contro il catastrofismo
Come dare più peso ai lavoratori? Ascoltare meno la Cigl e più la Cisl
Non c'è solo la via conflittuale di Landini, che oggi sarà in piazza a Roma con altre 100 associazioni. Il sindacato guidato da Luigi Sbarra ha presentato un Manifesto sul lavoro che supera l’idea di una partecipazione conflittuale, proponendo invece un approccio colloborativo tra dipendenti e aziende
Oggi la Cgil (con ben 100 associazioni “compagne di merende’’) indicherà al Paese la Via Maestra. Maurizio Landini ne parla da mesi e per prepararla adeguatamente la Cgil ha svolto 1,500 assemblee: “Il lavoro è precario e sottopagato, i diritti alla salute e alla cura e allo studio non sono più garantiti, la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro peggiora, si nega la crisi climatica e si aumentano le spese per armi anziché essere costruttori di pace. E si vuole stravolgere la Carta con l'autonomia differenziata e il presidenzialismo”. E sgorga dall’animo un “basta precarietà, più salari, rinnovo dei contratti nazionali, fissazione di una quota oraria minima quale salario minimo”. “Se non vedremo questi cambiamenti nella prossima legge di bilancio, la mobilitazione sarà generale”, promette Landini, “fino allo sciopero generale”.
I toni fanno pensare ad uno sciopero insurrezionale. Ma per fortuna di vie ce ne sono anche altre, magari non ‘’maestre’’, ma ispirate al riformismo di Filippo Turati che ammoniva i massimalisti così: “La via lunga è la più breve perché è la sola che esista’’. La Cisl ha presentato in questi giorni un Manifesto sul lavoro con analisi condivisibili e proposte puntuali e precise e sta raccogliendo le adesioni per la presentazione di una proposta di legge (pdl) di iniziativa popolare intitolata “Per una governance d’impresa partecipata dai lavoratori”. Il pdl assume una interpretazione dell’articolo 46 della Costituzione che supera l’idea di una partecipazione conflittuale, quale era in fondo nell’immediato dopoguerra la funzione dei consigli di gestione, organismi dei lavoratori dipendenti pensati nella prospettiva di una prossima socializzazione dei mezzi di produzione e di scambio. Nel pdl della Cisl, l’ingresso di rappresentanti dei lavoratori in organismi societari non è un modo di proseguire il conflitto con altri mezzi, di portare cioè la lotta nei cda, bensì un’esperienza di “elevazione del lavoratore a collaboratore dell’impresa, con l’intento di dare progressività alla norma fino a una sua piena evoluzione nella partecipazione’’, allo scopo di responsabilizzare i lavoratori nel buon andamento dell’azienda.
Come scriveva Bruno Trentin: “da sfruttati a produttori’’. In sostanza, la partecipazione non è solo un momento “istituzionale’’ a sé, ma si iscrive in un modello di relazioni industriali che ha già dei solidi punti di riferimento nell’associare i lavoratori alla definizione delle prospettive dell’impresa. In sostanza per la Cisl la partecipazione non rappresenta un nuovo inizio, una cesura ma il consolidamento e l’ampliamento di una visione e di una pratica già presente nell’esperienza delle relazioni industriali. Per dare l’idea di un processo virtuoso già avviato, nella relazione viene indicato un numero congruo di significative esperienze aziendali e di gruppo, realizzate tramite la contrattazione collettiva. Secondo la Cisl il futuro potrebbe essere la continuazione di ciò si è fatto insieme a migliaia di lavoratori in imprese importanti. Ne emerge una visione prospettica ben diversa da quella funerea e disfattista che si trova nella predicazioni delle altre confederazioni sindacali, ormai perdute nell’incantesimo malefico di una ideologia catastrofista.