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l'analisi

La transizione climatica è costosa, ma rinviarla la renderà solo più cara

Lorenzo Bini Smaghi

Intervenire gradualmente consente un risparmio effimero: ridurre i costi nell'immediato significa rende il processo più gravoso per il sistema economico

Gli eventi meteorologici di questi giorni hanno rilanciato dibattiti confusi sul cambiamento climatico e rischiano di distogliere l’attenzione dalle questioni veramente essenziali che la politica deve affrontate nell’immediato. 

In realtà, climatologia e meteorologia sono due discipline distinte, anche se intimamente collegate. Eventi specifici, come la grandine a luglio o le inondazioni della primavera, non possono essere usati né per confermare né per sfatare le analisi scientifiche sull’evoluzione del clima del pianeta. Il motivo è che non vi è una immediata correlazione statistica né un preciso nesso di causalità tra un dato evento meteorologico e il contesto climatico globale. Vi è tuttavia evidenza che l’aumento della temperatura media dell’atmosfera, fenomeno che ormai caratterizza l’intero sistema climatico, accresce la probabilità di eventi meteorologici estremi.

La complessa connessione tra meteorologia e clima non è però un motivo per ignorare o sminuire gli effetti del cambiamento climatico, in particolare sul sistema economico, che mette la politica di fronte a un dilemma. Da un lato, l’aumento della temperatura media si ripercuote negativamente sull’attività economica e accentua le disuguaglianze. Dall’altro, le misure per contrastare tale cambiamento sono anch’esse costose e incidono, almeno in via temporanea, sulla crescita e sulla distribuzione del reddito. 

La politica deve pertanto scegliere come calibrare gli interventi, tenendo conto del costo di aggiustamento sul sistema economico e la sua distribuzione nel tempo. Tale scelta non può comunque prescindere da quattro considerazioni incontrovertibili.

  • La temperatura del pianeta è in continuo aumento, da quando viene misurata in modo sistematico.
  • La produzione e la concentrazione di CO2 nell’atmosfera è anch’essa in continuo aumento. 
  • La causa dominante dell’incremento di emissioni è la combustione fossile, derivante principalmente dalle attività umane. 
  • Vi è una stretta correlazione, di natura statistica e fisica, tra l’aumento della concentrazione di CO2 nell’atmosfera, ossia la CO2 accumulata negli anni, e l’aumento della temperatura media. 

A queste considerazioni si aggiunge un punto fondamentale, che spesso viene dimenticato dai non addetti ai lavori. La CO2 prodotta dall’umanità anno dopo anno si accumula nell’atmosfera. Solo una parte viene rimossa, attraverso due “pozzi” principali, ossia gli oceani e le piante, la cui efficacia tende, peraltro, a ridursi nel tempo, per effetto della saturazione carbonica del mare e della deforestazione del pianeta. L’implicazione diretta di quanto sopra è che la temperatura a cui si stabilizzerà il pianeta dipende da due fattori essenziali, ossia in che anno si riuscirà a ridurre a zero le emissioni nette di CO2 e l’ammontare complessivo di CO2 emesse anno dopo anno fino a quella data. Ciò significa che più graduale è la riduzione delle emissioni e più lontana è la data alla quale si raggiunge la neutralità carbonica, ossia zero emissioni nette, più alta è la temperatura alla quale si stabilizzerà il pianeta e dunque più forte sarà l’impatto economico negativo. In altre parole, un eventuale rinvio, ad esempio dal 2050 al 2060, della data stabilita per raggiungere zero emissioni nette di CO2 comporta un aumento della temperatura alla quale si stabilizza il pianeta e pertanto maggiori costi di aggiustamento dell’intero sistema. 

Le conseguenze economiche sono evidenti. Le numerose stime effettuate da istituzioni internazionali pubbliche e private mostrano che i costi dell’aggiustamento necessari per raggiungere la neutralità carbonica nel 2050 e per adattare i sistemi all’aumento delle temperature sono molto elevati e richiedono investimenti ingenti. Una transizione più graduale, che rimanda di vari anni la scadenza per raggiungere la neutralità carbonica, consente di ridurre i costi di aggiustamento nell’immediato ma è complessivamente più gravosa per il sistema economico, perché deve includere l’aggiustamento a temperature ancor più elevate. In altre parole, un approccio più graduale consente di risparmiare all’inizio ma è nell’insieme molto più costoso. La transizione climatica pone il classico problema di incoerenza intertemporale delle scelte di politica economica. Quando si deve mettere in atto un programma economico che comporta dei costi di aggiustamento, tende a prevalere l’incentivo politico di rinviarne l’attuazione, nell’intento di spostare l’onere su chi verrà dopo. Il risultato, alla fine, è di aumentare i costi per tutti. Più è corta la visione del decisore politico, anche per effetto delle scadenze elettorali, più forte è l’incentivo a rinviare. 

E’ come la decisione di smettere di fumare. Rinviare di qualche giorno non sembra poi così grave. Fin quando si scopre che è troppo tardi. 

 

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