l'ipoteca sulle future leggi di Bilancio
Il limite delle Quote. Sulle pensioni il governo prosegue su una strada sbagliata e rischiosa
I tagli alle rivalutazioni delle pensioni e lo sforzo dei giovani per pagare quelle di oggi hanno senso se i nuovi pensionamenti sono sostenibili. Nei numeri i pensionamenti sono sostenibili ma il principio delle quote è quello di chi ipoteca il presente a danno del futuro
Il governo promette un debito stabile per tre anni. Ma sulle pensioni si vede non solo che la legge di bilancio è un ennesimo calcio alla lattina ma che anche le soluzioni proposte sono in direzione sbagliata. Sul tema nessun governo degli ultimi 10 anni ha proposto soluzioni efficaci (tranne forse l’Ape sociale che è ancora in piedi dopo 7 anni) ma un governo che pensa di durare 5 anni deve mostrare una via d’uscita a questo continuo procrastinare. Se non vuole farlo è perché spera di mantenere viva la promessa di Quota 41 rischiando di compromettere il fragile equilibrio del debito.
Lo scrissi l’anno scorso, rimane valido anche quest’anno: “In attesa della eterna promessa della riforma delle pensioni, il governo in legge di Bilancio ha fatto 4 interventi: la sostituzione di quota 102 con quota 103; una nuova versione molto più restrittiva di Opzione donna; l’aumento delle pensioni per i pensionati con più di 75 anni. Il tutto finanziato con il taglio della rivalutazione delle pensioni superiori a 2100 euro mensili. Probabilmente per insipienza queste quattro operazioni produrranno nel 2023 il minor numero di pensionamenti anticipati di tutti gli ultimi anni”. La previsione si è rivelata facile e giusta (solo 10mila uscite), e meno male!, per le finanze pubbliche.
Cosa c’è che non va allora? Il principio delle quote. Quest’anno Quota 103 diventa Quota 104 e opzione donna viene di nuovo penalizzata. Tutti i governi dal 2015 in poi si sono posti il problema di come addolcire la riforma Fornero. I principi sono stati due: chi fa lavori usuranti (per cui c’è la prova che la longevità media è inferiore) ha diritto a un anticipo pagato dallo stato; chi invece vuole uscire prima e se lo può permettere è giusto che paghi con una penalizzazione che porta il beneficiario da subito nel sistema contributivo. Da Quota 100 in poi il principio è cambiato: si cerca di dare un anticipo gratuito a tutti con i requisiti delle quote scaricando i costi dell’aggiustamento al sistema contributivo sui giovani, che inizieranno ad andare in pensione tra 10-15 anni (e promettendogli ogni anno un’integrazione al contributivo che non arriva mai e che non serve a nulla se il contributivo non si applica da subito a chi vuole anticipare).
I tagli alle rivalutazioni delle pensioni e lo sforzo dei giovani per pagare le pensioni di oggi hanno senso se i nuovi pensionamenti sono sostenibili. Nei numeri i pensionamenti sono sostenibili (e allora il nuovo fondo che assorbe Opzione donna deve permettere ancora meno pensionamenti di prima!) ma il principio delle quote è quello di chi ipoteca il presente a danno del futuro. Opzione donna è l’unico sistema di anticipo pensionistico che si basa sul sistema contributivo per cui l’anticipo della pensione si paga con un assegno inferiore. E’ l’unico sistema che combina in modo corretto la necessità dell’assicurazione di un reddito per la vecchiaia e l’incentivo a rimanere più a lungo al lavoro per avere una pensione più alta. E’ il sistema che a regime, tra una decina di anni o poco più, varrà per tutti, non solo per le donne. Se l’anticipo se lo paga il beneficiario, non ha nessun senso penalizzarlo, è il principio del contributivo.
Per questo l’intenzione del governo di favorire le quote e contemporaneamente penalizzare Opzione donna non promette niente di buono per il futuro di una riforma strutturale. Invece di essere basata sul sistema contributivo, una volta esaurita la platea delle quote annuali, nel governo c’è chi punta su Quota 41 anni di contributi per tutti, senza i vincoli di Quota 104 (età a 63 anni, divieto di cumulo con un reddito, limite sotto i 2.600 euro al mese). A quel punto bisogna sapere che l’unico modo per finanziare Quota 41 per tutti è continuare a tagliare la rivalutazione delle pensioni. Ma siccome il solo taglio alla rivalutazione imposto nella legge di Bilancio dell’anno scorso produrrà perdite individuali che oscillano tra i 13 mila e i 110 mila euro accumulate su dieci anni per circa 3,3 milioni di pensionati (stima Itinerari Previdenziali), dubito che ciò sia possibile. Al governo vorrebbero addirittura aumentare il taglio per finanziare quote più generose, ma probabilmente significherebbe una bocciatura alla Corte Costituzionale che ammette tagli una tantum e proporzionali (già il taglio dell’anno scorso è sub iudice e potrebbe dover essere rivisto presto).
La scelta sbagliata sulle pensioni e l’ipoteca sulle future leggi di Bilancio, che viene dal finanziare per un solo anno e a debito misure strutturali come il taglio dei contributi e la riforma dell’Irpef, sono le due mine nel bilancio pubblico che chiaramente non potranno non essere vagliate anche dalla Commissione che si appresta a discutere un nuovo Patto di stabilità con l’intento di ridurre il peso del debito.
Marco Leonardi