(foto Ansa)

Polizze e politica

Così Btp e assicurazioni sono entrate in competizione sul risparmio

Mariarosaria Marchesano

La crisi di Eurovita può diventare la punta dell’iceberg del malessere nel mondo assicurativo, che patisce l’aumento dei tassi d’interesse. A meno che l’offerta non migliori in contrasto al governo che punta a internalizzare il debito

Forse è stato un po’ troppo ottimista il ministro delle Imprese Adolfo Urso nel dire lunedì che la soluzione per la crisi di Eurovita “è attesa ad ore”. In realtà, le cinque compagnie coinvolte nel salvataggio (Intesa Vita, Poste Vita, Generali, Unipol e Allianz) sono ancora sedute intorno al tavolo con il commissario straordinario e l’Ivass per definire i particolari dell’aumento di capitale necessario in assenza di un fondo di garanzia. E, a quanto risulta, non si tratterebbe di dettagli. Comunque, si è alla stretta finale e non ci vuole molto per capire perché su questo caso sia elevata l’attenzione anche da parte del governo: in ballo non ci sono solo le polizze vita di 350 mila clienti (che si stanno vedendo prorogare il blocco dei riscatti fino a settembre), ma la reputazione dell’intero settore che si interfaccia direttamente con il risparmio.

 

Quello che sta diventando sempre più chiaro è che la crisi di Eurovita potrebbe essere la punta dell’iceberg di un malessere diffuso nel mondo assicurativo, per la precisione nel comparto vita, che patisce l’aumento dei tassi d’interesse (il 2022 si è chiuso con un rosso di 400 milioni di euro a fronte di utili per 4,3 miliardi nell’anno precedente e sei delle 13 ispezioni condotte dall’Ivass sui profili di vigilanza prudenziale si sono concluse con giudizi sfavorevoli). Perché questo succede lo ha spiegato in modo chiaro il presidente dell’Ivass, Luigi Federico Signorini, nella relazione annuale: se tutti gli assicurati detengono la polizza fino a scadenza, non vi sono rischi né per loro né per le compagnie. Se però le polizze consentono riscatti anticipati a valori predeterminati, possono cominciare gli squilibri. Può sembrare un tecnicismo ma non lo è perché, come spiega al Foglio Marcello Rubiu, amministratore della società di consulenza finanziaria indipendente NoRisk, “un numero crescente di richieste di riscatto anticipato di prodotti classici di risparmio come le polizze vita, ma lo stesso vale anche per fondi di investimento, è la dimostrazione che sul mercato esistono alternative più attraenti, come i titoli di stato”. Insomma, il ritorno dei “Bot people” mette in difficoltà non solo le assicurazioni ma anche i gestori di fondi comuni d’investimento che a maggio, per esempio, hanno registrato deflussi per 8 miliardi. Che fine hanno fatto questi soldi?

 

“Sempre più italiani stanno approfittando delle emissioni del Mef, alcune delle quali indicizzate all’inflazione, per investire la liquidità che sui conti correnti non viene remunerata dalle banche”. E spesso non si limitano a questo, dice Rubiu, perché basta un rapido check per capire che i rendimenti attuali del debito pubblico italiano sono più elevati di tanti prodotti di risparmio gestito concepiti nell’epoca dei tassi a zero. “Non è un caso che anche le società che gestiscono fondi d’investimento abbiano fortemente incrementato la percentuale di titoli di stato nei portafogli della clientela. Solo che a quel punto il risparmiatore si domanda perché debba rivolgersi a un intermediario se può acquistare i Btp direttamente e senza pagare commissioni”. Il conto è presto fatto: i buoni del tesoro ordinari decennali hanno attualmente un rendimento superiore al 4 per cento e le numerose emissioni di Btp Italia (indicizzati all’inflazione) degli ultimi dieci anni (una ventina in tutto) hanno assicurato rendimenti sempre superiori al 2 per cento fino ad arrivare al 2022 con il 4,75 per cento, secondo l’indice di settore elaborato da NoRisk.

 

Per molte polizze vita e gestioni separate lo scorso anno non c’è stata partita. Del resto, la stretta monetaria della Bce per combattere l’inflazione ha fatto crescere il costo del debito sovrano ma senza (non ancora, almeno) alimentare un rischio Italia. E il Mef di Giancarlo Giorgetti ne ha approfittato per incrementare il ritmo delle emissioni: con l’ultima, il Btp Valore, ha raggiunto una raccolta storica di 18,2 miliardi. “Non entro nel merito della strategia del governo – aggiunge Rubiu – ma se aveva in mente di aumentare la quota dei Btp nelle mani degli italiani ci è probabilmente riuscito. È possibile che questo si sia tradotto in un’azione concorrenziale nei confronti dell’industria del risparmio ma si tratta di una dinamica abbastanza fisiologica e penso che alla fine si arrivi a un nuovo equilibrio complessivo”. Ecco perché “il caso patologico di Eurovita”, come lo ha definito Signorini, rischia di segnare l’inizio di una crisi nel settore assicurativo se le compagnie non colgono l’occasione per migliorare la propria offerta in modo da contrastare la competizione di un governo che punta a internalizzare il debito.