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Numeri e prospettive

Addio “zero virgola”, siamo primi nella crescita. E' il modello Italia

Marco Fortis

Dopo aver brillato nel 2021 e nel 2022, la nostra economia sorprende anche nei primi tre mesi del 2023: più 1,9 per cento rispetto al primo trimestre dello scorso anno. La migliore per crescita tra le prime sei economie avanzate, sia su base congiunturale sia su base tendenziale

Dopo aver brillato nel 2021 e nel 2022, l’Italia ha sorpreso tutti anche nei primi tre mesi del 2023. La nostra economia, infatti, risulta cresciuta dell’1,9 per cento su base tendenziale rispetto al primo trimestre dello scorso anno. Ciò grazie ai positivi secondo e terzo trimestre del 2022 (rispettivamente, più 1 e più 0,4 per cento gli incrementi congiunturali sui trimestri precedenti) e grazie anche a un brillante primo trimestre 2023 (più 0,6 per cento), dopo la temporanea piccola battuta d’arresto del quarto trimestre 2022 (meno 0,1 per cento). Nel primo trimestre del 2023 l’Italia è stata in assoluto la migliore per crescita tra le prime sei economie avanzate, sia su base congiunturale sia su base tendenziale, come mostra la tabella in basso. Sui 12 mesi, in particolare, ha preceduto, nell’ordine, Stati Uniti (più 1,6 per cento), Giappone (più 1,3 per cento), Francia (più 0,9 per cento), Regno Unito (più 0,2 per cento), mentre la Germania è sprofondata in recessione (meno 0,5 per cento).

 

 

Quali sono le ragioni di questo piccolo nuovo “miracolo” economico italiano che dura ormai dall’inizio del governo Draghi? In estrema sintesi, si può dire che nel 2021 sono state la reattività e la competitività della nostra manifattura a tirarci fuori dalla crisi del Covid-19. Poi nel 2022-2023 è stata (e continuerà ad essere) la crescita dei servizi a spingere l’economia del nostro paese.

L’industria italiana, dopo la forte crescita del 2021, ha mantenuto le posizioni conseguite nel difficile 2022 scosso dalla guerra in Ucraina, dall’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime e di quello dei tassi di interesse. Mentre il modello tedesco appare ormai giunto al capolinea, dopo aver puntato tutto sui grandi gruppi, sui grandi settori, sul gas di Putin e sulla Cina, il modello italiano delle imprese medie e medio-grandi, dei distretti, delle filiere corte e dell’export più differenziato al mondo è oggi quello vincente e più ammirato.

 

Gli investimenti tecnici hanno trainato dal 2016-2017 in poi l’ammodernamento della nostra manifattura, grazie al piano Industria 4.0, e oggi la quota dell’Italia degli investimenti in macchinari sul pil è ormai più alta di quella della Germania. Tra le sei maggiori economie avanzate l’Italia ha mantenuto la testa della classifica della crescita tendenziale degli investimenti fissi lordi totali anche nel primo trimestre del 2023 (più 3,3 per cento). I nostri investimenti in macchinari e mezzi di trasporto, in particolare, sono cresciuti del 6,2 per cento in un anno. Quelli nei soli macchinari (escludendo cioè i mezzi di trasporto) sono leggermente diminuiti rispetto al quarto trimestre 2022 ma hanno comunque fatto registrare il secondo più alto livello trimestrale mai raggiunto nella storia.

 

L’Italia ha anche compiuto il miracolo di battere l’inflazione. Merito di Draghi, che ha agito con tempestività contro il caro energia e con aiuti alle fasce più deboli, ma pure del governo Meloni, che ne ha adottato la ricetta e ha continuato ad applicarla conferendole la priorità. Altro fatto decisivo è stata la crescita degli occupati (più 422 mila unità in un anno secondo i dati destagionalizzati di contabilità nazionale), fattore che a sua volta ha accresciuto il reddito disponibile. Sta di fatto che, se guardiamo alla dinamica dei consumi privati (famiglie più istituzioni non profit), quella dell’Italia risulta oggi clamorosamente in controtendenza. Infatti, considerando le variazioni tendenziali su 12 mesi, osserviamo che nel primo trimestre 2023 i consumi privati nel nostro paese risultano addirittura del 3,4 per cento più alti rispetto allo stesso trimestre di un anno fa. Molto staccati seguono i consumi di Giappone (più 2,5 per cento) e Stati Uniti (più 2,3 per cento), che a loro volta precedono quelli quasi piatti di Regno Unito (più 0,3 per cento) e Francia (più 0,1 per cento), mentre i consumi tedeschi sono nettamente in calo (meno 1,5 per cento).

 

Considerando i soli consumi delle famiglie italiane (escludendo cioè le istituzioni non profit), essi sono aumentati in un anno del 3,1 per cento, trainati principalmente dai consumi di beni durevoli (più 6,5 per cento) e di servizi (più 6,2 per cento), mentre la dinamica dei consumi non durevoli e semi-durevoli è risultata più piatta (meno 1,6 per cento e più 0,2 per cento, rispettivamente). La spesa degli stranieri non residenti sul territorio italiano è aumentata dell’11,2 per cento. La Germania, in confronto, mostra un quadro deprimente. I consumi complessivi delle famiglie tedesche sono calati negli ultimi dodici mesi del 2 per cento, con un autentico crollo della spesa per i beni durevoli (meno 7,3 per cento) e non durevoli (meno 7,2 per cento). Se confrontiamo i consumi complessivi pro capite, quelli italiani sono aumentati del 3,8 per cento dal primo trimestre 2022 al primo trimestre 2023, mentre quelli tedeschi nello stesso periodo sono calati del 2,6 per cento.

Sembrano davvero lontani i tempi in cui il nostro pil aumentava dello zero virgola, la spesa degli italiani era stagnante e gli investimenti stentavano. Da ultimi per crescita siamo oggi diventati i primi.

 

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