Francesco Rustichelli (LaPresse)

occasioni mancate

Tutto quello che il presidente dell'Agcm Rustichelli non dice a favore della concorrenza

Carlo Stagnaro

Ci si sarebbe aspettati più fermezza nel condannare le troppe deviazioni imboccate dalla politica sul tema della concorrenza. Purtroppo l'Autorità garante, presentando la relazione annuale, ha sprecato l'opportunità anche questa volta deviando l’attenzione su questioni poco pertinenti. Dalla "politica industriale comune” all'inflazione

La presentazione della Relazione annuale dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) è un momento importante per fare un bilancio non solo delle attività dell’Antitrust, ma anche dello stato di salute della concorrenza in Italia. Mai come oggi un richiamo autorevole sarebbe stato necessario: troppe volte le ragioni della concorrenza sono state ignorate o addirittura affossate dalla politica. Purtroppo, anche quest’anno il presidente Roberto Rustichelli ha scelto di sprecare questa opportunità, deviando l’attenzione su questioni che sono, in gran parte, al di fuori del suo controllo e di quello del governo. 

 

Beninteso: molti dei punti sollevati lunedì sono fondati. Bene ha fatto Rustichelli a puntare il dito contro la proliferazione degli aiuti di stato e la minaccia che essi pongono al mercato interno europeo. L’erogazione di sussidi più o meno discrezionali da parte degli stati membri rappresenta un pericolo sia per la concorrenza all’interno dei mercati nazionali, sia per gli squilibri derivanti dal diverso spazio fiscale di cui ciascuno dispone. Ma è davvero compito dell’Antitrust invocare “un’autentica politica industriale comune”? Secondo Rustichelli, serve “una risposta collettiva, organica e strutturale alle sfide provenienti dall’economia americana e da quelle asiatiche, mantenendo il tenore concorrenziale nel mercato interno e ‘allenando’ il sistema imprenditoriale europeo a meglio fronteggiare la competizione internazionale”. Ci sono argomenti a favore e contro il varo di un (altro) fondo sovrano europeo. L’aspetto singolare sta però nel fatto che la questione venga sollevata da chi, prima e più di tutti, dovrebbe comprendere che sussidi e protezioni più che “allenare” le imprese le drogano. La politica di concorrenza nacque proprio in antitesi alla vecchia politica industriale. E’ sorprendente vederla oggi invocata da chi invece dovrebbe proprio mettere in guardia contro le sue tentazioni. 

Il Garante ha poi speso una grande quantità di tempo ricordando le attività e i risultati raggiunti dall’Autorità. Il contrasto agli abusi e l’attenta vigilanza sulle concentrazioni hanno prodotto benefici per le imprese quantificabili, secondo l’Agcm, in circa un miliardo nel 2022 e cinque miliardi e mezzo nel quinquennio. Inoltre, l’Autorità è impegnata in una coerente strategia di advocacy. Nel complesso, le segnalazioni a governo e Parlamento sono state accolte totalmente o parzialmente nel 61 per cento dei casi, e solo nel 39 per cento sono state respinte al mittente. Tra i successi dell’Autorità va citata la sterzata pro-concorrenziale impressa al farraginoso processo di liberalizzazione dei mercati dell’energia elettrica e del gas. Ma non ci si può limitare a contare le segnalazioni: occorre pesarle. 

 

Ecco: da Rustichelli ci si sarebbe aspettati più fermezza nel condannare le troppe deviazioni imboccate dalla politica. Per citarne solo alcune, la congerie di micro-sovvenzioni previste dal ddl Made in Italy, il coinvolgimento a volte troppo diretto delle aziende partecipate dallo stato nel disegnare le politiche pubbliche, il sistematico tentativo di disattendere gli obblighi di gara per balneari e ambulanti, l’assurda clausola sociale infilata di straforo nella liberalizzazione elettrica per proteggere i call center (!). Lo stesso obbligo di varare una legge annuale per la concorrenza – elemento centrale del Pnrr – è il grande assente nella relazione dell’Antitrust. Tale provvedimento viene citato solo con riferimento alle norme già approvate, ma non c’è spazio neppure per un buffetto all’esecutivo che nel 2023 ha adottato un provvedimento striminzito. Un silenzio tanto più clamoroso se visto nel contesto delle dure parole spese da Rustichelli sul tema dell’inflazione, definita “la tassa più odiosa”, contro cui  le liberalizzazioni possono essere un antidoto. L’enfasi sulle cause esogene dei problemi italiani – dall’inflazione alla concorrenza fiscale “sleale” fino alla politica industriale europea – forse non è motivata dalla volontà di assolvere il governo per il suo ostentato disinteresse alla concorrenza: ma certo produce questo effetto.

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