L'analisi
L'effetto negativo di attirare l'attenzione di agenzie e mercati
Andare a caccia di 3 miliardi in agosto, con un’operazione una tantum e molto discutibile, può accendere dubbi, come quelli espressi da Moody’s, sulla tenuta dei conti e sulla credibilità della prossima manovra finanziaria e perfino sull’attendibilità degli impegni del Pnrr
Solo qualche mese fa il tema principale per la finanza europea era la difesa dal rischio di contagio dopo i fallimenti di due banche americane. L’intervento in difesa dei clienti e la perdita registrata dagli azionisti hanno permesso di superare quella crisi con una certa rapidità e senza l’estensione, se non per qualche giorno, del clima di incertezza e del timore di effetti a catena al resto del mondo. A risvegliare in modo malaccorto l’attenzione dei mercati per la stabilità del settore finanziario e creditizio è stata l’uscita repentina del governo italiano con la sorpresa della tassazione a carico delle banche. Certo, anche altri paesi hanno fissato un’imposta sulla parte di profitti bancari causata dall’aumento dei tassi di interesse. Ma tra di essi l’unico di un certo peso, la Spagna, la ha limitata a banche con attività e patrimonio tali da essere sottoposte alla vigilanza della Bce e così ha evitato di mettere sotto pressione le banche minori, già esposte a una difficile situazione.
Una delle osservazioni che dall’estero riguarda la decisione italiana ha a che fare invece con il destino di una banca media da recuperare dopo anni di difficoltà, Mps, per la quale si fa notare che un inasprimento fiscale era proprio l’ultima cosa utile di fronte alla necessità di fare appello a tutti i possibili investitori in giro per il mondo. Una nota fatta circolare da Bofa indica come certamente più costoso, ora, qualunque progetto per far tornare capitali privati nel controllo di Mps, liberando il Mef dalla partecipazione maggioritaria che ancora detiene (secondo gli impegni assunti in sede europea). Nella stessa nota, rivolta a clienti e gestori, si batte più volte il tasto del peggioramento delle condizioni di mercato, e dell’aumento dei costi finanziari come effetto indiretto di questa tassazione improvvisa, il cui gettito viene calcolato intorno ai 3 miliardi. Ma si fa notare anche la disparità di trattamento, con custodi di risparmio e intermediari finanziari anche molto importanti completamente esentati e, invece, le banche più attive nelle attività propriamente legate al credito colpite in modo maggiore, senza una logica comprensibile per chi dichiara di avere a cuore lo sviluppo economico e gli investimenti e ha adottato come slogan il rispetto dell’iniziativa di chi fa impresa. Tutta l’operazione, vista dall’estero, porta poi a una serie di considerazioni che lambiscono la stessa credibilità del sistema paese. Il gioco è molto pericoloso vista l’entità del debito nazionale italiano e, con un corto circuito che ci riporta alle banche, vista anche l’allocazione prevalentemente bancaria di gran parte dei titoli del nostro debito sovrano.
Non c’era proprio bisogno di far prendere nota all’estero su una mossa repentina, apparentemente da disperati. Andare a caccia di 3 miliardi in agosto, con un’operazione una tantum e molto discutibile, può accendere dubbi sulla tenuta dei conti e sulla credibilità della prossima manovra finanziaria e perfino sull’attendibilità degli impegni del Pnrr. Probabilmente non c’è nulla di seriamente fondato in questi timori. Ma bisogna aver paura più del verosimile che del vero, come hanno dimostrato le crisi finanziarie degli ultimi trent’anni. Adesso i dati sul gettito della tassazione estiva e quelli in arrivo in autunno attirano un’attenzione molto maggiore di quella che sarebbe stata ragionevole. Con una specie di “tutto l’erario minuto per minuto” che ci farà ballare sui mercati finanziari.
Mentre su tutto il sistema bancario già pesa il giudizio di Moody’s sulla tassa. Ritenuta a effetto negativo su tutti i principali metodi di valutazione del valore delle banche. “La nuova imposta – scrive Moody’s – ridurrà sensibilmente il reddito netto delle banche, con una contrazione di circa il 15 per cento rispetto all’utile netto 2022 del sistema. E va ad aggiungersi a un’altra serie di vincoli che già gravano sulla redditività delle banche italiane”. Parole che lasciano il segno e che verranno affisse in vari post-it nelle sale operative, con effetti anche a medio termine per le quotazioni dei titoli bancari italiani. Anche se c’è da notare che diversamente Fitch ha espresso giudizi meno negativi. La stessa Moody’s precisa però che queste ultime valutazioni non porteranno a una riduzione dei rating, perché comunque la redditività delle banche era aumentata anno su anno grazie a buone condizioni congiunturali. Il giudizio negativo sulla tassa diventa però il motivo per fermare il recupero di positività nella visione sul sistema finanziario italiano. Se la passa peggio, a ben vedere, l’intera macchina del collocamento del debito pubblico, guardata con sospetto immeritato ora che i responsabili del bilancio si sono trasformati in esattori improvvisi e imprevedibili e tutto per 3 miliardi.