Banche e caro voli, il decreto Asset della follia

Luciano Capone

Tassa sugli extraprofitti e tetto al prezzo dei biglietti aerei: il governo prima fa decreti scellerati, poi tenta di correggerli dicendo che sono giusti. Il metodo è chiaro, anche se folle

Non si sa se come nell’“Amleto” il decreto Asset sia una follia, ma di sicuro c’è del metodo. Che funziona più o meno così: il governo prepara una norma che entra a gamba tesa sul mercato, l’approva con un decreto-legge, assiste sconcertato alla forte reazione del settore economico coinvolto, si dice disponibile ad accordarsi con gli operatori per cambiare la norma che però continua a ritenere “giusta”. Lo si è visto con i due principali provvedimenti del decreto, la tassa sui cosiddetti extraprofitti delle banche e il tetto ai prezzi dei biglietti aerei.


Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, pur continuando a definire “giusta e doverosa” la norma sul caro voli, si dice disposto a cambiarla. Anzi, a “migliorarla”. E per questo ha istituito un “tavolo permanente sul trasporto aereo”, con le principali compagnie. La parabola di Urso ricorda molto quella del suo collega ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che prima ha preparato la tassa sugli extraprofitti delle banche che ha fatto crollare in Borsa gli istituti di credito italiani, e poi ha detto che la norma è forse stata inopportuna nei tempi, probabilmente migliorabile nel contenuto e sicuramente comunicata male, ma resta “giusta”. Medesima posizione assunta dalla premier Giorgia Meloni. Il modo di procedere è lo stesso: dopo le proteste dell’Abi, il governo si dice disponibile a sedersi attorno a un tavolo con i banchieri per arrivare a un compromesso che salvi la faccia all’esecutivo senza danneggiare troppo le banche italiane.

 

L’altro aspetto comune tra i due provvedimenti è l’apertura di uno scontro, o comunque di un conflitto, in Europa. L’imposta sugli extramargini, come è noto, è stata bocciata dalla Bce che, nell’ambito delle sue prerogative, ha evidenziato come la misura manchi di una relazione illustrativa che ne spieghi la ragioni, non abbia un’analisi tecnica sulle potenziali conseguenze negative sul settore e rischi di destabilizzare un settore che va incontro a tempi difficili e ha bisogno di bilanci solidi per assorbire un aumento dei crediti deteriorati. Sull’altro fronte, quello del caro voli, il decreto del governo ha già prodotto l’apertura di un “pilot” della Commissione europea, ovvero di una richiesta di informazioni per verificare il rispetto del diritto dell’Unione che, molto probabilmente, si trasformerà dopo l’approvazione del Parlamento in una procedura d’infrazione per la violazione del regolamento europeo che prevede per i vettori la facoltà di fissare liberamente le tariffe aeree.

 

C’è però una differenza nella possibile evoluzione della trattativa. Nel senso che alla fine un qualche accordo con le banche è probabile, mentre con le compagnie aeree sembra impossibile. A differenza di quanto sostiene, però, il ministro Urso è convinto che tutto stia andando per il meglio. “L’incontro odierno si è svolto in un clima costruttivo”, dice la nota del Mimit commentando il “tavolo” con le compagnie aeree. Nelle stesse ore, però, la reazione di Ryanair era di segno totalmente opposto: in una nota il vettore irlandese non solo continuava a definire “illegale il decreto del governo”, indicando quindi la cancellazione come unica possibile via d’uscita, ma alzava la posta chiedendo le dimissioni del presidente dell’Enac, Pierluigi Di Palma, per il report dell’ente definito “spazzatura” perché pieno di “dati falsi”.

 

Di Palma, che in passato è stato candidato sindaco per il Pd a Grottaglie (dove c’è lo “spazioporto” da cui il governatore Michele Emiliano vorrebbe far volare le mozzarelle per Los Angeles) è considerato l’ispiratore della norma voluta da Urso. Ad aggiungere confusione, infatti, al procedere un po’ sgangherato delle istituzioni c’è il fatto che l’Enac si è messa a fare il lavoro dell’Antitrust sui biglietti aerei denunciando l’esistenza di un oligopolio, mentre l’Antitrust attraverso il suo presidente Roberto Rustichelli si è messa a criticare la politica monetaria della Bce per giustificare la tassa del governo sugli extraprofitti delle banche. Tutti la sparano grossa e ognuno fa il lavoro di un altro. Il metodo è chiaro, anche se un po’ folle.

  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali