto una certa pulizia di operatori che non stavano tanto bene in salute. Chi ha resistito oggi viene premiato, ma si potrebbe fare di più se ci fossero condizioni che stimolino le imprese a fare nuove assunzioni”.
Ma non ha detto che la domanda è straripante? “Lo è ma, il nodo del cuneo fiscale è stato affrontato sono in minima parte dal governo. Non si capisce perché a un’azienda un lavoratore costi più del doppio di quanto lui riceve in busta paga. Di questo dobbiamo parlare”. Veramente, i sindacati pongono il problema del salario minimo per stimolare soprattutto l’occupazione giovanile: lei cosa ne pensa? “Sono perfettamente d’accordo, ma andrebbe rivisto il quadro d’insieme: se un dipendente prende poco più di 9 euro all’ora in busta paga, perché a me imprenditore ne costa 22? Aumentare a loro remunerazione è giustissimo, come lo è contenere ulteriormente il cuneo”. Il settore del lusso vive soprattutto di iniziativa privata ed è toccato solo in parte dal Pnrr e dalla realizzazione di opere che con il nuovo codice degli appalti dovrebbero accelerare. Come giudica le polemiche scoppiate su sicurezza e legalità? “Bene la semplificazione, ma se si riducono le maglie dei controlli da cento a tre, quelle tre devono funzionare. E’ importante preservare condizioni di concorrenza e sicurezza per il bene di tutti”.
Insomma, è una riforma amica delle imprese? “Direi, nel complesso di sì. Anche perché è vero che il lusso è poco legato al Pnrr, ma è connesso invece al manifatturiero e risente dei contraccolpi negativi a cui questo è esposto”. Con l’aumento dei tassi d’interesse stanno peggiorando le condizioni di accesso al credito in tutta Europa. Come stanno reagendo le imprese italiane? “Per ora bene, ma qui bisogna fare un discorso più complessivo a livello di politica economica che coinvolge il sistema produttivo nel suo complesso: l’Europa sta facendo delle scelte, e parlo di quelle sui carburanti, che assecondano le posizioni della Germania. Ma io tanti dubbi su questo. Se andiamo in modo così deciso verso l’elettrico senza considerare altre possibili alternative, ci andiamo a mettere completamente nelle mani della Cina, esattamente com’è accaduto con il gas per il quale eravamo dipendenti dalla Russia”.