Contraddizioni

La reazione di Landini mostra che su Stellantis Calenda tocca un tasto dolente

Annarita Digiorgio

Dalla sua nascita, Stellantis ha licenziato in Italia 7.500 lavoratori, eppure la Cgil non si è mai scagliata contro Elkann. Forse perché, come nota Calenda, è più importante andare d’accordo con l’azionista di Rep che combattere la deindustrializzazione dell'automotive?

Dalla fusione Stellantis nel gennaio 2021 a oggi, l’azienda ha licenziato solo in Italia attraverso esodi incentivati 7.500 lavoratori. Abbiamo cercato dichiarazioni di Maurizio Landini contro John Elkann: non ne abbiamo trovate. Neanche una. Neanche contro il ceo Carlos Tavares. Le ultime, in effetti, sono contro Sergio Marchionne. Di fronte a un calo della produzione del -16,3 per cento dal 2019 al 2022, fabbriche chiuse, esuberi e cassa integrazione, Landini ha sempre mantenuto un basso profilo, e quando la Cgil ha dovuto scioperare la protesta si è mantenuta a livello locale, senza dichiarazioni roboanti del segretario contro la proprietà. E quando lo fa, preferisce attaccare il governo.

 

Addirittura l’ultima volta gli attivisti Fiom sono dovuti andare in Francia per manifestare contro Stellantis, per non costringere i media italiani a parlarne. L’unico video sul tema trovato è un’intervista in cui viene espressamente chiesto a Landini cosa ne pensa del fatto che Stellantis, azienda con sede in Olanda, chiedesse prestiti in Italia. Risposta: “Mi fa sorridere che si sia scoperto adesso dove sia la sede Fca. E’ cosi dal 2013 (quando c’era Marchionne, ndr) ma comunque questo problema non riguarda solo Fca, c’è anche Mediaset!”. 

 

Abbiamo verificato tutto questo dopo una facile ricerca, ma a farlo notare è stato Carlo Calenda. Che due giorni fa, parlando dalla chiusura dello stabilimento Marelli a Cravalcore, ha detto che per Landini “è più importante andare d’accordo con l’azionista di Repubblica che combattere contro la deindustrializzazione del settore automotive”. La risposta della Cgil non si è fatta attendere: “Riteniamo le affermazioni di Calenda gravissime e offensive non solo per la Fiom e la Cgil, ma per tutte le lavoratrici e i lavoratori”. 

 

Non ho offeso i lavoratori – ha risposto Calenda –. Ho criticato Landini e la sua compiacenza verso gli azionisti della Fiat e di Repubblica rispetto alla deindustrializzazione dell’automotive. Landini non è i lavoratori. Ricordo alla Cgil che ho chiesto di bloccare la vendita della Magneti Marelli con la golden power. Governo Conte. Non ricordo analoghe posizioni della Cgil. Da quando la Repubblicà è stata comprata da Elkann hanno smesso di fare una battaglia che prima facevano con Marchionne quando la produzione aumentava, adesso che è crollata non li senti più dire nulla. Andrò a Crevalcore. Accetterò eventuali contestazioni e spiegherò quello che intendiamo fare in Parlamento per difendere i lavoratori di Magneti Marelli”. Ma la Cgil non lo vuole: “Calenda non è ospite gradito ai cancelli di Crevalcore”. Ma il leder di Azione non si spaventa: “Sono un senatore, dove ritengo di andare vado. Le intimidazioni e le minacce non funzionano con me e non sono degne di un paese democratico e antifascista”. Di diverso avviso la Cisl: “Chiunque decide di presentarsi a sostenere la nostra lotta è il benvenuto” dice Ferdinando Uliano, segretario del settore automotive della Fim. 

 

Oggi Stellantis produce 400 mila auto in Italia e un milione in Francia, ma Landini non ha detto nulla durante la fusione del 2019. Come non disse nulla l’allora premier Conte. La stessa cosa è avvenuta quando Elkann ha venduto Marelli promettendo zero esuberi. Oggi anche il Pd protesta contro la chiusura dello stabilimento di Crevalcore. Oggi l’ex Fiat sta vendendo Comau, come ha fatto con Marelli. La Fiom è d’accordo: “Comau è in grado di stare sul mercato da sola, perché fa robot ed è molto avanzata sotto il profilo tecnologico. Stellantis non è Fca, e va molto bene dal punto di vista finanziario: se si passasse dai dividendi agli investimenti, queste aziende potrebbero rimanere nel perimetro. E’ ugualmente possibile che l’azienda proceda a un’operazione di pulizia, per liberarsi di imprese che non riguardano il core-business. In questo caso, Comau troverebbe facilmente un compratore, dal momento che è internazionalizzata ed è più piccola di Marelli”. I gioielli italiani venduti alle multinazionali sul mercato del capitalismo, direbbe Landini, se non parlasse degli Elkann.

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