editoriali
Come Unicredit, anche Intesa non paga la tassa sugli extraprofitti
Le due principali banche del paese hanno optato per la medesima soluzione: prediligere la solidità patrimoniale anche sottraendo, almeno in prima istanza, risorse alla politica di remunerazione dei dividendi
Dopo Unicredit anche Intesa Sanpaolo sceglie di non pagare allo stato l’imposta sugli extraprofitti e di rafforzare il patrimonio della banca destinando a “riserva non distribuibile” una somma poco superiore a 2 miliardi di euro. In particolare, il consiglio di amministrazione che si riunito ieri ha deliberato di sottoporre all’assemblea dei soci, in sede di approvazione del bilancio 2023, la destinazione a riserva di 2 miliardi e 69 milioni calcolati sulla base della potenziale imposta straordinaria sull’incremento del margine di interesse ottenuto quest’anno a livello di gruppo pari a 828 milioni di euro e moltiplicato per 2,5, così come prevede la legge in alternativa al pagamento.
Si consolida così, con le due principali banche del paese che hanno optato per la medesima soluzione, la tendenza a prediligere la solidità patrimoniale anche sottraendo, almeno in prima istanza, risorse alla politica di remunerazione dei dividendi. Si attendono adesso le decisioni di Banco Bpm, Bper, Mps e Popolare di Sondrio, quotate in Borse, e degli altri istituti di credito ma è molto probabile che non si discostino da questa linea.
La discussa tassa sugli extraprofitti che, come ha ammesso il sottosegretario al Mef Federico Freni in un’intervista al Financial Times, è stata “comunicata male” ad agosto dal governo alimentando la sfiducia degli investitori, oltre a incontrare le obiezioni della Bce, si trasforma da contributo per le classi meno agiate in una leva di rafforzamento del sistema bancario. Il rammarico, anche in ambienti finanziari, è che se il governo avesse concertato la misura con le banche avrebbe ottenuto un risultato diverso evitando una figuraccia internazionale e scossoni sui titoli in Borsa. In questo modo, invece, il gettito per lo stato sarà perso in credibilità sui mercati. Alla fine più che una tassa sugli extraprofitti delle banche, si è rivelata una tassa sulla fiducia nel paese.