Lo scontro a Mosca
Nazionalizzare o privatizzare? Così la Russia si divide sull'economia
Mentre è in corso il Forum di San Pietroburgo, la cerchia di Putin si spacca fra chi vuole rilanciare l’iniziativa privata e chi pensa che debba aumentare il controllo del Cremlino. Resta l’incognita sul futuro delle aziende occidentali
Il Forum economico di San Pietroburgo, lo Spief, è stato per anni il principale appuntamento per politici e investitori interessati a intensificare le relazioni commerciali con la Russia. Era la Davos di Vladimir Putin. In questi giorni, tra il disinteresse generale, sta avendo luogo la 26sima edizione – la seconda dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina – dove a essere messe in mostra sono il crescente isolamento della Russia e le preoccupazioni per il futuro dell’economia. In uno dei suoi interventi, la governatrice della Banca centrale russa Elvira Nabiullina ha sottolineato che la tentazione di “gestire” a livello governativo la ristrutturazione dell’economia può portare di fatto alla “soppressione dell’iniziativa privata” e al “ripristino dell’economia pianificata” nell’ipotesi più estrema. “Può sembrare impossibile” ha detto Nabiullina, “ma per arrivarci è sufficiente che lo stato concentri su di se il diritto di decidere quali industrie e quali progetti sviluppare, e dove indirizzare le risorse finanziarie”. Nabiullina contestava le affermazioni del ministro dello Sviluppo economico Maxim Reshetnikov, il quale sosteneva che lo scenario negativo per l’economia è stato evitato grazie alle iniezioni di spesa pubblica. Secondo la governatrice della Banca centrale, invece, a permettere il successo dell’adeguamento strutturale dell’economia è stata la capacità di adattamento delle imprese private, che devono restare libere di decidere autonomamente i propri investimenti.
Definire come un successo il cosiddetto “adeguamento strutturale dell’economia russa” è un’affermazione discutibile, ma al di là di questo, il dibattito tra il ministro dello Sviluppo economico e la banchiera centrale è uno spaccato del conflitto crescente nelle élite russe sul destino del sistema economico di quello che ora è uno dei paesi più sanzionati del mondo. Nabiullina fa parte del gruppo, una volta definito dei tecnici “liberali”, che sostiene che la Russia deve evitare di tendere verso l’economia pianificata e, al contrario, fare delle privatizzazioni per rilanciare l’iniziativa privata. Altri invece ritengono che, pur senza escludere alcune privatizzazioni, debba essere aumentato il potere di controllo e indirizzo da parte del Cremlino.
Tra le discussioni delle élite russe ci sono anche le aziende occidentali rimaste in Russia, che rischiano di vedersi sequestrare i propri beni per rendergli impossibile uscire dal paese limitando le perdite, o addirittura di essere sostanzialmente costrette a delle nazionalizzazioni forzate. Secondo le fonti del Financial Times, il team economico di Vladimir Putin vuole attribuirsi il potere di minacciare di esproprio le aziende occidentali che non rispettano le regole del Cremlino. Il decreto, firmato la scorsa settimana, darebbe allo stato russo il diritto prioritario di acquistare qualsiasi asset occidentale in vendita con uno “sconto significativo” in modo che possa essere rivenduto con profitto. Dmitri Peskov, il portavoce di Putin, ha detto al Financial Times che “se un’azienda non adempie ai propri obblighi diciamo addio a quell’azienda, e quello che facciamo con sue risorse diventa affar nostro”.
Il cerchio stretto di Putin discute di nazionalizzare le aziende occidentali fin dall’introduzione delle prime sanzioni, ma finora ha usato questi poteri solo in parte e raramente. Se iniziasse un’ondata di nazionalizzazioni “punitive”, si aprirebbe un vaso di Pandora che porterebbe a una fuga di aziende e capitali, e all’aumento del controllo del Cremlino sull’economia. Nabiullina è tra quelli che vogliono limitare l’esodo di aziende e capitali occidentali dalla Russia perché oltre a danneggiare l’economia, ciò indebolirebbe il rublo e limiterebbe le opzioni per gli investitori russi. Ma il ministro delle Finanze Anton Siluanov sostiene le nazionalizzazioni delle aziende occidentali come un modo per portare entrate per il bilancio. Espropriare le aziende occidentali o “disciplinarle” imponendo loro dei soci russi potrebbe essere un modo per mettere d’accordo le élite russe: lo stato nazionalizza a prezzi stracciati, l’oligarca compra dando sollievo alle casse della Federazione Russa provata dalle spese di guerra, e la spartizione del potere e di ciò che rimane dell’economia russa potrà continuare indisturbata. Anche perché a quel punto saranno davvero pochi gli stranieri, non solo occidentali, disposti a investire grossi capitali nell’economia russa.