le proposte
Come trovare soldi per una vera politica industriale europea
Con Brembo s'allunga la lista delle imprese italiane che spostano la sede legale in Olanda. Servono nuovi assetti e un migliore equilibrio nel mercato dei capitali europei. Le proposte di Assonime
C’è la Brembo che sposta in Olanda, anche lei, la sua sede legale perché così può utilizzare le norme più favorevoli agli azionisti di maggioranza e ha mani più libere per fusioni e acquisizioni. La famiglia Bombassei controlla l’azienda di sistemi frenanti e potrebbe far salire i propri diritti di voto dal 69 attuale al 77%. S’allunga, dunque, la fila da Exor, a Ferrari, da Campari a Mediaset, a Cementir e un’altra dozzina è in lista d’attesa. Poi c’è la battaglia degli aiuti di stato per affrontare la sfida cinese e non restare spiazzati dagli americani.
Il mercato dei capitali europeo ha bisogno di trovare nuovi assetti e un migliore equilibrio. Assonime, l’associazione delle società per azioni che ieri ha tenuto la sua assemblea biennale confermando alla presidenza Patrizia Grieco, ha presentato alcune proposte innovative sia sui diritti di voto sia su come finanziare una politica industriale comune, attraverso un’unica corporate tax. La risposta europea alla transizione industriale è stata il filo conduttore, dal tormentone sul Mes che per Assonime va approvato al più presto, al fisco con la riforma che perde petali come una margherite appassita: cade la flat tax per i lavoratori dipendenti, le ambizioni si ridimensionano alla detassazione degli straordinari annunciata dal viceministro Maurizio Leo. Mentre il commissario europeo Paolo Gentiloni invita a stringere i tempi perché il secondo semestre dell’anno vedrà una netta frenata del pil. Bisogna fare in fretta anche per evitare che altre grandi imprese italiane si spostino in Olanda.
L’Assonime appoggia il ddl del governo sul mercato dei capitali, ma chiede che si faccia di più: estendere il rafforzamento previsto per il voto plurimo, utilizzabile solo da società non quotate, anche al voto maggiorato, utilizzabile dalle società già quotate, prevedendo in entrambi i casi la possibilità di attribuire fino a dieci voti per azione. Ciò aiuta gli azionisti di controllo, indebolisce però quelli di minoranza. In borsa la Brembo è stata penalizzata subito l’annuncio della partenza per l’Olanda. La Consob, da parte sua, sostenitrice da sempre della teoria “un’azione un voto”, s’è pronunciata per tutelare le minoranze.
Ma la vera novità è emersa ieri dal Quaderno presentato dal direttore generale Stefano Firpo e riguarda gli aiuti di stato. “Nella sostanza, la strategia europea appare basata essenzialmente su un generalizzato rilassamento delle regole – spiega – Così facendo si rischia di indebolire e frammentare il mercato unico, consentendo solo ai paesi con ampi spazi di bilancio di poter raggiungere gli obiettivi di autonomia strategica e transizione verde e digitale. Senza considerare l’ulteriore pericolo di avviare una gara al sussidio fra le due sponde dell’Atlantico”. L’Assonime propone un contributo finanziario collegato all’imposta sulle società determinata su una nuova base imponibile comune. Il candidato naturale potrebbe essere la BEFIT (Business in Europe:framework for income taxation) , che dovrebbe definire un nuovo sistema di tassazione societaria per i gruppi di imprese stabilite nell’Unione con ricavi consolidati globali superiori ai 750 milioni di euro, sostituendo così le corporate tax nazionali per questa tipologia di imprese. Stimando una base imponibile fino a 500 miliardi di euro e un’aliquota europea pari, ad esempio, al 24%, la nuova imposta produrrebbe un gettito superiore al finanziamento che deriva attualmente dai contributi degli stati membri i quali perderebbero gettito fiscale, ma avrebbero in cambio un sostegno alle imprese, il che vuol dire posti di lavoro, aumento del potenziale produttivo e anche più introiti al fisco nazionale. Insomma, sarebbe una proposta win-win secondo l’Assonime.
Il target industriale europeo, delineato con il Net-Zero Industry Act proposto dalla Commissione nel marzo scorso, ha l’obiettivo di garantire che entro il 2030 la capacità di produzione, all’interno dell’Unione europea, delle tecnologie strategiche a zero emissioni nette, raggiunga il 40% del fabbisogno annuo. In particolare, la proposta si riferisce a otto tecnologie strategiche: il fotovoltaico, l’eolico, le batterie, le pompe di calore, gli elettrolizzatori, il biogas/biometano, le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio e le tecnologie di rete. Settori nei quali la Cina ha raggiunto un vantaggio competitivo (si pensi al fotovoltaico) mentre il gap digitale e strategico con gli Usa resta molto elevato.