Golden reputation
Perché la scelta su Pirelli è un doppio test per Meloni: geopolitico e industriale
Palazzo Chigi, dopo le audizioni di ieri, ha in mano tutti gli elementi per valutare bene il suo intervento sulle quote del gruppo cinese Sinochem nella multinazionale milanese. Anche l’Ue sta a guardare: entro dieci giorni la bozza
Presso l’Ufficio attività propedeutiche per l’esercizio della Golden Power, incardinato nel Dipartimento coordinamento attività amministrative della Presidenza del Consiglio, sono avvenute ieri le audizioni di Pirelli e della Camfin, per la quale è intervenuto Marco Tronchetti Provera. I cinesi di Sinochem erano già stati in precedenza interpellati e ascoltati dall’Ufficio, guidato da Bernardo Argiolas. A questo punto, tutti gli elementi sono a disposizione di palazzo Chigi per valutare come mirare bene l’intervento di golden share in Pirelli. Entro una decina di giorni gli uffici stenderanno una relazione e una bozza di misura, dopo averne fatto valutare da giuristi la piena conformità a tutte le modifiche intervenute alla legge istitutiva dei poteri speciali del governo sulle società pubbliche e private, che risale a 11 anni fa. A quel punto, il Dpcm di Palazzo Chigi è atteso entro il 23 giugno, per consentire entro fine mese l’assemblea di Pirelli che, in attesa del governo, era stato intanto sospesa.
Chi segue da vicino il caso Pirelli-Sinochem sottolinea che l’esercizio del golden power ricade appieno sia nella fattispecie generale prevista e approvata dalla Ue, cioè in riferimento ad operazioni in società nazionali da parte di soggetti extra Ue che possano determinare un grave pregiudizio sia alla società in cui intervengono sia a interessi pubblici in riferimento all’attività della società stessa. In più, nel caso specifico Pirelli si ricade anche nell’estensione dei poteri di golden power varati nel 2016, quando ai settori iniziali di imprese operanti nel settore di sicurezza e difesa si aggiunsero non solo quelle operanti nella comunicazione e tlc, trasporti ed energia, ma anche in tutti i settori definiti “ad alta intensità tecnologica”. Le richieste di Sinochem in Pirelli sono diventate sempre più pressanti anche e proprio nel campo delle tecnologie avanzate, quelle che hanno determinato negli anni la leadership Pirelli negli pneumatici “high performance”. Mentre l’accordo Camfin-Sinochem negoziato nel 2015 prevedeva che tutti i dati di ricerca e sviluppo delle tecnologie Cyber Tire restassero nella Pirelli Italiana, ora i cinesi vogliono piena condivisione e migrazione sui loro server di tutto ciò che riguarda la nuova frontiera dei sensori digitali sviluppati dal progetto Adas condiviso tra Pirelli e Politecnico di Milano. Una sensoristica che, da rilevazioni ordinarie di sicurezza su pressioni, grip e deterioramento degli pneumatici condivisa con le centraline elettroniche degli autoveicoli, è passata all’aggancio sul pneumatico dei segnali elettro digitali che consentano un domani la guida indipendente del veicolo in corsie attrezzate autostradali e urbane.
Tecnologie obiettivamente che ingolosiscono i cinesi non solo a scopi civili. E richieste che spiegano perché, dopo la svolta impressa da Xi all’economia cinese – ricentrarsi su sé stessi, sottoporre a disciplina e controllo del partito tutte le maggiori società cinesi come quelle estere partecipate da gruppi e capitali cinesi – i patti pienamente rispettati da Sinochem nei primi anni in Pirelli abbiano cominciato a scricchiolare sempre di più. Come già detto, non solo gli Usa considererebbero a tutti gli effetti cinese una Pirelli in cui Sinochem si attribuisse tutti i poteri di nomina interna, condivisione di headquarters e tecnologie, gestione ordinaria e straordinaria. Anche l’Unione Europea potrebbe presto allinearsi a tale valutazione. Sarebbe un disastro esporre a dazi ritorsivi Pirelli, che in questi anni ha macinato crescita globale di fatturato e utili.
Non resta dunque che attendere che cosa deciderà il governo. Gli interventi, ripete sempre la Ue, devono essere congrui cioè ben giustificati, e proporzionati cioè non tali da risultare iniquamente invasivi verso legittimi interessi di mercato, né lesivi della concorrenza. Difficile immaginare un intervento che sterilizzi né in tutto né in parti significative i diritti di voto di Sinochem. Ma, in coerenza ai poteri espliciti di intervento su quote azionarie di soggetti stranieri nelle società italiane, è possibile immaginar un intervento di invito pressante ridurre in Pirelli le quote cinesi, senza che ciò giustifichi la necessità di far entrare in Pirelli capitali pubblici di alcun tipo, neanche della Cdp. Camfin, Unicredit, Intesa, Gruppo Brembo e Long March sono già pronti a rafforzare le proprie quote, estendendo anche l’azionariato a gruppi italiani e fondi d’investimento liberi da sospette interferenze di potenze autoritarie. Si tratta solo di non sbagliare l’intervento, e di essere al contempo però decisi: una mezza misura che allunghi i tempi per sciogliere i nodi in Pirelli sarebbe solo a detrimento dell’azienda.