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L'analisi

Fare impresa con il 93% di prelievo fiscale. Un caso di studio

Jacopo Giliberto

Il direttore generale di Energean Italy, Gaetano Annunziata, avverte: "A queste condizioni, non so se agli azionisti converrà continuare a investire in Italia". Tutto nasce dalla doppia tassa sugli extraprofitti energetici istituita dal Governo Draghi e poi ridisegnata dalla legge di Bilancio

Facciamo due conti in tasca a una compagnia petrolifera: l’Energean Italy, filiale della multinazionale mediterranea Energean, una cinquantina di concessioni fra metano e greggio, una manciata di piattaforme distribuite fra Adriatico e Canale di Sicilia, 180 dipendenti, fatturato 2022 vicino ai 500 milioni. Il direttore generale Gaetano Annunziata: “A queste condizioni, non so se agli azionisti converrà continuare a investire in Italia”. Tra l’Imu comunale sulle piattaforme in mezzo al mare, i canoni di concessione, le imposte Ires e Irap, le royalty punitive e soprattutto con la supertassa contro gli extraprofitti energetici, il prelievo fiscale è circa il 93 per cento dell’intero flusso di cassa. Ripeto: 93 per cento di carico fiscale. A fine giugno Annunziata ha dovuto staccare un assegno da centinaia di milioni intestato al signor Fisco. Quanti milioni di tassa sugli extraprofitti? Il direttore non ha voluto dirlo ma queste uscite, che non erano state preventivate all’inizio dell’esercizio contabile, si sommano ai costi di sviluppo per i progetti in corso: basti sapere che il solo 40 per cento di minoranza del giacimento Cassiopea nel Canale di Sicilia (operatore di maggioranza l’Eni) costa all’Energean circa 200 milioni di euro nel solo 2023.


L’Energean era sbarcata in Italia nel 2020 acquistando i giacimenti dell’Edison e rilevandone gli addetti; estrae petrolio ma anche gas (è terza compagnia in Italia per l’estrazione di metano) soprattutto nelle Marche, in Abruzzo e in Sicilia. Tutto nasce dalla doppia tassa sugli extraprofitti energetici, quella istituita dal Governo Draghi e quella poi ridisegnata dalla Legge di Bilancio. L’obiettivo era semplice. Breve promemoria. Nel 2021 (replay nell’estate 2022) i prezzi internazionali del metano erano cresciuti di molte volte. Raddoppiati, triplicati, con punte fino a cinque volte. Le centrali elettriche che producono corrente bruciando gas hanno avuto un aumento pazzesco dei costi e quindi è cresciuto in modo orgoglioso il prezzo del chilowattora prodotto, e vendevano a prezzo pieno anche le centrali elettriche rinnovabili (acqua, sole, vento e così via) oppure alimentate con combustibili diversi dal metano. Lo stesso meccanismo, pur se in modo meno appariscente, si è ripetuto anche per chi ha avuto modo di importare metano o altri idrocarburi a prezzi convenzionati per venderlo a prezzi lucrosissimi di mercato. Alcune società energetiche – non tutte, dipende dalla loro struttura produttiva e commerciale – hanno fatto profitti imbarazzanti. 

Così prima il governo Draghi e poi la Legge di Bilancio hanno istituito due contributi straordinari (le tasse sugli extraprofitti) contro il caro bollette, contributi posti a carico dei soggetti che esercitano “l’attività di produzione di gas metano o di estrazione di gas naturale, dei soggetti rivenditori di energia elettrica, di gas metano e di gas naturale e dei soggetti che esercitano l’attività di produzione, distribuzione e commercio di prodotti petroliferi”. Il tranello che manda a carte quarantotto i bilanci delle compagnie petrolifere sta nell’ultima parte del testo di legge, cioè quella “produzione di prodotti petroliferi” definita così, in modo generico. Che abbiano o no aumentato i prezzi. Che contribuiscano o no agli andamenti delle bollette elettriche. Dice ancora la legge che “il contributo è dovuto se almeno il 75 per cento del volume d'affari dell’anno 2021 deriva dalle attività indicate nei periodi precedenti”. 
Nel 2022 in Italia l’Energean ha estratto il 59 per cento di petrolio greggio e 41 per cento di gas; in termini di volumi d’affari, la quota parte imputabile all’estrazione di metano non ha raggiunto la soglia del 75 per cento oltre la quale bisogna pagare la supertassa energetica. Però la norma parla in generale di prodotti petroliferi, senza specificare, e quindi le compagnie petrolifere devono pagare, come ha confermato anche una pronuncia interpretativa dell’Agenzia delle Entrate. Poi i prezzi energetici sono riprecipitati ma, more italico, la tassa è rimasta.

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