L'analisi
Servono nuove forme di accesso al credito per lo sviluppo delle Pmi
Sono diminuite le richieste di credito a medio-lungo periodo e la spesa per investiment, i piccoli e medi imprenditori sono prudenti e in attesa di certezze. Secondo Marco Granelli "serve una spinta alla innovazione dei tradizionali servizi per il credito"
La stretta monetaria rischia di condizionare le prospettive e gli investimenti delle piccole imprese. Basti dire che, nell’ultimo anno, secondo le rilevazioni di Confartigianato, le micro e piccole imprese hanno subìto un aumento di 6,7 miliardi del costo del credito. Contemporaneamente si assiste a un progressivo crollo dei prestiti bancari: -8,2 per cento per le aziende fino a 20 addetti e -9,5 per cento per le imprese artigiane. Diminuiscono molto la richiesta di credito a medio-lungo periodo e la spesa per investimenti. Segno che gli imprenditori sono prudenti e in attesa di certezze. Per quanto riguarda il credito di piccolo importo, le banche tendono sempre più a spostare la domanda delle imprese verso le finanziarie del credito al consumo, con aggravio significativo dei costi per interesse. Altro fenomeno da tenere sotto controllo è il trend dei tempi di pagamento tra imprese che dà segnali di rialzo ed è sintomo di un possibile, ulteriore aumento delle criticità sul fronte dell’accesso ai finanziamenti bancari. I rialzi dei tassi di interesse hanno allargato la distanza, ormai strutturale, del mondo del credito tradizionale dalle esigenze della micro e piccola impresa.
“E’ indispensabile – sostiene Marco Granelli, presidente di Confartigianato – alleggerire le Pmi dalla dipendenza bancaria, individuando nuove forme di accesso al credito indispensabili per lo sviluppo delle piccole imprese e per rafforzare il Made in Italy”. Per Granelli “serve una spinta alla innovazione dei tradizionali servizi per il credito, soprattutto, gli strumenti finora utilizzati, come la garanzia, pubblica e privata; è necessario rilanciare il ruolo dei Confidi, come presidio di prossimità in grado di coprire anche l’area del credito di piccolo importo, innovare le convenzioni bancarie, e contemporaneamente sperimentare tutte le nuove forme di organizzazione dell’incontro tra risparmio e investimenti, in particolare negli ambiti fintech e di nuova finanza”. “In questi ultimi anni – aggiunge – abbiamo assistito ad un’attività straordinaria del Fondo di garanzia per le Pmi, il principale strumento pubblico nazionale a sostegno dell’accesso al credito delle imprese di minori dimensioni. Dal 2000 al 2019 le garanzie deliberate dal Fondo sono state pari a 97,3 miliardi di euro e nel 2020 e 2021, per effetto della crisi pandemica, sono aumentate fino a 173,5 miliardi di euro”.
“La situazione dell’accesso al credito delle piccole imprese – spiega Granelli – va quindi affrontata anche con una riforma del Fondo centrale di garanzia che deve sapersi adeguare strutturalmente alle mutate condizioni di mercato, cessando di operare ‘in emergenza’ e recuperando in modo strutturale la sua funzione di sostegno a quelle imprese che incontrano le maggiori difficoltà nel rapporto con il canale bancario. Se lo stato deve impegnare ingenti risorse per garantire un’alta percentuale di garanzia, nell’ordine dell’80-90 per cento, queste devono andare essenzialmente a beneficio delle imprese meritevoli, ma escluse dai finanziamenti. Non da meno va trascurata l’esigenza, sollecitata da tempo da Confartigianato e ormai ineludibile, di superare le strettoie del credito ordinario con un intervento diretto del pubblico che, laddove il mercato ha dimostrato di fallire, possa intervenire a supporto delle micro e piccole imprese con un mix di strumenti di incentivazione e di credito agevolato, ispirato a un’efficace azione di programmazione delle politiche di sostegno all’impresa diffusa”.