Il Tar e la frattura ecologista su rinnovabili e paesaggio
Per i giudici la tutela del paesaggio sarà pure nella Costituzione all'art. 9 fin dai tempi dei Padri costituenti, ma da un anno nella Costituzione c'è anche la tutela dell'ambiente e quindi la centrale fotovoltaica va fatta
Il caso dell’impianto Grupotec nella valle dell’Ufita (Avellino). Via libera alla costruzione di una centrale fotovoltaica in barba ai vincoli ambientali. Cortocircuito
Il fatto: il Tar della Campania ha dato torto al ministero della Cultura sulla tutela del paesaggio e ha dato ragione alla spagnola Grupotec per costruire una centrale fotovoltaica di 31 ettari nella valle dell’Ufita (Avellino) fra Scampitella e Trevico. Dice il Tar: la tutela del paesaggio sarà pure nella Costituzione all’articolo 9 fin dai tempi dei Padri costituenti, ma da un anno nella Costituzione c’è anche la tutela dell’ambiente e quindi la centrale fotovoltaica va fatta. In altre parole, il Tar ha infilato un cuneo nella crepa sottile tra paesaggio e ambiente e ne divarica i lembi fino a trasformarla in una frattura. E le associazioni ecologiste si dividono fra le due opposte anime, che prima erano insieme, della transizione energetica (ecco le associazioni Legambiente e Wwf e l’organizzazione attivista Greenpeace) separate dall’anima della tutela dei luoghi (ecco Italia nostra, gli Amici della Terra, ma anche il Cai e le sezioni locali di alcune delle associazioni dell’altro gruppo). Il divario fra i due princìpi costituzionali e soprattutto fra le due anime nobili dell’ambientalismo potrebbe diventare sempre più largo con il rafforzarsi delle strategie climatiche. Bisogna costruire in Italia almeno 65 mila megawatt di nuove centrali alimentate da fonti energetiche rinnovabili; a mano a mano che le centrali verdi saranno sempre più presenti e pervasive, potrà salire la riottosità delle comunità che potrebbero sentirsene invase. Il tema adesso è limitato a porzioni contenute – Viterbo, il Mugello in Toscana, Orvieto; nelle settimane passate il Montefeltro fra la Romagna e le Marche, ora in Irpinia – ma domani potrà diventare un problema di tollerabilità sociale.
Energie ad alta visibilità
Fra le caratteristiche delle maggiori tecnologie rinnovabili c’è il fatto che gli impianti possono essere costruiti non dove c’è bisogno bensì dove c’è la disponibilità della fonte, cioè i crinali più ventosi, i dislivelli d’acqua, le pendici più assolate. E soprattutto devono raccogliere un’energia molto dispersa e impalpabile, devono catturare il vento, la pioggia o i raggi del sole, e quindi gli impianti hanno un forte consumo di suolo, un’altissima visibilità e, nel caso dei laghi artificiali idroelettrici, anche un impatto notevole sull’ambiente. La visibilità modifica i luoghi in cui si identificano le comunità. E’ simile la divisione fra associazioni sul tema del consumo di suolo. Alcune settimane fa l’Ispra, l’istituto scientifico del ministero dell’Ambiente, ha pubblicato uno studio in cui censisce l’espansione delle tecnologie rinnovabili tra le forme di consumo di suolo. Contro l’Ispra è partita una lettera di censura firmata da 14 associazioni tra cui spiccano per notorietà Greenpeace, Legambiente e Wwf. Invece gli Amici della Terra sono contrari alla lettera di censura degli altri movimenti: “Basta intimidazioni alle istituzioni dello stato”. Italia nostra: “Il fotovoltaico mangia il suolo fertile come denunciato dal presidente di Coldiretti, Ettore Prandini”. Una divisione simile si è osservata per un’altra opera – in quel caso, non energetica – cioè le vasche di espansione del torrente Seveso in Lombardia: come aveva descritto Il Foglio, la Legambiente nazionale sostiene la realizzazione delle opere contro le piene, la sezione locale si oppone al progetto.
Il progetto e il Tar
Nel 2021 la Grupotec aveva proposto di posare nell’Avellinese un impianto di 19,6 megawatt fotovoltaici con tecnologia Flyren. L’impianto lastricherà il fondovalle tra Scampitella e Trevico con un mosaico nero di 43 mila moduli fotovoltaici. La soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Salerno e Avellino aveva individuato vincoli paesaggistici sulla linea di alta tensione di 5 chilometri che avrebbe attraversato corsi d’acqua, un bosco protetto e una strada romana, ma soprattutto aveva contestato il fatto che il paesaggio pregiato di un’area interna della valle dell’Ufita sarebbe stato smaltato da una corazza nera e lucida. La conferenza di servizio della regione Campania aveva registrato il no paesaggistico della sovrintendenza ma aveva ugualmente concesso l’autorizzazione alla costruzione. Ovvio: scavalcata dalla regione Campania, la sovrintendenza si è rivolta al Tar, sezione di Salerno, per fare annullare l’autorizzazione alla centrale solare. Però a fine giugno i giudici amministrativi hanno dato ragione alla regione e torto alla sovrintendenza e ne hanno rigettato il ricorso. Via libera alla centrale. La sentenza è un papiro di 931 righe e 9.965 parole scritte nel lessico più ferocemente magistratese distribuite su 41 pagine per dire in sostanza che la tutela dell’ambiente difende anche il paesaggio. Lo dicono da sempre gli ecologisti della fazione energetica: le fonti rinnovabili combattono quel cambiamento climatico che, quello sì, modificherà in modo irreversibile il paesaggio. Ecco una delle frasi centrali della sentenza: “Scolora la tesi attorea incentrata sulla predicata primarietà (o prevalenza assoluta) dell’interesse alla tutela dei valori paesaggistici e, per converso, sulla predicata cedevolezza (o subvalenza assoluta), rispetto a esso, degli altri interessi pubblici potenzialmente antagonistici, ivi compreso quello ambientale alla produzione energetica in termini ecosostenibili; e invero, la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è un’attività di interesse pubblico che contribuisce anch’essa non solo alla salvaguardia degli interessi ambientali, ma, sia pure indirettamente, anche a quella dei valori paesaggistici”.
Il mondo ecologista
Secondo Antonella Caroli, presidente di Italia nostra, la sentenza del Tar Campania “nega il valore preminente della tutela paesaggistica rispetto a quella ambientale. Così come temuto fin dall’inizio, l’assurdo e inconsapevole cambiamento dell’art. 9 della Costituzione, con l’aggiunta paritaria dell’ambiente – che Italia nostra riteneva già tutelato dalla Corte Costituzionale con l’obbligo “della sua conservazione e della repressione del danno ambientale” (sentenza n. 210/1987) – si rivela per quello che doveva essere: il grimaldello per disinnescare i pareri del ministero della Cultura e delle soprintendenze e consentire l’occupazione di paesaggio con le strutture fotovoltaiche ed eoliche. Nessuna considerazione, tra l’altro, per i rischi che la copertura di suolo oggi sta provocando ai microclimi in rapporto con le disastrose trasformazioni atmosferiche”.