a proposito delle manovra
Riforma fiscale con poca visione: più progressività, ma a termine
Le nuove misure, assieme alla riduzione dei contributi sociali anch’essa limitata al 2024, vengono giustificate dal governo con l’obiettivo di sostenere i redditi bassi colpiti da eventi eccezionali. Tra un anno si dovranno trovare circa 15 miliardi solo per evitare che le imposte salgano
Il governo ha approvato ieri un decreto legislativo, collegato alla legge di bilancio per il 2024, che interviene sulla tassazione del reddito delle persone fisiche e delle imprese. Per l’Irpef si prevede l’accorpamento dei primi due scaglioni all’aliquota del 23 per cento fino a 28 mila euro di reddito (seguita dal 35 per cento fino a 50 mila e dal 43 per cento oltre, senza considerare le addizionali regionale e comunale) e una riduzione delle detrazioni di 260 euro se il reddito supera 50 mila euro, oltre a interventi minori su detrazione da lavoro dipendente e trattamento integrativo. Per le imprese, il costo del lavoro per i nuovi assunti a tempo indeterminato viene aumentato, ai fini del calcolo dell’imponibile, del 20 per cento, riducendo così l’imposta sugli utili. Si elimina inoltre l’Ace (Aiuto alla crescita economica), che oggi premia le aziende in funzione del loro grado di patrimonializzazione.
A parte l’abolizione dell’Ace, tutte le altre novità sono transitorie e valgono per il solo 2024. Non si tratta quindi di una vera riforma, ma di una sorta di suo anticipo. Queste misure, assieme alla riduzione dei contributi sociali anch’essa limitata al 2024, vengono giustificate dal governo con l’obiettivo di sostenere i redditi bassi colpiti da eventi eccezionali come il Covid prima e l’aumento dei prezzi poi. Ma i lockdown non ci sono più e l’inflazione nel 2024 è prevista al 2,3 per cento. Visto che le emergenze stanno rientrando e che questi sconti fiscali e contributivi non hanno copertura ma aumentano deficit e debito, sarebbe stato più prudente iniziare a ridurre lo sgravio contributivo e rimandare a tempi migliori l’intervento sull’Irpef. Così invece tra un anno si dovranno trovare circa 15 miliardi solo per evitare che le imposte salgano, una bella zavorra sulle decisioni future, come ha sottolineato il deputato di Italia viva Luigi Marattin. Se non ci sono le risorse, ogni sconto fiscale o aumento di spesa deciso oggi legherà le mani a chi dovrà prendere decisioni più avanti.
L’intervento sull’Irpef aumenta il deficit ed è parzialmente coerente con la legge delega sulla riforma fiscale approvata ad agosto scorso. La riduzione del numero degli scaglioni da quattro a tre può essere interpretata infatti come un primo passo verso l’aliquota unica, l’obiettivo dichiarato dalla legge delega, ma la flat tax, in tutti i paesi in cui esiste, è un’imposta sul reddito poco progressiva. Nel 2024 invece l’Irpef aumenterà, anche se di poco, la sua progressività, perché la combinazione tra riduzione degli scaglioni e taglio delle detrazioni dovrebbe ridurre l’imposta solo per i redditi sotto i 50 mila euro. Questa incoerenza ci dice che, quando si fanno i conti con la realtà, la flat tax è un’illusione in un paese come l’Italia. Non solo perché per arrivare all’aliquota unica senza far saltare i conti bisognerebbe tagliare significativamente la spesa pubblica, cosa che nessuno vuole, quando anzi l’invecchiamento demografico aumenterà la spesa per sanità e pensioni. Ma anche perché la prolungata stagnazione dell’economia spinge fasce sempre più ampie della popolazione a chiedere di pagare meno tasse per vedere un miglioramento, anche piccolo, nel proprio tenore di vita. E così si introducono, a debito, sgravi per i redditi bassi, che in parte controbilanciano i forti guadagni che gli autonomi hanno avuto col regime forfettario, ma concentrando ancora di più il carico fiscale su una platea ristretta. I due milioni e mezzo di contribuenti con almeno 50 mila euro di reddito rappresentano appena il 6 per cento delle dichiarazioni ma pagano il 42 per cento dell’Irpef totale, una quota che aumenterà il prossimo anno.
La stessa logica guida anche le scelte sulla tassazione delle imprese, perché l’abolizione dell’Ace colpisce soprattutto le imprese medio-grandi. Abbiamo quindi, per quanto riguarda l’Irpef, una legge delega che propone un obiettivo irrealizzabile e un primo decreto in materia fiscale composto da sgravi temporanei. Anche una vera revisione delle tax expenditure viene rinviata. Sul fisco, e per l’Irpef in particolare, si procede con aggiustamenti parziali senza una chiara visione di lungo termine.