la manovra
L'assurda iniquità dell'esclusione dei Btp dal calcolo Isee
Con una norma della legge di Bilancio, il governo stabilisce che chi detiene molti titoli di stato è ricco quanto chi non ne ha affatto. E pertanto ha diritto allo stesso welfare di chi è più povero. Una misura iniqua e senza alcun senso economico
Fra le tante bizzarrie candidate ad arricchire un sistema fiscale assurdo c’è l’“esclusione dei titoli di stato dal calcolo Isee”. La norma è nell’indice della legge di Bilancio, all’art. 39, ma si spera che al Mef qualcuno recuperi lucidità e la espunga dal testo. Perché, come scrive Mario Seminerio su Phastidio.net: “Non serve un docente di Scienza delle finanze per comprendere che si tratta di una misura folle ma soprattutto indecente, per iniquità”.
La norma, che paradossalmente rientra nel capitolo “Famiglia e pari opportunità”, esclude quindi i Btp dall’Isee, un indicatore che serve a misurare la condizione economica delle famiglie (redditi, conti correnti, patrimonio mobiliare e immobiliare, etc.) per selezionare l’accesso al welfare e ai vari sussidi. Ora il governo stabilisce per decreto che, ceteris paribus, chi detiene molti Btp è ricco quanto chi non ne ha affatto e pertanto ha diritto allo stesso welfare di chi è più povero. L’Isee è un indicatore abbastanza attendibile, sebbene distorto dall’elevata evasione fiscale. Sarebbe insensato distorcerlo ulteriormente esentando un importante elemento patrimoniale come i Btp, magari spesso frutto proprio dell’evasione, e peraltro già tassati con un’aliquota agevolata.
L’esenzione, che non ha alcun senso economico, va peraltro contro l’“equità orizzontale” che, secondo quanto affermano sempre la premier Giorgia Meloni e il viceministro Maurizio Leo, dovrebbe essere un principio guida della delega fiscale. Non si capisce perché, in una fase il governo si lamenta delle risorse scarse, si sottragga welfare ai più poveri a favore dei più ricchi.